Quanto trattiamo in questo articolo altro non è che un punto di vista, un
approccio, uno sguardo sul modo di affrontare il tema dell’autogoverno, del
rapporto partecipazione / progettualità sociale e governo anticentralista
proprio del municipalismo e del federalismo municipale. Valutiamo la
prospettiva del federalismo municipale, in particolare per il suo significato
strategico nella possibilità di governare dal basso il paese nella geografia politica e sociale delle regioni,
delle province e soprattutto dei comuni e delle loro reti.
Innanzitutto il programma di governo non deve, non può, essere prodotto da
un istituzione centralizzata, in un luogo “extraterritoriale”. Il cantiere,
dichiariamolo “diffuso”, tendenzialmente, anzi praticamente, esiste già nei
territori, nella relazione tra istituzioni locali e società civile ed il
programma è vivente, incarnato dai cittadini, dalle istituzioni locali,
sperimentato già in percorsi partecipativi ed istituzionali di base,
nell’autogoverno dal basso.
Prove, esperienze vive, di possibile governo
dal basso, nei territori, si sono materializzate, anche se non in numero
mastodontico, proprio negli anni che volevano incarnarsi nel “federalismo della
devolution”, del potere dei governatori accompagnato dal “premierato forte”,
disegno della destra italiana, in realtà
profondamente neocentralista, statalista e autoritario.
Si trattava esattamente dell’antitesi dell’ ipotesi di un autogoverno
locale composto in reti di scala più ampia e di cooperazione solidale tra aree
regionali ed interlocali nel paese.
Non ci si può che votare ad una opzione di autogoverno che è espressa in
modo rigoroso nel federalismo a base municipale, che è nel “dna” delle nostra
storia.
La contrapposizione centralista ad una opzione localista la si evince sia dalla
sistematica azione di demolizione delle autonomie comunali che il governo
centrale mette in atto, sia per la sottrazione di risorse che per l’erosione
dello spazio di gestione del territorio e di servizi in relazione diretta con
la società.
Ed i comuni sono nel cuore dell’attacco.
In una nazione dove, di fatto, il federalismo non è praticabile per
legislazione occorre crearsi il federalismo attraverso le linee guida di un municipalismo
cooperativo tra amministrazioni comunali non suddite di enti maggiori ma intese
anzi quali azioni e strumenti di cooperazione e co-pianificazione inserite in
una catena di reti interlocali ed arricchite da una relazione partecipativa con
le società insediate: il federalismo municipale, l’autogoverno locale, che
viaggia di pari passo con il tema del welfare “municipale” e della difesa e
valorizzazione dei beni pubblici (che ne sono una delle espressioni
fondamentali).
Di contro, lo abbiamo appena detto, l’autoritarismo neo-liberista del
governo centrale si attiva quotidianamente nel tentativo di distruggere
l’autonomia comunale proprio per costruire la base della privatizzazione dei
beni pubblici e della aziendalizzazione e commercializzazione dei servizi.
Si sono intesi, in questi anni, i servizi da offrire ai
cittadini/contribuenti quale mercato dove inserire i propri amici, spesso su
vasta scala, anche regionale, mentre i comuni e le loro reti territoriali venivano
spesso espropriati delle possibilità gestionali, decisionali; in sostanza
declassati a “passacarte burocratici”, privati di capacità di mediazione,
programmazione, progettazione. Il mercato trionfa ed il servizio è selettivo e
costosissimo.
Se intendiamo riaffermare il carattere pubblico di beni e servizi e della
loro effettiva fruizione sociale quale bene comune appare sempre più chiaro che
vi è una sola basilare garanzia e si tratta della fondazione della
disponibilità dei beni e dei servizi nello spazio pubblico, della relazione tra
istituzione di base e società insediata, ove la relazione non è mercantile ma
fondata sulla cittadinanza, Chi fruisce un servizio e un bene condiviso non è
un cliente ma un cittadino ed un abitante, che assume corresponsabilità appunto
nello spazio pubblico, civile.
Occorre rivitalizzare, fondare in toto forse, una gestione “civico/municipale”
del ruolo di progettazione, definizione e gestione del servizio e della
valorizzazione dei beni comuni.
Il municipio ha l’obbligo di essere in campo, così come le reti di municipi, verso
una incidenza nelle politiche strategiche di welfare di area vasta (supportate
dal ruolo di provincia e regione), ma sempre a partire dalla relazione locale
società / istituzione.
Si può inoltre sostenere che welfare municipale e produzione pubblica di
servizi non possono non avere fondamento su un controllo, o meglio, una
“sovranità” sui beni pubblici (aria, acqua, cicli delle materie prime e seconde
e dell’energia) e sul bene pubblico primario che li comprende, il territorio.
Con l’attorcigliamento su se stesso del sistema capitalistico (che va detto
in onor del vero, qualche anno di serenità lo ha donato) si manifesta sempre
più pressante negli ultimi anni quella crisi economica (micidiale) che ha
radici ormai decennali.
Come già scritto nel recentemente occorre trovare una via assolutamente
alternativa, antitetica.
La sovranità e la responsabilità di territorio sono il fondamento della
possibilità di un “altro sviluppo”, che produca un riattivazione del ciclo di
riproduzione del valore territoriale.
L’autogoverno in rete (il federalismo municipale) si esprime infatti,
strutturalmente,nella attivazione del patrimonio locale, dei caratteri
distintivi propri dei territori e delle società insediate e propone la
formazione di ricchezza durevole che esprime le “chance” dei territori,
differenziati, fondata sui capitali sociali e sulle qualità proprie dei luoghi,
su risorse locali.
La responsabilità di territorio si esprime prima di tutto evitando processi
di espropriazione e di svendita di suolo e contestualmente attivando economie
di valorizziamone del patrimonio territoriale.
Le diverse vie alla trasformazione qualitativa sono la base dell’autogoverno
e della sovranità e le reti (inter)locali sono il terreno fertile di “scambio equo tra associati.
Nel manifestarsi della crisi dello sviluppo industriale e della produzione
quantitativa e omologata appare sempre più chiaro che il futuro delle economie si
può concretizzare solo attraverso la produzione di qualità differenziata nei
diversi territori e culture, caratterizzata localmente, distinta per luogo di
origine.
Potrà essere solo questa la risposta efficace posta di fronte al mercato
internazionale invasivo della produzione omologata a basso costo ed a bassa
qualità, un opzione che può riprodurre a scala mondiale, una rete di scambio
delle diversità e delle qualità differenziate per culture e caratteri locali.
Giorgio
Bargna
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