domenica 12 gennaio 2014

Federalismo Municipale, l'unico futuro plausibile

Quanto trattiamo in questo articolo altro non è che un punto di vista, un approccio, uno sguardo sul modo di affrontare il tema dell’autogoverno, del rapporto partecipazione / progettualità sociale e governo anticentralista proprio del municipalismo e del federalismo municipale. Valutiamo la prospettiva del federalismo municipale, in particolare per il suo significato strategico nella possibilità di governare dal basso il paese nella  geografia politica e sociale delle regioni, delle province e soprattutto dei comuni e delle loro reti.

Innanzitutto il programma di governo non deve, non può, essere prodotto da un istituzione centralizzata, in un luogo “extraterritoriale”. Il cantiere, dichiariamolo “diffuso”, tendenzialmente, anzi praticamente, esiste già nei territori, nella relazione tra istituzioni locali e società civile ed il programma è vivente, incarnato dai cittadini, dalle istituzioni locali, sperimentato già in percorsi partecipativi ed istituzionali di base, nell’autogoverno dal basso.

Prove, esperienze vive, di possibile governo dal basso, nei territori, si sono materializzate, anche se non in numero mastodontico, proprio negli anni che volevano incarnarsi nel “federalismo della devolution”, del potere dei governatori accompagnato dal “premierato forte”, disegno  della destra italiana, in realtà profondamente neocentralista, statalista e autoritario.
Si trattava esattamente dell’antitesi dell’ ipotesi di un autogoverno locale composto in reti di scala più ampia e di cooperazione solidale tra aree regionali ed interlocali nel paese.
Non ci si può che votare ad una opzione di autogoverno che è espressa in modo rigoroso nel federalismo a base municipale, che è nel “dna” delle nostra storia.

La contrapposizione centralista ad una opzione localista la si evince sia dalla sistematica azione di demolizione delle autonomie comunali che il governo centrale mette in atto, sia per la sottrazione di risorse che per l’erosione dello spazio di gestione del territorio e di servizi in relazione diretta con la società.
Ed i comuni sono nel cuore dell’attacco.

In una nazione dove, di fatto, il federalismo non è praticabile per legislazione occorre crearsi il federalismo attraverso le linee guida di un municipalismo cooperativo tra amministrazioni comunali non suddite di enti maggiori ma intese anzi quali azioni e strumenti di cooperazione e co-pianificazione inserite in una catena di reti interlocali ed arricchite da una relazione partecipativa con le società insediate: il federalismo municipale, l’autogoverno locale, che viaggia di pari passo con il tema del welfare “municipale” e della difesa e valorizzazione dei beni pubblici (che ne sono una delle espressioni fondamentali).

Di contro, lo abbiamo appena detto, l’autoritarismo neo-liberista del governo centrale si attiva quotidianamente nel tentativo di distruggere l’autonomia comunale proprio per costruire la base della privatizzazione dei beni pubblici e della aziendalizzazione e commercializzazione dei servizi.
Si sono intesi, in questi anni, i servizi da offrire ai cittadini/contribuenti quale mercato dove inserire i propri amici, spesso su vasta scala, anche regionale, mentre i comuni e le loro reti territoriali venivano spesso espropriati delle possibilità gestionali, decisionali; in sostanza declassati a “passacarte burocratici”, privati di capacità di mediazione, programmazione, progettazione. Il mercato trionfa ed il servizio è selettivo e costosissimo.

Se intendiamo riaffermare il carattere pubblico di beni e servizi e della loro effettiva fruizione sociale quale bene comune appare sempre più chiaro che vi è una sola basilare garanzia e si tratta della fondazione della disponibilità dei beni e dei servizi nello spazio pubblico, della relazione tra istituzione di base e società insediata, ove la relazione non è mercantile ma fondata sulla cittadinanza, Chi fruisce un servizio e un bene condiviso non è un cliente ma un cittadino ed un abitante, che assume corresponsabilità appunto nello spazio pubblico, civile.

Occorre rivitalizzare, fondare in toto forse, una gestione “civico/municipale” del ruolo di progettazione, definizione e gestione del servizio e della valorizzazione dei beni comuni.
Il municipio ha l’obbligo di essere  in campo, così come le reti di municipi, verso una incidenza nelle politiche strategiche di welfare di area vasta (supportate dal ruolo di provincia e regione), ma sempre a partire dalla relazione locale società / istituzione.
Si può inoltre sostenere che welfare municipale e produzione pubblica di servizi non possono non avere fondamento su un controllo, o meglio, una “sovranità” sui beni pubblici (aria, acqua, cicli delle materie prime e seconde e dell’energia) e sul bene pubblico primario che li comprende, il territorio.

Con l’attorcigliamento su se stesso del sistema capitalistico (che va detto in onor del vero, qualche anno di serenità lo ha donato) si manifesta sempre più pressante negli ultimi anni quella crisi economica (micidiale) che ha radici ormai decennali.
Come già scritto nel recentemente occorre trovare una via assolutamente alternativa, antitetica.
La sovranità e la responsabilità di territorio sono il fondamento della possibilità di un “altro sviluppo”, che produca un riattivazione del ciclo di riproduzione del valore territoriale.
L’autogoverno in rete (il federalismo municipale) si esprime infatti, strutturalmente,nella attivazione del patrimonio locale, dei caratteri distintivi propri dei territori e delle società insediate e propone la formazione di ricchezza durevole che esprime le “chance” dei territori, differenziati, fondata sui capitali sociali e sulle qualità proprie dei luoghi, su risorse locali.
La responsabilità di territorio si esprime prima di tutto evitando processi di espropriazione e di svendita di suolo e contestualmente attivando economie di valorizziamone del patrimonio territoriale.
Le diverse vie alla trasformazione qualitativa sono la base dell’autogoverno e della sovranità e le reti (inter)locali sono il terreno fertile  di “scambio equo tra associati.

Nel manifestarsi della crisi dello sviluppo industriale e della produzione quantitativa e omologata appare sempre più chiaro che il futuro delle economie si può concretizzare solo attraverso la produzione di qualità differenziata nei diversi territori e culture, caratterizzata localmente, distinta per luogo di origine.
Potrà essere solo questa la risposta efficace posta di fronte al mercato internazionale invasivo della produzione omologata a basso costo ed a bassa qualità, un opzione che può riprodurre a scala mondiale, una rete di scambio delle diversità e delle qualità differenziate per culture e caratteri locali.


Giorgio Bargna

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