lunedì 25 marzo 2024

Il vuoto a rendere

 


Manca poco ormai alla campagna elettorale amministrativa.

Lo scenario questa volta è radicalmente modificato.

Unica certezza rimasta sono le scaramucce tra gli alleati di centrodestra, che però sembrano avere trovato una quadra.

A sinistra è stato tirato fuori l'asso nella manica, Antonio Pagani, persona che stimo moltissimo.

Poi c'è il vuoto lasciato da Lavori in Corso e Cantù Rugiada.

Poi sulla scena manca un personaggio istrionico, qualcuno che buchi il video, il carisma fatto persona.

Sta nascendo un movimento che potrebbe riempire lo spazio lasciato da LiC e CR.

Mancherà, per sua scelta personale, sullo scacchiere quel personaggio carismatico che avrebbe potuto fare ancora una volta la differenza.

Si sentirà la sua mancanza, la accetto, ma sarà fondamentale.

Saluto con tutto il cuore la persona che in alcuni momenti si è dimostrato un vero amico, di quelli che vedi raramente ma non ti negano mai una mano...

venerdì 26 gennaio 2024

Azionariato popolare per il cambiamento

 

Quando si cerca di mettere in pratica una nuova idea politica attraverso un nuovo movimento non riconosciuto dalla partitocrazia le difficoltà sono molteplici. Alcune vengono poste in essere da chi le innovazioni non le gradisce, altre sono puramente strutturali, altre ancora interne di varia natura.

Proveremo oggi a parlare di alcune di queste circostanze.

La prima è partorita dalla partitocrazia e si chiama burocrazia, è un arma non letale, ma che comunque costringe continuamente a variazioni di sistema. Ricordo che qualche anno fa partecipando alle elezioni regionali come candidato in un movimento politico, alternativo ma già ben strutturato, pur avendo come parte attiva persone che avevano lavorato al Ministero degli Interni, ogni giorno era una battaglia per affrontare nuovi ostacoli.

 Una seconda difficoltà viene creata dagli arrivisti, categoria che possiamo suddividere in queste tipologie: gli sciacalli, chi vuole utilizzare la politica per interessi economici o per vanità, i figli di buona donna interessati al potere.

Lo sciacallo generalmente è un nullafacente con poche idee, si aggrega finchè la barca va, poi sparisce e denigra.

Chi è interessato al potere in se stesso, che sia persona facoltosa o meno, è un soggetto pericoloso, tramerà sempre alle spalle pronto alla scalata al successo sia dentro che fuori il movimento politico.

Chi entra in un movimento per vanità o per affari è invece persona che inizialmente risulta utile; porta idee, lavora sodo, se è facoltoso porta denaro (parleremo poi di questo aspetto). Se il movimento risulta vincente nel tempo a seguire si comporterà esattamente come l'affamato di potere, se il movimento resta sconfitto sparirà velocemente ed alla prossima tornata elettorale probabilmente lo vedremo indossare un’altra casacca.

 Una terza difficoltà è quella organizzativa. Un movimento richiede la gestione quotidiana di idee, contatti interni ed esterni, presenza sul territorio, in campagne elettorali azioni di proselitismo oppure di fatica (ad esempio attacchinaggio o distribuzione di materiale pubblicitario). e' sempre difficile trovare sia persone che abbiano le capacità di gestire la vita quotidiana di un movimento sia persone che fisicamente abbiano voglia di rivoltare le maniche e sporcarsi le mani.

 Una quarta, immensa, difficoltà è l'aspetto economico. Al contrario dei movimenti storici un partito o una lista civica che nascono ex novo non hanno a disposizione fondi maturati dalla presenza storica nello scenario politico.. La politica costa parecchio, in gestione quotidiana (sede, spese generali, siti, mantenersi informata), in presenza sul territorio (banchetti e gazebo, materiale da stampare e diffondere), in campagne elettorali (pubblicità sui media, manifesti e santini vari, grafici etc, etc, etc).

Molte volte i fondi vengono messi a disposizione dai partecipanti facoltosi di cui sopra (con tutte le controindicazioni del caso), alle volte o in aggiunta tramite collette interne, altre grazie alla generosità esterna di chi crede nell'idea proposta. Vi assicuro che si tratta anche a livello locale di cifre spesso ingenti.

 Come superare tutte queste difficoltà'. Non è semplice.

Alcune non si possono escludere, non si può precludere a nessuno che abbia la fedina penale pulita, anche se arrivisti, sciacalli, egocentrici e figli di buona donna spesso sono difficili da gestire.

L'aspetto economico anche esso pone dei limiti, è difficile rinunciare al denaro messo a disposizione da pochi singoli elementi, siano essi interni od esterni al movimento, purtroppo "c'è sete di denaro" per necessità, non per avidità.

Ciò che potrebbe aiutare, che io proporrò ad ogni mia nuova partecipazione ad un movimento è "l'azionariato popolare per il cambiamento".

Un movimento politico è un’associazione a tutti gli effetti. Urge spiegare a chi crede che bisogna ribaltare il sistema che può essere il motore trainante del movimento pur non facendo politica attiva, ma essendo semplicemente socio economico. La presenza di molteplici soci è tra le altre cose una garanzia di democraticità interna sia a livello economico (mi sembra chiaro), che a livello politico, visto che gli organi di partito dovranno periodicamente asoggetarsi al giudizio dell'Assemblea dei Soci Azionari.

Forse è un idea peregrina, forse una piccola grande peculiarità.

Giorgio Bargna

 


giovedì 25 gennaio 2024

L'unica Autonomia di cui parlare è quella Fiscale

 

L'articolo è piuttosto lungo e magari anche noioso in alcuni tratti, ma vi invito a leggerlo tutto.

Cerco di spiegare perchè vivere in uno Stato organizzato su 20 Regioni a Statuto Speciale sia la soluzione ideale per il cittadino/contribuente. Sicuramente è meno appetibile per il sistema partitocratico e difficilmente ben accetto da alcune fasce di cittadini dipendenti statali, malgrado che anche per loro porterebbe ricchezza.

 Non vi è altra via per rendere sostenibile questa Nazione utilizzando metodi civili e non violenti, quindi invito ogni cittadino, ogni contribuente, ogni buon padre di famiglia, ogni imprenditore a perorare questa causa, non per ideologi, ma ormai per SOPRVVIVENZA!!!!

 Credo che tutti sappiamo cosa sia una Regione Autonoma a Statuto Speciale, ma nel proseguo ne analizzeremo le peculiarità.

Quello che forse non tutti sanno è che furono istituite per motivi geopolitici (più politici che geografici in realtà) tra il primissimo dopoguerra (Sardegna, Sicilia, Valle d'Aosta e Trentino Alto Adige) ed il 1963 (Friuli Venezia Giulia).

 Storicamente l'Italia era suddivisa in province, circondari, mandamenti e comuni.

Le province, in particolare, si configurarono come "sede di decentramento dell’amministrazione centrale", con a capo il prefetto, funzionario nominato dal governo con il compito di verificare la rispondenza degli atti provinciali e comunali alle leggi statali. Nel Regno d'Italia vi erano pertanto comuni e province (i mandamenti furono soppressi nel 1923, i circondari nel 1927), ma non esistevano ancora le regioni come enti territoriali (che nacquero solo con la Costituzione della Repubblica italiana del Secondo dopoguerra). Rimarchiamo il ruolo del Prefetto che ancora oggi ha la sua valenza.

 La figura del prefetto è tipica degli stati unitari, in particolare di quelli che hanno adottato un'organizzazione di tipo accentrato, operando come emanazione diretta del governo centrale nei confronti delle collettività locali; è inoltre responsabile del mantenimento dell'ordine pubblico e sovrintende alle forze di polizia.

Con l'entrata in vigore del Decreto Legislativo 30 luglio 1999, n.300, la Prefettura è stata trasformata in Ufficio Territoriale del Governo, mantenendo tutte le funzioni di competenza e assumendone delle nuove. E' il Prefetto, organo periferico dell'Amministrazione statale con competenza generale e funzioni di rappresentanza governativa a livello provinciale. La sua azione si esplica in ambiti molto vari e complessi: l’ambito socioeconomico; l’ambito della sicurezza (ordine e sicurezza pubblica; protezione civile; emergenze ambientali); l’ambito istituzionale, quale riferimento in periferia per gli altri uffici statali periferici, le autonomie locali e le altre istituzioni pubbliche e private.

Il Prefetto interviene in via preventiva e successiva in caso di situazioni di pericolo per l’ambiente e in genere di protezione civile. A lui è affidata l’attività di coordinamento delle varie forze, istituzionali e non, che intervengono in fase di soccorso, nei casi di calamità rilevanti.

Nei rapporti tra lo Stato e le autonomie locali il Prefetto riveste il ruolo di garante della continuità gestionale delle Amministrazioni locali ogni qualvolta vengano meno i candidati eletti dai cittadini, nonché quello di vigilanza delle funzioni svolte in relazione ai servizi di competenza statale (anagrafe, stato civile, servizi elettorali). Il Prefetto assicura il corretto svolgimento del procedimento elettorale e cura le procedure di scioglimento e sospensione dei consigli comunali, o di rimozione o sospensione degli amministratori. Nei confronti delle Amministrazioni locali svolge inoltre funzioni di raccordo e di collaborazione. Anche in realtà territoriali particolarmente vivaci ed efficienti, quali le province del NordEst, il Prefetto, nella sua veste di organo super partes, svolge unintensa attività di mediazione, riuscendo ad incanalare le molteplici iniziative e gli interventi programmati dagli enti locali verso un disegno unitario e coerente, a garanzia della coesione istituzionale e sociale e a tutela dei cittadini.

 Vi ho sicuramente annoiati sulle funzioni del Prefetto, ma credetemi gioca un ruolo spesso fondamentale, fu così anche durante il tentativo di far nascere la Regione autonoma Lombarda che con Claudio Bizzozero ed altri mettemmo in essere qualche anno fa seguendo un farraginoso quanto arduo percorso da scalare.

Nonostante la Costituzione del 1948 avesse previsto la presenza delle Regioni come enti territoriali politicamente ed economicamente autonomi ( su questo discuteremo), tuttavia le regioni a statuto ordinario furono istituite concretamente solo nel 1970. Lo Stato trasferiva con legge o atto equiparato alle Regioni le funzioni amministrative, anche se si trattava di un trasferimento parziale. Una prima svolta nella ripartizione delle funzioni si è avuta con la legge 59 del 1997, ossia la cosiddetta “legge Bassanini”, che prevedeva l'attribuzione delle funzioni amministrative alle Regioni anche per quanto riguarda la cura e la promozione dello sviluppo delle rispettive comunità e non solo per le materie in cui aveva competenza legislativa. Inoltre la legge Costituzionale nº 1 del 1999 ha modificato la forma di governo regionale, introducendo l'elezione popolare diretta del Presidente della Giunta.

La legge cost. nº 3/2001 ha modificato il titolo V, parte II, della Costituzione. Tale riforma ha profondamente mutato i rapporti tra Stato, Regioni ed Enti Locali, introducendo elementi di federalismo nell'ordinamento costituzionale. Un altro passo verso la maggiore autonomia delle Regioni si è avuto con la modifica dell'art. 117 Cost. Il testo precedente elencava le materie su cui le regioni avevano potestà legislativa (concorrente), riservando tutte le altre materie alla potestà legislativa dello Stato.

Oggi, ai sensi del riformato art. 118 Cost., l'attribuzione della generalità delle funzioni amministrative è riservata ai Comuni sulla base dei principi di: sussidiarietà (l'ente di livello superiore interviene solo quando l'amministrazione più vicina ai cittadini non possa da sola assolvere al compito), differenziazione (enti dello stesso livello possono avere competenze diverse) ed adeguatezza (le funzioni devono essere affidate ad enti che abbiano requisiti sufficienti di efficienza).

 Queste sono tutte belle azioni e parole volendo, ma non sono supportate dalla cosa più importante, quando si tratta di governare un ente locale: la volgare PECUNIA, senza la gestione diretta del denaro non si va lontano, anzi non si va da nessuna parte.

Parliamo dunque di autonomia finanziaria.

Le cinque Regioni a regime differenziato hanno sempre goduto di particolari privilegi di finanza regionale, nel 2000 la spesa media pro capite di un ente a Statuto speciale era praticamente il doppio di quella di un ente ad autonomia ordinaria (3257 euro contro 1852 euro). Le Regioni e Province ad autonomia speciale hanno sempre goduto della possibilità di istituire con legge tributi propri, possibilità prevista ma di fatto negata, prima della riforma del Titolo V, alle altre Regioni; inoltre la percentuale di compartecipazione ai tributi erariali era molto più alta di quella delle Regioni di diritto comune, oscillando tra il 5% ed il 100%. In Sicilia addirittura l'intero gettito dei tributi erariali spetta alla Regione, ed è lo Stato a compartecipare.

Mi piace parlare, come esempio da raggiungere, del Trentino Alto Adige

Si tratta di una regione a statuto speciale con una sua specifica particolarità. Le sue due province, la provincia autonoma di Trento e la provincia autonoma di Bolzano sono le uniche province italiane che godono di uno statuto di autonomia. Le due autonomie provinciali sono molto ampie e di fatto contano più della regione stessa: dallo Stato Italiano le due province autonome sono dunque considerate alla stregua di regioni. Inoltre il governo intrattiene rapporti separati con le due province: in regione infatti vi sono due Commissariati del Governo, uno a Bolzano per l'Alto Adige e uno a Trento per il Trentino.

 Alle province viene assegnata una serie di competenze legislative e amministrative, che si suddividono tra primarie e secondarie rispetto a quelle esercitate dallo Stato. Negli ambiti di competenza primaria le province possono promulgare leggi indipendentemente dalle normative nazionali:

Cultura, Apprendistato, Scuole materne, Sociale, Strade, Edilizia abitativa, Trasporti pubblici, Turismo, Artigianato, Commercio, Industria, Agricoltura, Protezione civile, Parchi naturali.

 Nei settori di competenza secondaria le province devono attenersi ai principi contenuti nelle leggi statali. In sostanza le norme provinciali possono regolare solamente i dettagli di alcune materie:

Scuole, Sanità, Sport.

Immigrazione, difesa, polizia, giustizia e finanze rimangono prerogative dello Stato.

 Ma quello che mi preme sottolineare è l'Autonomia Fiscale

Lo statuto speciale del Trentino-Alto Adige garantisce una particolare forma di autonomia alle due province autonome anche sotto il profilo fiscale. Le province trattengono per sé il 90% della maggior parte dei tributi dovuti dai contribuenti residenti per poter finanziare le numerose competenze legislative e amministrative che non vengono esercitate o finanziate dallo Stato (il sistema dell'istruzione, dalla scuola materna all'università, il settore sanitario e quello sociale, la gestione dell'intera rete delle strade statali e provinciali).

Grazie a questa forte autonomia fiscale, il Trentino-Alto Adige con circa un milione di abitanti dispone di un budget considerevole, considerando anche il fatto che la "fedeltà fiscale" è molto alta, per quanto riguarda il pagamento delle imposte gli abitanti del Trentino A.A. risultano spesso tra i più virtuosi.

Quindi l'indipendenza economica e la poca ingerenza centralista rendono questa landa uno tra i piu' felici, sviluppati e ricchi territori al mondo, dove non credo proprio si debba attendere una decina di mesi per una visita specialistica.

Questo modello è ciò che ogni Regione italiana dovrebbe essere. In questi giorni in cui si discute freneticamente sull'Autonomia Differenziata (solito pippone rifilato ai contribuenti) ancora da Sud e da sinistra piovono critiche, eppure la sinistra storicamente mi risulta autonomista ed il Sud, a lungo termine è chi più gioverebbe dei risultati dovuti alla creazione di 20 Regioni Autonome non dovendo più economicamente chinarsi allo Stato Centrale ed ai poteri economici ad esso associabili.

 

Giorgio Bargna