giovedì 5 settembre 2013

Rimetto il futuro nelle vostre mani

Sono anni che predico, ma ho limiti di un uomo della “seconda età”, quella dove ancora ci provi, ma non hai più la forza, l’entusiasmo, la voglia che ti consentono il “miracolo”.

Per fortuna dietro di me ci sono milioni di giovani, loro hanno ancora tutti i requisiti per farcela.

Non voglio insegnare nulla a loro, i giovani devono ascoltare i vecchi, capire dove sbagliano e non imitarli in quello, semmai innovare quel poco (o tanto) di giusto che gli trasmettono in tradizioni e pensieri comuni che datano secoli.

Il futuro (ma anche il presente) si dirige, in un certo senso, si domina, padroneggia. Non si subisce il futuro, si scrive.

A volte i ragazzi escono con certe affermazioni che mi spaventano; partecipare, costruire, sono le basi di una partenza non risibile, riappropriarsi del futuro come atto primario di volontà concede la possibilità di liberarsi delle stanchezze, le frustrazioni, i tabù che pesano sui giovani d’oggi.

Partecipare  (ma questo vale anche per i “vecchietti” come me) significa sentirsi parte di un destino; cito Arthur Moeller van den Bruck : “La democrazia va vista quale partecipazione di un popolo al proprio destino”.

Cito anche Simone Weil, la quale affermava che radicamento e partecipazione potranno andare di pari passo, espressione di una domanda complessa ed insieme naturale, in quanto“imposta dal luogo, dalla nascita, dalla professione, dall’ambiente”.

Riusciamo ad “isolare” il nemico?

Dobbiamo, vogliamo, costruire, ma cosa?

Davanti alla crisi epocale che viviamo le vecchie ricette non solo sono stantie, non hanno assolutamente più fondamento.

Dando per scontato che non possiamo concedere al capitalismo globalizzato e alla finanza senza patria lo spazio del “libero mercato” senza regole, né controlli, dobbiamo coniugare concretamente globale e locale.

Le difficoltà, gli impegni stanno nel come costruire concretamente la partecipazione, nel capire se c’è lo spazio concreto per farlo, se il comunitarismo ha veramente un fondamento concreto, nell’individuare gli strumenti partecipativi più idonei, cercando tra i media più moderni ed i sistemi di comunicazione ed interscambio più arcaici.

Che funzione dobbiamo consegnare all’associazionismo, alla sussidiarietà, ai partiti  nella costruzione di un nuovo sistema?

Chi sarà in grado di dare queste risposte e “mobilitare” il mondo si dimostrerà la classe politica (e consentitemi, civica) all’altezza delle sfide odierne e sicuramente sarà formata da giovani.

Sono certo, un giorno, di abbracciare un gruppo di giovani, ringraziandoli.

Giorgio Bargna