Stiliamo delle ipotesi e delle
proposte tese a creare prospettive localistiche migliorative della qualità di
vita, in una società decadente ed ormai esasperata.
Proviamo, utilizzando un linguaggio il più lineare e
semplice possibile a tracciare una riflessione, nulla di nuovo sotto il sole,
nulla di scientifico, qualcosa di dettato dal cuore, magari qualcosa di
impreciso ma a mia convinzione vero.
La nostra nazione non è certo famosa al mondo per l’ampiezza
delle proprie dimensioni eppure contiene in essa una serie di microcosmi
naturalistici ecoculturali e di popolazione; centinaia di oasi naturali ed una
moltitudine di sue minoranze etniche, culturali e linguistiche.
Quando mi è possibile visito borghi dalle origini medioevali
o comunque antiche, oltre ad apprezzarne la bellezza e la morfologia noto che
sono fonte attrattiva per molti stranieri, una vera macchina turistica mal
gestita e mal interpretata ogni giorno a rischio di estinzione.
Non è la prima volta che lo scrivo, l’Italia non ha un vero
e proprio fondamento storico, esiste in realtà solo sulla cartina geografica.
La non proprio spontanea Unità d’Italia raccolse una serie variegata di
territori contraddistinti da una quantità incalcolabile di lingue,dialetti e
costumi sociali talmente variegati che lo stato accentratore impose una lingua
per far comunicare tra loro varie popolazioni che neppure si capivano tra loro.
Chi ha gestito questa nazione attraverso tre secoli ha
sempre cercato di abortire il "senso dello stato" e di marcare i toni della privatizzazione e del
business a favore di pochi intimi, ha sempre cercato di favorire l’esistenza di
una classe politica elitaria composta da nobili, notabili e professionisti, ha
sempre cercato di accentuare le poche negatività presenti nel localismo. La
storia ha prodotto però alcuni difetti condivisi su tutto il territorio che
denotano la sostanza di un popolo troppo individualista, immaturo ed
irresponsabile incapace di poter gestire il bene comune, ma abile a curare il
proprio interesse.
Chi ha gestito questa nazione ha ereditato ai tempi (ed è
normale fosse così) una popolazione (da nord a sud, da est ad ovest) quasi
interamente analfabeta in senso vero e proprio del termine riuscendo poi a far
sopravvivere un analfabetismo "di ritorno" che si quantifica con una
popolazione in gran parte non avvezza a leggere, studiare, analizzare,
documentarsi, quindi carente di una cultura che permetta valutare le proposte
politiche e demistificare le menzogne e di valutare la parzialità dei messaggi
provenienti dai media informativi.
E’ maturata una situazione socio-politica molto particolare,
l’opinione pubblica costituta da quella parte della popolazione ancora in grado
di pensare autonomamente ormai è satura, l'esasperazione verso questo sistema
politico basato sula partitocrazia clientelare e l’oligarchia ha raggiunto
ormai livelli intollerabili; temo purtroppo, mio malgrado, che si deriverà
inevitabilmente verso conflitti sociali non negoziabili, che si rafforzeranno l'individualismo
e l'immoralità, e che aumenterà l'ingovernabilità del Paese, i cui segnali
precursori sono evidenti da tempo.
Coloro che sono parte interessata nella partitocrazia
parassitaria, che in questi decenni ha occupato tutti centri nervosi del potere
politico ed economico della penisola, arrecando danni incalcolabili causa la
loro stoltezza e sfrontatezza, ovviamente non hanno alcuna intenzione di rinnovarsi adeguandosi
alle istanze provenienti dalla società civile, perché costerebbe loro rinunciare
ai propri privilegi ed al proprio potere.
I tempi di implosione della casta sono ormai innescati, a
noi l’onere morale di accelerarli e nei dettami della storia localistica
abbiamo la possibilità di raccogliere elementi, condizioni e spunti che possano
essere rielaborati ed adattati quali soluzioni di svolta e futuro sostenibile.
Uno
spunto di rilievo è il fenomeno storico medievale dei "comuni e delle
signorie cittadine”, fenomeni in cui spiccarono esempi che si conservarono a
lungo, per secoli, e non a caso, grazie alle loro forti identità comunitarie ed
alle loro omogeneità territoriali. Malgrado il ferro e fuoco scagliato sui
nostri territori da molte potenze europee essi resistettero a lungo nelle forme
che permisero l’esistenza di spazi intrisi di libertà e di autonomia. Alcuni di
questi territori rimasero in qualche modo integri ed autonomi fino alle conquiste
napoleoniche ed anche fino all'Unità d'Italia. Variarono magari le dinastie
regnanti, ma rimasero forti nelle loro identità storico culturali. Andrebbero
riprese dunque,quale modello di riferimento politico istituzionale, la
dimensione e possibilmente la storia identitaria di questi spunti.
Anche volgendo l’occhio all’esterno dei confini troviamo
esempi di buona gestione dei territori in nazioni di stampo localista; senza
indugi, seppur anch’essa certamente non vergine dai peccati, la Svizzera spicca
in cima. Non sto qui ad elencare i pregi amministrativi di questa Nazione (li
potete trovare sui motori di ricerca senza fatica), ma è certo che il senso
dello Stato sia al primo posto nei sentimenti di tutti i politici e di tutti i
cittadini; tutt’altro che il senso civico nostrano privo del senso del pudore,
della misura, della dignità, e di mille altri valori. Si tratta di un modello
di riferimento suddiviso in Cantoni che mantengono un'ampia sovranità,
delegando al governo federale solo alcune funzioni, governo per altro composto
da poche persone e tenute sotto stretta osservazione dagli elettori e che applicano
tra di loro la rotazione dell'incarico di Presidente.
Un modello referendario dove prevalgono le istanze della società
civile, un modello da programmare ed attuare, a cui si può giungere solo
attraverso una riforma netta del “modo di far politica”, per tramite
soprattutto di proposte ed azioni che solo liste civiche, movimenti ed
associazioni potranno essere in grado di sviluppare e concretizzare e che
porterebbe alla riduzione drastica delle poltrone, dei privilegi e delle
rendite da posizione.
Nell’attuale situazione praticamente nessuna provincia o
regione corrisponde a quanto sussisteva storicamente e culturalmente quale
identità omogenea sociopolitica, si tratta semplicemente di tratti di matita su
una cartina geografica, suddivisioni politiche atte ad accontentare qualche potente
politico, a favorire feudi elettorali ed interessi economici particolari e
partitocratici, significati che hanno portato ad una situazione di
ingovernabilità diffusa e sempre più grave, ad una grave disaffezione ed un
profondo distacco tra la cittadinanza e la politica.
Viene dunque chiara la necessita di rielaborare radicalmente
la politica territoriale, attraverso aggregazioni territoriali liberamente
concepite dalle popolazioni stesse, che potrebbero assumere una connotazione simile
a quella dei Cantoni, come in Svizzera, dotati di ampia autonomia, per sfociare
appunto in una Confederazione. Una riposizione e rielaborazione in chiave
moderna e con tutti gli adattamenti del caso dei fenomeni storici qui sopra
elencati, non calata dall'alto e studiata a tavolino ma elaborata dalla società
civile, in maniera condivisa e partecipata e con il ricorso all'istituto
referendario per confermare le scelte effettuate.
La base di tutto sicuramente deve risiedere nei Municipi ed
in una loro possibilità di consorziarsi, confederarsi in aree territoriali
omogenee oppure in consorzi di sviluppo economico locale. A sostenere questo
mio pensiero la visione dell’esistenza di diffuse espressioni autonomiste ed
identitarie della società civile locale, dotate di un notevole consenso latente
che sono un segnale inequivocabile di un forte desiderio di libertà, di volersi
liberare dal parassitismo e dalla corruzione soffocante, pervenendo a nuove
aggregazioni politiche di piccole dimensioni, meglio governabili e
controllabili, dove un sano individualismo creativo, tramite l'applicazione
della democrazia diretta e partecipata, può dare più facilmente il suo
contributo al benessere generale, migliorando la qualità della vita dei suoi
abitanti.
In questo periodo di crisi finanziaria ed economica, che è
figlio dell'attuale sistema dominante, si rende indispensabile rivedere totalmente
le basi strutturali su cui fondare la società (che deve essere sostenuta da chi
crea vera ricchezza con le proprie idee ed il proprio lavoro, con i propri
risparmi ed investimenti, e non su chi ne abusa autoritariamente,
appropriandosene parassitariamente) salvo suicidarsi in forma eutanasistica.
Giorgio Bargna