domenica 19 ottobre 2008

Quotiamo in borsa il provincialismo

Ci sono stati tempi, neppure troppo lontani, in cui i “bauscia” metropolitani guardavano, dall'alto al basso, alla provincia, arricciando quei bei nasini, pensando tra sè e sé, esternandolo nei momenti di “bausciamento elevato”:"Ma che arretratezza questi rozzi di provincia, chiusi alle novità, gente che pensa solo al lavoro e ne mette i frutti sotto il materasso, anzichè lanciarsi all'inseguimento del mondo; ascoltano ancora i loro vecchi bacucchi e quei sacerdoti che dai loro pulpiti lanciano ancora messaggi ortodossamente conservatori!"
Ci “accusavano” di limitarci a produrre, di non essere in grado di reinvestire creativamente in guadagni tutto sommato facili...insomma arretrati al punto che non capivamo come, questa formula globalizzatrice e speculativa del guadagno facile e del reinvestimento in novità tecnologiche e nuove formule lavorative, avrebbe fatto l'interesse individuale e collettivo, con ricaduta d'ulteriore beneficio per i singoli.
Oggi, che il “trend economico” vola basso, accusano il colpo, iniziano a capire che qualcosa è stato sbagliato e con le tasche svuotate dai “broker di borsa” cominciano a pensare che è giunta l'ora di sottrarre i soldi alle banche e di infilarle sotto i materassi domestici, come stanno facendo i loro colleghi “bauscia” d'oltremanica. E son lì, ancora una volta, ad aspettare che i “provincialotti” salgano sul loro treno...ma non credo andrà come si aspettano loro...neppure stavolta. La provincia lascerà il proprio capitale li dove si trova, non perchè abbia una fiducia incondizionata nelle banche e nelle istituzioni, ma perchè i soldi hanno lì la loro casa! Li lascerà lì, perchè la provincia crede in se stessa, nelle scelte per le quali è stata irrisa, in quel capitale enorme che sono la tradizione unita alla saggezza (di chi vive le cose in prima persona) ed al buonsenso.
Per noi, da sempre abituati all'impegno, questo crollo annunciato è un pericolo parziale; le nostre forze principali, l'orgoglio per le nostre tradizioni e la nostra esperienza di vita, la forza di essere ancora un po' comunità (in parte ci siamo persi anche noi), l'essere ancora basati il più possibile sull'artigianato e sulle piccole imprese e il nostro saper vivere ancora un po' il quotidiano ci aiuteranno ad uscire ancora una volta in piedi, alla faccia di chi considerava queste nostre proprietà “arretratezza”. Oggi quel che era considerato il fanalino di coda, seppur con fatica, resiste ancora alla crisi, lottando con le unghie ed i denti; si rilancia e, sicuramente, si trova in testa al gruppo, non in coda. Cari “metropolitani” superavveduti, la prossima volta che deciderete di acquistare titoli, in banca, lasciate perdere quelli delle grandi aziende (e i buoni fruttiferi stranieri ed italiani), investite invece in un vecchio titolo, sul quale la borsa non quota più da anni, la provincia ed i suoi abitanti!
Il titolo paga poco nell'immediato, ma nel tempo rende alla grande.
Come da sempre scrivo su queste pagine, la cultura delle piccole e medie comunità è un valore inestimabile ed impareggiabile; nei secoli nessuno è riuscito ad egualiarla... e mai ci riuscirà!
Giorgio Bargna.