Appare
ormai chiaro a tutti che sia in atto un certo “difetto democratico”, un certo
totalitarismo finanziario, di stampo, diciamo, europeo avvallato però dall’establishment
politico nostrano.
Grida d’allarme arrivano da
politici antagonisti, filosofi e giornalisti di ogni nazionalità ma soprattutto
ultimamente (vedi il caso Veneto) si cominciano ad avere segnali dai cittadini.
Se ne stanno accorgendo anche i nostri poco amati rappresentanti nazionali, l’attuale Presidente della Camera dei Deputati italiana durante
una visita in Grecia nel 2013 auspica
(oh, che amor di donna) “una conferenza
sull’altra Europa per combattere il montante populismo antieuropeo e per
arginare le ondate di intolleranza”.
Questo
“difetto democratico”, una sorta di “spread politico”, è una situazione, un
emergenza su cui costruire il cartello politico di un movimento innovatore; un
cavallo di battaglia da cavalcare ad ogni prossima elezione, di ogni genere e
grado.
Anche
tra la gente comune, dicevamo, comincia cavalcare un disagio, un insofferenza,
una voglia di cambiamento, lo dimostra il caso Veneto, ColoR44, il Drappobianco
(ancora Lombardia), il movimento dei Forconi.
Cittadini
ed imprenditori cominciano a capire di essere stati indirizzati ad un futuro
fatto (come si dice dalle mie parti) di fam, füm, frèc e fastìdii . Cominciano a
realizzare che è stato distrutto l’assetto economico di un Paese, il futuro delle
generazioni presenti e prossime a venire, sterminato il mondo del lavoro.
Si
comincia sempre così, cautamente, poi se i messaggi non vengono recepiti può
succedere di tutto, le rivoluzioni accadono spesso a volte di stile ghandiano a
volte meno.
Si
sta svegliando chi in questi anni ha dormito. Si sta svegliando attribuendo in
toto le colpe alla “classe dirigente”, ai sindacati, all’informazione. Si sta
svegliando chi comunque, a mio avviso, dormendo è concausa del proprio male,
anche se va detto che è stato drogato per benino tramite l’assetto consumistico
di questa società.
Incredibilmente
si è instaurata, pacificamente, una dittatura strisciante, all’acqua di rose,
senza che i popoli se ne rendessero conto; che i sindacati, i giornalisti, gli
economisti, gli autonominatisi democratici si rivoltassero contro questi
attacchi alle nazioni, cito su tutti
l’attacco all’articolo 4 della
Costituzione Italiana.
E’
giunta l’ora che un partito faccia proprie, seriamente, senza poi trasformarsi
lui stesso in classe dirigente, queste istanze; questo movimento sbancherebbe
ad ogni elezione accaparrandosi probabilmente i voti anche di chi ultimamente
ha disertato le cabine elettorali, di ogni ribelle, di ogni dissidente, di ogni
sincero democratico.
E’
giunta l’ora che ufficialmente qualcuno ponga accenti sull’euro e l’attuale
Unione Europea, sugli attuali livelli ed i motivi scatenanti della
disoccupazione, su un Welfare annientato, su un immigrazione apparentemente
priva di controllo che serve solo ad alimentare le tasche di qualcuno, su una
sicurezza ormai inesistente dentro e fuori le mura di casa e le mura del luogo
di lavoro, su una democrazia solo di facciata, su una libertà fatta di nulla,
su una moralità ormai latitante, su una sanità pubblica terzomondista, su una
scuola svuotata di ogni contenuto.
Occorre
indirizzare il popolo verso la democrazia reale, di stampo svizzero, in modo
che possa capire i problemi,
e risolverli. Vi sono gli strumenti democratici e vi sono le persone
capaci e oneste in grado di portare alla
svolta. Occorre solo crederci, ma crederci ed impegnarsi davvero e non dico
sarà una passeggiata, ma nemmeno sarà una maratona.
Si è dormito
troppo, alcuni ancora stentano a risvegliarsi malgrado le urla della
situazione, ma possiamo farcela ad allontanare un accozzaglia di gente, in
parte consapevole delle proprie azioni, in parte inetta che sapeva benissimo
che, sia in caso di scelte consapevoli che in caso di errori, a pagare c’era lo
Stato con i suoi cittadini.
Ho letto in un articolo di quando andava dicendo un banchiere, uno tra i più potenti: “se le cose vanno poi storte noi siamo “too big to fail” (troppo grandi per fallire)”.
Anche le
persone possono essere numeri molto grandi, che contano, quando decidono di non
essere più sbattute come tappeti.
Giorgio
Bargna