Teoricamente (fisicamente di certo) viviamo tutti assieme in
una società, grande o piccola che sia, questo presuppone che dovrebbe
sussistere una convivenza. Il convivere, il fatto e la condizione di vivere
insieme, in uno stesso luogo presuppone si il rispetto degli altri e delle
regole che ci sono nella comunità, ma soprattutto significa porsi il problema
di come le persone che vivono in una società possano convivere tra di loro
senza ledere gli uni la libertà degli altri. Purtroppo non è storia recente che
uno dei più grossi problemi sociali e civili è la difficoltà degli uomini di
vivere assieme.
Di fatto sta che più o meno volontariamente la convivenza
civile è necessaria e può essere fondata su elementi sostanzialmente positivi,
perché i componenti della società in questione aderiscono volontariamente o per
motivi ideali alla comunità, o su elementi di necessità, in tal caso si ha una
convivenza forzata, basata sul rispetto di regole imposte, la cui osservanza
garantisce comunque il regolare svolgimento della vita comunitaria.
Sostanzialmente la “civiltà” è scaturita da un lungo
processo che ha portato da società basate sul potere del più forte a società
regolate da norme condivise (la democrazia); un processo partito nel medio evo che
potrà sempre migliorare.
La convivenza civile, negli stati moderni, è sempre tutelata
da leggi, è cioè fondata su regole la cui osservanza è garantita e addirittura
imposta dallo Stato. Ma la differenza sostanziale tra una società veramente
democratica e una democrazia immatura sta nella condivisione da parte dei
cittadini, convinta o meno, delle istituzioni che garantiscono la convivenza
civile.
Ne provo esperienza sia nella società più ampia che in tanti
percorsi politici che provo ad affrontare, l’uomo (per natura) è persona del tutto diversa dalle altre, per
esperienze, carattere, cultura: di fatto ogni persona ha le sue convinzioni
etiche, sociali, filosofiche, politiche diverse da quelle di ogni altra
persona. Di fatto, spesso e volentieri, molte persone vivono nella convinzione,
del tutto legittima, di essere dalla parte della verità.
Per riuscire a mettere in sintesi numeri considerevoli di
persone esistono sostanzialmente due sistemi, quello calato dall’alto, imposto,
e quello del dialogo, della coesione, della concordanza. Il dialogo, l’unica
amalgama sostenibile, consiste nel rapportarsi con gli altri tenendo sempre
conto della diversità dell'altro e della necessità di comprendere il diverso
punto di vista dell'altro.
Potremmo, lo facciamo, asserire che esiste una sola regola
principe alla base di una società sinceramente civile, quella del dialogo; il
resto delle regole ne sono la naturale conseguenza.
Malgrado però una evidente necessità di comprendere non si
deve passare all’estremo rischiando il caos assoluto, necessita che il sistema
sappia accogliere le istanze di tutti ma che preponderino quelle che siano più
convenienti per la collettività.
Non essendo possibile valutare, a prescindere, la qualità
delle opinioni, il giusto compromesso della democrazia è quello di fare
prevalere l'opinione della maggioranza dei cittadini, ma anche (e soprattutto) di
creare quanti più possibili centri di “potere” che si equilibrano e si
controllano a vicenda.
Il valore del principio democratico di una società, si
misura da questo principio, il rispetto delle leggi e della convivenza civile è
spontaneo e lo stesso l'accettazione di sanzioni per comportamenti irregolari
anche minimi. Anche il rispetto delle istituzioni e delle persone di opinioni
diverse è massimo, pur nella convinzione di essere dalla parte della verità.
Una cosa così elementare da sembrare impossibile.
Giorgio Bargna