Con l’aiuto della fondazione ares parliamo
tecnicamente di Autismo, buona lettura dei dettagli, torneremo invece poi a
descrivere prossimamente dei problemi concreti che si manifestano a chi vive
questa malattia, Giorgio.
Evoluzione del concetto di autismo
Dalla prima descrizione di Leo Kanner del
1943, per quanto concerne il concetto e la considerazione del Disturbo
Autistico, si è assistito ad un’evoluzione importante. Lo stesso Kanner ha
modificato alcune volte le sue interpretazioni dei comportamenti e
dell’eziologia del disturbo autistico, anche se le caratteristiche del disturbo
descritte inizialmente ricalcano a grandi linee i criteri definiti poi in
maniera più precisa. E’ per contro notevolmente cambiata l’interpretazione dei
comportamenti osservati. Se inizialmente si è parlato di un disturbo derivato
da comportamenti “ostili” dei genitori nei confronti del loro figlio o della
loro figlia con autismo, con conseguente chiusura del bambino in un mondo
“tutto suo”, è ormai risaputo che questa interpretazione è errata su tutta la
linea. Dal 1980, infatti, i manuali diagnostici riconosciuti
internazionalmente, definiscono il Disturbo Autistico come un disturbo dello
sviluppo, innato, presente indipendentemente da cultura, religione, stato
sociale, ecc. L’utilizzo di termini quali “psicosi infantile”, frequente in
passato, è quindi obsoleto e non corretto. Il Disturbo Autistico fa parte di un
insieme di disturbi raggruppati, nei manuali diagnostici, nel capitolo Disturbi
Pervasivi dello Sviluppo (DPS).
Descrizione generale del Disturbo Autistico e degli altri DPS
I Disturbi Pervasivi dello Sviluppo
Nei Disturbi Pervasivi dello Sviluppo
(DPS) le difficoltà osservabili coinvolgono tutti gli ambiti dello sviluppo, a
differenza dei disturbi specifici dello sviluppo, caratterizzati da difficoltà
o compromissioni in un solo ambito. I DPS sono caratterizzati da anomalie e
compromissioni qualitative gravi e generalizzate in diverse aree:
nell’interazione sociale reciproca, nella comunicazione (verbale e non
verbale), nelle modalità di comportamento e interessi, che sono ristretti,
ripetitivi e stereotipati. I DPS comprendono i seguenti disturbi:
Disturbo Autistico
Disturbo di Asperger
Disturbo di Rett
Disturbo Disintegrativo dell’Infanzia
Disturbo Pervasivo dello Sviluppo Non
Altrimenti Specificato
Ora,
prima di passare ai problemi quotidiani di chi vive sotto vari aspetti
l’autismo approfondiamo ancora, con qualche altro post le dinamiche e gli
studi relativi a questa affezione aiutandoci con le descrizioni di wikipedia.
L
'autismo, chiamato originariamente Sindrome di Kanner, è considerato dalla
comunità scientifica internazionale un disturbo che interessa la funzione
cerebrale; la persona affetta da tale patologia mostra una marcata diminuzione
dell'integrazione sociale e della comunicazione. Attualmente risultano ancora
sconosciute le cause di tale manifestazione.[
Più
precisamente, data la varietà di sintomatologie e la complessità nel fornirne
una definizione clinica coerente e unitaria, è recentemente invalso l'uso di
parlare, più correttamente, di Disturbi dello Spettro Autistico (DSA o, in
inglese, ASD, Autistic Spectrum Disorders).
A
livello di classificazione nosografica, nel DSM-IV è considerato rientrare
nella categoria clinica dei "Disturbi Pervasivi dello Sviluppo", cui
appartengono, fra le varie altre sindromi, anche la sindrome di Asperger, la
sindrome di Rett e il Disturbo disintegrativo dell'infanzia.
Epidemiologia
L'incidenza
varia da 5 a 50 persone su 10.000, a seconda dei criteri diagnostici impiegati,
che si sono sviluppati e migliorati nel corso del tempo. Colpisce
prevalentemente i soggetti maschili con un tasso dalle due alle quattro volte
(e a volte anche sei/otto volte) superiore rispetto al sesso femminile; si
manifesta quasi sempre entro i primi 3 anni di vita. Studi condotti in
popolazioni generali in varie parti del mondo, senza tenere conto di criteri di
esclusione o diagnosi differenziali, possono rilevare affidabilmente prevalenze
attorno all'1% in tutte le fasce d'età.
Cenni storici
Prima
del Ventesimo secolo non esisteva il concetto clinico di autismo; tra i
precursori della ricerca di merito nel XIX secolo, vi fu anche John Langdon
Down (che nel 1862 scoprì la sindrome che porta il suo nome), e che aveva
approfondito alcune manifestazioni cliniche che oggi verrebbero classificate
come autismo e Ludwig Binswanger per il quale “l’autismo consiste nel distacco
dalla realtà, insieme con una prevalenza più o meno marcata della vita
interiore”.
Il
termine autismo deriva dal greco a?t?? ([aw'tos], significa stesso), e fu
inizialmente introdotto dallo psichiatra Svizzero Eugen Bleuler nel 1911 per
indicare un sintomo comportamentale della schizofrenia; sui lavori
precedentemente svolti da Emil Kraepelin.
Nell'antichità
e nel folklore europeo si attribuiva l'autismo e altri disturbi alle fate, che
si credeva sostituissero di nascosto i propri neonati, denominati Changeling o
Servan, con quelli umani.
Il
termine autismo inteso in senso moderno è stato utilizzato per la prima volta
da Hans Asperger (1906-1980) nel 1939
In
seguito si passò a indicare una specifica sindrome patologica nel 1943 a opera
di Leo Kanner (1894-1981), che parlò di "autismo infantile precoce".
Rapporti storici fra autismo e psicoanalisi
Le origini dei rapporti Prima di Leo Kanner, Melanie Klein
descrisse negli anni Trenta del XX secolo un caso che lei chiama di psicosi
infantile, e che oggi verrebbe diagnosticato come autistico[15]. Dopo di lei e
dopo Kanner, che dette il nome alla sindrome negli anni Quaranta, psicoanalisti
come Margaret Mahler e altri (fra cui Bruno Bettelheim) in America, inoltre
Frances Tustin, Donald Meltzer e altri in Inghilterra si occuparono di questi
bambini negli anni '60-'80.
Con
il loro stimolo, un crescente interesse veniva rivolto alle particolari
anomalie di comportamento, comunicazione e sviluppo in generale dei bambini e
delle persone con autismo, favorendo un aumento di conoscenze e di interesse
nel campo della psicologia dello sviluppo e nella psichiatria dell'infanzia.
Dagli anni Ottanta, trovarono grande sviluppo le ricerche sull'attaccamento,
l'infant research sulle interazioni precoci, le ricerche cognitiviste sulla
teoria della mente, e le indagini mediche epidemiologiche, genetiche e di
neuroimaging, che svolgono attualmente un grande rilievo nella ricerca clinica
sul disturbo.
Fin
dalla sua prima descrizione dell'autismo, sia Leo Kanner (1943) che Hans
Asperger (1944) avevano intuito che si trattava di una sindrome dovuta a una
condizione organica. A differenza di Asperger, Kanner ha successivamente
ipotizzato che l'autismo fosse provocato da cause psicodinamiche.
Vi
è tuttora, seppur in termini molto diversi rispetto alle originarie teorie di
Kanner, una linea di riflessione sulle ipotetiche ed eventuali concause
psicologiche dell'autismo, intese nel senso che, sulla base comunque di
predisposizioni genetiche e col concorso di altri fattori ambientali o
neurologici, eventuali fattori psicologici o relazionali potrebbero avere un
ruolo complementare nell'attivazione dei disturbi dello spettro autistico.
L'evoluzione degli studi nel tempo
Nel
1943 Leo Kanner aveva descritto per primo la sindrome autistica su una rivista
medica specializzata, ritenendola una patologia neurologica (organica): nei
mesi successivi da tutti gli Stati Uniti d'America vennero a consulto da lui,
nel suo famoso e costoso ospedale, alcune decine di famiglie con un bambino
corrispondente alla descrizione che egli aveva fatto dell'autismo.
Kanner
osservò che si trattava di famiglie della media e alta classe borghese, con una
madre acculturata e spesso "in carriera", e ritenne che fossero
queste le caratteristiche e quindi le cause di tutti i casi di autismo;
sottovalutando il fatto che soltanto persone afferenti a classi socioeconomiche
più alte potevano riferirsi a lui, poiché avevano avuto notizia del suo
articolo e perché avevano i mezzi per pagare le relative, ingenti, spese
sanitarie.
Successivamente
lo stesso Kanner si accorse che l'autismo era diffuso in maniera eguale anche
nelle classi più povere, e nel 1969, durante la prima assemblea della National
Society for Autistic Children (oggi Autism Society of America), riconobbe i
limiti della sua ipotesi esplicativa, riducendo così lo stigma che si era
creato in merito all'eccessiva responsabilizzazione dei genitori in ordine alla
causazione del disturbo. Kanner lasciò l'eredità della direzione della rivista
sull'autismo da lui fondata (il Journal of Autism) al professor Eric Schopler, che
fra i primi si era accorto dei notevoli limiti esplicativi della sua ipotesi
originale.
Prima
di Leo Kanner, Melanie Klein descrisse negli anni Trenta del XX secolo un caso
che lei chiama di psicosi infantile, e che oggi verrebbe diagnosticato come
autistico[15]. Dopo di lei e dopo Kanner, che dette il nome alla sindrome negli
anni Quaranta, psicoanalisti come Margaret Mahler e altri (fra cui Bruno
Bettelheim) in America, inoltre Frances Tustin, Donald Meltzer e altri in
Inghilterra si occuparono di questi bambini negli anni '60-'80.
Con
il loro stimolo, un crescente interesse veniva rivolto alle particolari[g1] anomalie di comportamento, comunicazione e sviluppo
in generale dei bambini e delle persone con autismo, favorendo un aumento di
conoscenze e di interesse nel campo della psicologia dello sviluppo e nella
psichiatria dell'infanzia. Dagli anni Ottanta, trovarono grande sviluppo le
ricerche sull'attaccamento, l'infant research sulle interazioni precoci, le
ricerche cognitiviste sulla teoria della mente, e le indagini mediche
epidemiologiche, genetiche e di neuroimaging, che svolgono attualmente un
grande rilievo nella ricerca clinica sul disturbo.
Fin
dalla sua prima descrizione dell'autismo, sia Leo Kanner (1943) che Hans
Asperger (1944) avevano intuito che si trattava di una sindrome dovuta a una
condizione organica. A differenza di Asperger, Kanner ha successivamente
ipotizzato che l'autismo fosse provocato da cause psicodinamiche.
Vi
è tuttora, seppur in termini molto diversi rispetto alle originarie teorie di
Kanner, una linea di riflessione sulle ipotetiche ed eventuali concause
psicologiche dell'autismo, intese nel senso che, sulla base comunque di
predisposizioni genetiche e col concorso di altri fattori ambientali o
neurologici, eventuali fattori psicologici o relazionali potrebbero avere un
ruolo complementare nell'attivazione dei disturbi dello spettro autistico.
L'evoluzione degli studi nel tempo
Nel
1943 Leo Kanner aveva descritto per primo la sindrome autistica su una rivista
medica specializzata, ritenendola una patologia neurologica (organica): nei
mesi successivi da tutti gli Stati Uniti d'America vennero a consulto da lui,
nel suo famoso e costoso ospedale, alcune decine di famiglie con un bambino
corrispondente alla descrizione che egli aveva fatto dell'autismo.
Kanner
osservò che si trattava di famiglie della media e alta classe borghese, con una
madre acculturata e spesso "in carriera", e ritenne che fossero
queste le caratteristiche e quindi le cause di tutti i casi di autismo;
sottovalutando il fatto che soltanto persone afferenti a classi socioeconomiche
più alte potevano riferirsi a lui, poiché avevano avuto notizia del suo
articolo e perché avevano i mezzi per pagare le relative, ingenti, spese
sanitarie.
Successivamente lo stesso Kanner si accorse che l'autismo era
diffuso in maniera eguale anche nelle classi più povere, e nel 1969, durante la
prima assemblea della National Society for Autistic Children (oggi Autism
Society of America), riconobbe i limiti della sua ipotesi esplicativa,
riducendo così lo stigma che si era creato in merito all'eccessiva
responsabilizzazione dei genitori in ordine alla causazione del disturbo.
Kanner lasciò l'eredità della direzione della rivista sull'autismo da lui
fondata (il Journal of Autism) al professor Eric Schopler, che fra i primi si
era accorto dei notevoli limiti esplicativi della sua ipotesi or
Un'ipotesi consequenziale
Sulla base di questo errore di Kanner si era basata l'iniziale
ipotesi che il bambino affetto da autismo fosse neurologicamente sano, e che la
causa dell'autismo fosse individuabile solo in un ipotetico "rapporto
inadeguato" con la madre. Per circa un ventennio questa ipotesi, oggi
ritenuta scorretta, ha dominato la scena clinica internazionale, indirizzando
spesso bambini e nuclei famigliari esclusivamente verso trattamenti di dubbia
utilità terapeutica nel trattamento diretto dell'autismo. Gli psichiatri
Bettelheim[16] e Tustin (della Tavistock Clinic di Londra) sono stati tra i
principali esponenti di questo approccio derivato dalle riflessioni di Kanner,
che diffusero a livello internazionale, e ormai considerato desueto.
A. Freud e S. Dann (1951), con un'indagine su alcuni bambini
sopravvissuti ai Campi di concentramento nazisti alla fine della Seconda guerra
mondiale, avevano dimostrato che neppure quelle condizioni estreme di
privazione di affetto potevano indurre la patologia autistica.
Anche l'osservazione dei dati epidemiologici, che rileva spesso
più di un caso fra i membri di una stessa famiglia, e una forte sproporzione nella
prevalenza dell'autismo nei maschi (3 o 4 volte superiore rispetto alle
femmine, dato che diventa addirittura 20 volte superiore per la sindrome di
Asperger), fornisce elementi a conferma del fatto che l'autismo è generato da
altre cause, diverse dall'inadeguatezza dell'amore materno.
Allo stesso modo, Asperger quasi contemporaneamente a Kanner aveva
descritto dei soggetti affetti da disturbi dello spettro autistico (nella forma
clinica che da lui prese il nome di Sindrome di Asperger), indicando correttamente
il cammino per identificarne le possibili cause, e sottolineando la rilevanza
di effettuare interventi di abilitazione-riabilitazione delle capacità residue
(da lui chiamato "pedagogia curativa").
Quando le ricerche epidemiologiche e l'osservazione scientifica
hanno rilevato con chiarezza che alla base della sindrome autistica c’è un
deficit neurologico, molti genitori hanno iniziato disperatamente a ricercare
supposti rimedi farmacologici e dietetici. Il desiderio di guarire induce molti
genitori a scambiare per risultati positivi di farmaci e diete quelle
variazioni positive dello stato di salute che potrebbero essere ottenute anche
mediante il placebo, il finto farmaco.
Su questo terreno giocano molti "venditori di illusioni"
o di trattamenti pseudoscientifici, che, a volte approfittando dell'angoscia
delle famiglie, propongono "cure nuove e miracolose" in realtà del
tutto prive di effetti verificabili, o fanno pagare come "cura" ciò
che al massimo, e solo a volte, potrebbe essere ritenuta un'ipotesi di ricerca.
Critiche alla psicoanalisi
classica
La psicoanalisi classica è stata accusata di colpevolizzare le
figure genitoriali, in particolare quella femminile definita madre
frigorifero,attribuendo la causa della sindrome a un disturbo dei rapporti
primari con chi assume il ruolo di accudimento (lavoro di cura).
Bettelheim giunse anche a proporre come "terapia
riabilitativa" il distacco dal nucleo familiare, la cosiddetta
"parentectomia":
« "Fino a non molti anni fa c'era chi, guidato dalla teoria
psicogenica che attribuiva ai genitori la responsabilità dell'autismo,
consigliava l'allontanamento dei bambini dalle loro famiglie. Con la
confutazione di questa teoria, e bandite le ingiuste accuse ai genitori, sono
scomparsi anche gli "allontanamenti terapeutici", e i genitori sono
ora visti dai medici e dagli psicologi come una risorsa di grande valore non
solo nella fase diagnostica, ma anche in quella riabilitativa" (Surian,
2005).[24] »
Tale vecchio modello esplicativo e terapeutico è divenuto bersaglio
di critiche e ostracismi, prima in America e poi in Europa, anche per via della
progressiva maggiore diffusione di teorie biologiche nell'etiopatogenesi dei
disturbi mentali rispetto alle teorie psicogene che avevano dominato il campo
in precedenza.
Aspetti attuali del rapporto tra
scienze psicologiche e autismo
Allo stato attuale, la questione del rapporto tra
"psicoanalisi" e autismo (e, più in generale, psicologia e autismo) è
complessa, ma le classiche contrapposizioni dicotomiche non rappresentano lo
stato dell'arte della riflessione attuale sui rapporti tra scienze psicologiche
e disturbi dello spettro autistico.
In primo luogo, non si deve erroneamente confondere la più ampia
psicologia clinica con la psicoanalisi (la quale è un particolare indirizzo
teorico della psicoterapia, che è a sua volta una parte della psicologia
clinica); quelle contestate sono inoltre alcune vecchie ipotesi interpretative
della psicoanalisi di più di mezzo secolo fa.
Al contrario, la ricerca e l'intervento in psicologia clinica
dello sviluppo ha prodotto invece una significativa quantità di dati
scientifici verificati sui vari aspetti della genesi, della valutazione
clinica, delle caratteristiche funzionali e delle possibili linee di intervento
riabilitativo e di sostegno nei confronti dei soggetti autistici e delle loro
famiglie.
In secondo luogo, la stessa psicoanalisi, in parallelo al suo
sviluppo clinico e teorico, ha abbandonato molte delle sue originali ipotesi in
merito di cinquanta anni fa, revisionando significativamente le vecchie ipotesi
sul ruolo dei genitori nella genesi dei disturbi dello spettro autistico.
In effetti, una grande quantità di ricerche, da John Bowlby in
poi, ha mostrato come l'ambiente familiare influenzi grandemente lo sviluppo e
le caratteristiche dei figli, malati e non, e come le dinamiche familiari e le
relazioni genitori-figli possano essere soggette a disfunzioni, divenendo fonte
di malesseri e gravi disagi.
Criteri diagnostici del disturbo
autistico
Disturbo autistico è il termine tecnico con cui ci si riferisce
all'autismo nel DSM IV (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders-
Fourth Edition, manuale diagnostico dei disturbi psichiatrici dell'American
Psychiatric Association).
Il disturbo fa parte di una categoria più generale, i disordini
generalizzati dello sviluppo (o disordini pervasivi dello sviluppo), e viene
diagnosticato in base alla presenza di un certo numero di indicatori
comportamentali presenti in specifiche aree dello sviluppo .
Fattori di rischio
Costituiscono fattori di rischio, oltre a possibili anomalie
genetiche e metaboliche, pregressi episodi familiari di autismo o di altri
disordini pervasivi dello sviluppo. Altro fattore di rischio è la nascita
pretermine del bambino, in particolare se vi è un peso alla nascita
notevolmente sotto la media.
Altro ipotetico fattore di rischio come possibile causa di
sviluppo dell'autismo sarebbe la carenza di vitamina D durante la gravidanza.
Comorbilità
L'autismo si trova a volte associato ad altri disturbi che
alterano in qualche modo la normale funzionalità del Sistema Nervoso Centrale:
epilessia, sclerosi tuberosa, sindrome di Rett, sindrome di Down, sindrome di
Landau-Klefner, fenilchetonuria, sindrome dell'X fragile, rosolia congenita.
Disordini geneticamente riconducibili a una alterazione dei normali meccanismi
fisiologici espressi dal gene FMR-1
Sintomatologia
Normalmente i sintomi si manifestano come un ritiro autistico (nel
senso di comportamenti notevolmente anomali e non sempre comprensibili, a causa
dei quali la persona si trova esposta a un alto rischio di isolamento sociale),
dovuto a gravi alterazioni nelle aree funzionali descritte qui di seguito:
Comunicazione verbale e non
verbale
Circa il 50% dei soggetti con autismo non acquisisce, o molto
limitatamente, capacità di espressione mediante canale verbale tuttavia studi
longitudinali, più recenti, individuano una percentuale inferiore al 20%[di
quali studi stiamo parlando?]. I soggetti che sono in grado di utilizzare il
linguaggio si esprimono in molte occasioni in modo bizzarro; spesso ripetono
parole, suoni o frasi sentite pronunciare (ecolalia). L'ecolalia può essere
immediata (ripetizione di parole o frasi subito dopo l'ascolto), oppure
ecolalia differita (ripetizione a distanza di tempo di frasi o parole sentite
in precedenza). Anche se le capacità imitative sono integre, queste persone
spesso hanno notevoli difficoltà a impiegare i nuovi apprendimenti in modo
costruttivo a situazioni diverse da quelle che li hanno generati in prima istanza.
Interazione sociale
Gli autistici mostrano un'apparente carenza di interesse e di
reciprocità relazionale con gli altri; tendenza all'isolamento e alla chiusura
sociale; apparente indifferenza emotiva agli stimoli o, al contrario,
ipereccitabilità agli stessi; difficoltà a instaurare un contatto visivo
diretto: il bambino che intorno ai due anni di età continui a evitare lo
sguardo degli altri mostra, secondo diversi studi, una maggiore possibilità di
sviluppare l'autismo.
Gli autistici hanno difficoltà nell'iniziare una conversazione o a
rispettarne i "turni", oltre a difficoltà a rispondere alle domande e
a partecipare alla vita o ai giochi di gruppo. Non è infrequente che bambini
affetti da autismo vengano inizialmente sottoposti a controlli per verificare
una sospetta sordità, dal momento che non mostrano apparenti reazioni (proprio
come se avessero problemi uditivi) quando vengono chiamati per nome.
Immaginazione o repertorio di
interessi
Di solito un limitato repertorio di comportamenti viene ripetuto
in modo ossessivo; si possono osservare posture e sequenze di movimenti
stereotipati (per es. torcersi o mordersi le mani, sventolarle in aria,
dondolarsi, compiere complessi movimenti del capo, ecc.) detti appunto
stereotipie. Queste persone possono manifestare eccessivo interesse per oggetti
o parti di essi, in particolare se hanno forme tondeggianti o possono ruotare
(palle ovali, biglie, trottole, eliche, ecc.). Talvolta la persona affetta da
autismo tende ad astrarsi dalla realtà per isolarsi in una sorta di "mondo
virtuale", in cui si sente di vivere a tutti gli effetti (dialogando
talora con personaggi inventati). Pur mantenendo in molti casi la
consapevolezza del proprio fantasticare, è con fatica e solo con delle
sollecitazioni esterne (suoni improvvisi, richiami di altre persone) che riesce
a essere in varia misura partecipe nella vita di gruppo.
Importanza dell'ordine
Bambino affetto da autismo che si manifesta nel suo intento
continuo di dare un dato ordine alle cose.
Si riscontra una marcata resistenza al cambiamento, che per alcuni
può assumere le caratteristiche di un vero e proprio terrore fobico. Questo può
accadere se viene allontanato dal proprio ambiente (camera, studio, giardino,
ecc.), o se nell'ambiente in cui vive si cambia inavvertitamente la
collocazione di oggetti, del mobilio o comunque l'aspetto della stanza.
Lo stesso può verificarsi se si lasciano in disordine oggetti
(sedie spostate, finestre aperte, giornali in disordine): la reazione spontanea
della persona autistica sarà quella di riportare immediatamente le cose al loro
ordine o, se impossibilitato a farlo, manifestare comunque inquietudine. La
persona può allora esplodere in crisi di pianto o di riso, o anche diventare
autolesionista e aggressiva verso gli altri o verso gli oggetti. Altri
soggetti, al contrario, mostrano un'eccessiva passività,
aprassia motoria e
ipotonia, che sembra renderli impermeabili a qualsiasi stimolo.
Vari aspetti dell'autismo
La gravità e la sintomatologia dell'autismo variano molto da
individuo a individuo e tendono nella maggior parte dei casi a migliorare con
l'età, in particolare se il ritardo mentale è lieve o assente, se è presente il
linguaggio verbale, e se un trattamento terapeutico valido viene intrapreso in
età precoce.
L'autismo può essere associato ad altri disturbi, ma è bene
sottolineare che esistono gradi di autismo differenti tra loro. Alcune persone
autistiche possiedono per esempio una straordinaria capacità di calcolo
matematico, sensibilità musicale, eccezionale memoria audio-visiva o altri
talenti in misura del tutto fuori dell'ordinario, come ad esempio la capacità
di realizzare ritratti o paesaggi molto fedeli su tela senza possedere nozioni
tecniche di disegno o pittura.
Altri sintomi
Si possono anche manifestare nell'autismo:
Ansietà;
Disturbi del sonno
Toe walking
iginale.
Eziologia
La
prima ipotesi sviluppata sulle cause dell'autismo, ormai sostanzialmente
abbandonata nella ricerca scientifica ma ancora frequentemente citata, è quella
di Leo Kanner, che per primo, nel 1943, pubblicò uno studio abbastanza
esaustivo sulla sindrome. Nonostante avesse concluso trattarsi di un disturbo
innato, Kanner che aveva individuato nelle famiglie con figli autistici molti
genitori, nonni, e parenti di alto livello culturale, ipotizzò che
l'ossessività fosse una sorta di caratteristica fondamentale di queste
famiglie.
Eisenberg,
suo stretto collaboratore, più tardi sottolineò quanto fosse difficile non
considerare la configurazione affettiva del nucleo famigliare, ipotizzando che
il comportamento dei genitori non aiutasse né stimolasse il bambino a uscire
dal suo guscio di "refrigerazione affettiva".
La
tesi di Kanner-Eisenberg è stata ripresa recentemente nel dibattito
sull'etiopatogenesi del disturbo a seguito della scoperta del sistema dei
neuroni specchio, che secondo alcuni autori potrebbe avere un ruolo nella
genesi dell'autismo.
Molti
dei primi studi sull'autismo successivi a quello di Kanner si sono poi
concentrati prevalentemente sul ruolo dei genitori. Molti e diversi sono però i
fattori osservati che possono contribuire allo sviluppo della sindrome, e
comprendono sia fattori ereditari che non ereditari. Poiché nel 60% dei casi
due gemelli omozigoti (che hanno lo stesso patrimonio genetico) risultano entrambi
affetti, con tutta probabilità una componente genetica esiste, anche se non è
il solo fattore scatenante (altrimenti il 100% dei monozigoti svilupperebbe la
sindrome); si ipotizza quindi una causa di tipo multifattoriale, con elementi
genetici e ambientali.
Gli
studi di genetica si stanno attualmente concentrando su alcune regioni dei
cromosomi 7 e 15. Come fattori implicati sono state riscontrate anche anomalie
strutturali cerebrali (cervelletto, amigdala, ippocampo, setto e corpi
mammillari), anomalie a livello di molecole che hanno un ruolo nella
trasmissione degli impulsi nervosi nel cervello (serotonina,
beta-endorfine).L'autismo può inoltre presentarsi in comorbilità (ovvero
insieme) ad altre sindromi già note: sindrome dell'X-fragile, sclerosi tuberosa,
fenilchetonuria (non trattata) e rosolia congenita.
La
frode scientifica della falsa ipotesi vaccinale
È
invece ormai completamente discreditata la vecchia ipotesi della causa
vaccinale, che era stata erroneamente e frodatoriamente avanzata, in uno studio
poi ritrattato e basato sulla scorretta manipolazione di dati sperimentali, da
Andrew Wakefield; il quale, secondo il British Medical Journal, avrebbe preso
di nascosto dei soldi per asserire scorrettamente di aver trovato un'ipotetica
correlazione fra il disturbo e l'assunzione del vaccino trivalente (contro
morbillo, parotite e rosolia); quello studio, poi rivelatosi basato su dati
falsi e completamente manipolati, spinse ad avviare una serie di altri studi su
una più ampia popolazione, per comprendere se realmente esistesse una
correlazione o meno. Nessuno studio confermò i dati, che erano del tutto
errati, di Wakefield.
Ad
esempio, un noto studio condotto in tutti i bambini nati in Danimarca dal 1991
al 1998, cui venne iniettato il vaccino (a quasi mezzo milione di bambini) non
trovò alcuna differenza di incidenza dell'autismo con i bambini non vaccinati.
Quella non fu l'unica smentita di tale affermazione: nel corso del tempo si
sono avuti molti studi similari, anche pubblicati sulla stessa Lancet con
differenzazione di età e sesso, arrivando sino al 2008. Inoltre è stato anche
escluso il ruolo negativo del thimerosal Infine, l'ipotesi ha subìto
un'ulteriore forte smentita a opera d'uno studio giapponese, nel quale si è
evidenziato che, nonostante la sospensione completa di tale vaccinazione nel
1993, l'incidenza della patologia è continuata ad aumentare.
La
vicenda terminò con la ritrattazione di 10 dei 12 ricercatori che avevano
pubblicato la ricerca erronea del 1998.
Nel
maggio 2010, al termine delle indagini del General Medical Council inglese,
Wakefield è stato espulso dall'Albo dei Medici, per via del suo comportamento
"disonesto, fuorviante e irresponsabile", nel corso di "numerosi
gravi episodi di cattiva pratica professionale" legati alle sue scorrette
ricerche sull'autismo, e Lancet ha definitivamente ritrattato lo studio erroneo
che aveva pubblicato nel 1998.
Nel
gennaio 2011, il British Medical Journal ha pubblicato un'ampia inchiesta
sull'argomento, da cui emerge definitivamente il profilo frodatorio della falsa
ipotesi vaccinale, e di come alcuni protagonisti della vicenda abbiano preso di
nascosto del denaro per fare volutamente quelle false affermazioni, creando
così artificiosamente una frodatoria campagna di raccolta fondi a scopo di lucro
personale.
Trattamenti
Data
l'alta variabilità individuale, non esiste un unico intervento specifico che
sia valido per tutti allo stesso modo. Inoltre, raramente è possibile ottenere
la remissione totale dei sintomi. Per questo, sono molti e diversi i
trattamenti rivolti all'autismo. Le "Linee guida di intervento
sull'autismo" pubblicate dal National Research Council affermano:
-non
esiste un unico intervento che va bene per tutti i bambini autistici
-non
esiste un unico intervento che va bene per tutte le età
-non
esiste un unico intervento che può rispondere a tutte le molteplici esigenze
direttamente o indirettamente legate all'autismo
Per
contro, la continuità e la qualità del percorso terapeutico sono garantite
attraverso:
-il
coinvolgimento dei genitori in tutto il percorso
-la
scelta in itinere degli obiettivi intermedi da raggiungere e quindi degli
interventi da attivare (prospettiva diacronica)
-il
coordinamento, in ogni fase dello sviluppo, dei vari interventi individuati per
il conseguimento degli obiettivi (prospettiva sincronica)
-la
verifica delle strategie messe in atto all'interno di ciascun intervento.
Si
raccomanda un intervento precoce e intensivo, che tenga conto della necessità
di intervenire sul disturbo dell'intenzionalità del bambino. È importante
quindi lavorare precocemente non nel senso dell'addestramento comportamentale,
ma proprio dello sviluppo dell'intenzionalità motoria e comunicativa autonoma.
Le
persone con un importante disturbo della comunicazione, come nel DSA, nei
disturbi con gravi difficoltà recettive e anche nella disprassia verbale,
possono anche beneficiare, come suggerisce Rapin, di supporti cognitivi quali
le tavole di comunicazione, del linguaggio dei segni, dell'apprendimento del
linguaggio usando il computer, della lettura e di altri strumenti comunicativi.
Tali
supporti devono essere forniti precocemente, al fine di:
-aumentare
il livello dell'apprendimento del linguaggio
-sfruttare
al massimo il periodo utile per l'apprendimento del linguaggio del bambino
-minimizzare
le conseguenze comportamentali secondarie a un'inadeguata capacità di
comunicazione
-anticipare
le difficoltà potenziali successive con l'acquisizione del linguaggio scritto
L'impiego
mirato dei farmaci è volto alla riduzione o all'estinzione di alcuni
comportamenti problematici, o di disturbi clinici associati come l'epilessia e
i deficit di attenzione, col fine di evitare ulteriori aggravamenti clinici o
per migliorare la qualità della vita.
L'intervento
psicologico-clinico nell'autismo
In
numerosi paesi, psicologi e psicoterapeuti (prevalentemente a orientamento
cognitivo, ma anche sistemico o psicodinamico) sono coinvolti nell'intervento
clinico nelle situazioni di autismo, così come di altri tipi di disturbi dello
sviluppo: non tanto nel senso del vecchio tipo di intervento psicoanalitico
diretto solo al bambino, ma anche e soprattutto nelle forme di sostegno
psicoeducativo per il bambino, dell'aiuto alla famiglia per sostenerla e
diminuirne possibili aspetti disfunzionali, nella valutazione clinica del
disturbo e dei suoi correlati funzionali, oltre che nel lavoro di
collaborazione con educatori, riabilitatori e insegnanti per accompagnare
utilmente bambino e famiglia nella riabilitazione cognitiva e comunicativa, nel
supporto psicopedagogico, nell'intervento clinico sui problemi del
comportamento, e nel sostegno ai processi di sviluppo psicoaffettivo,
integrando una serie di interventi multidimensionali in quella che è una
situazione clinica complessa.
Tra
le tipologie di intervento psicologico più diffuse e potenzialmente efficaci
nella gestione clinica del disturbo e nella riduzione delle sue conseguenze
funzionali, vi sono le logiche Early Intensive Behavioural Intervention (EIBI),
la Applied Behavior Analysis (ABA), il metodo TEACCH, e gli approcci cosiddetti
"Eclettici". Recenti review hanno evidenziato tassi complessivi di
efficacia piuttosto simili tra i vari approcci; in ogni caso, le tipologie di
intervento clinico maggiormente utili sono solitamente di tipo intensivo,
dovrebbero essere avviate il più precocemente possibile, e necessitano di
essere proseguite per periodi di tempo piuttosto prolungati.