lunedì 20 settembre 2010

Schiavi del vuoto

Ne ho parlato, ne parlo, ne parlerò ancora sui miei spazi e laddove vengo ospitato: i valori della tradizione, della nostra storia, sono stati demoliti, demoliti a colpi di merce e consumo, demoliti per affievolirci come insieme di persone, per renderci semplici individui sfornati dallo stesso cliché, ma isolati, in sostanza, uno dall’altro.
 
Il sistema ci ha portato a credere che il passato ed il futuro siano nulli di importanza, che il gioco si svolga solo nel presente…che nulla valga quello che è venuto, che nulla sarà ciò che verrà, che tutto sia nell’oggi, un oggi da usa e getta, da “vado al massimo”.

Il sistema ci porta a credere che siamo uomini liberi, fruitori di una libertà mai vista prima e difficilmente replicabile.
Ma siamo poi così sicuri di questa libertà, quando siamo liberi solo di scegliere tra quanto ci viene imposto dall’alto, un alto molto alto, molto globale, molto lontano dall’uomo?

Loro se la sono giocata bene, convinti di non avere passato e di non dover lasciar niente, noi ce la giochiamo tutta nel cercar di avere il massimo frutto economico dalle nostre azioni, in modo di potercelo spendere tutto in infinite dosi di quella droga che si chiama consumismo, una droga che ci renderà di certo la vita più agevole, ma che ci rende disponibili a calpestare chi incrocia la nostra via, ma anche disposti a dare calci nel sedere a chi non riesce a reggere il gioco.

Qualcuno si oppone a questo concetto, se si tratta di un individuo viene isolato e tacciato di follia, se si tratta di popoli esistono le invasioni militari o quelle democraticamente culturali.

Ogni giorno la società viene modificata, un colpetto dietro l’altro, ogni giorno diviene sempre più plasmata ad un unico modo di vivibilità: il loro.
Ci crediamo liberi di scegliere tra un auto od un’altra, tra un microprocessore od un altro, tra una T-shirt ed altra…certo, cambieranno il colore o la forma, ma hanno una peculiarità, nascono tutte dal sistema consumistico…compreremo un colore o una forma diversa da quella acquistata dal nostro vicino, ma non riusciremo a fare a meno di acquistare, anche l’inutile.

Ci hanno convinto di tutto questo attraverso i media, ci fanno credere che tra una TV e l’altra ce ne sia una più o l’altra meno democratica, che questo quotidiano sia dei cattivi e l’altro buoni, poi andiamo ad indagare ed è il pensiero unico degli editori, sempre gli stessi, sempre la lobby, sempre il sistema.

Questa società però ha un limite, si è basata sull’economia consumistica e (dopo le alcune crisi economiche) sulla tecno-scienza informatica, ma ci hanno ormai venduto tutto e troppo in fretta,  oggi non ci possono vendere il massimo della producibilità, la vendita vacilla assieme all’economia di cartone delle banche, meno guadagniamo meno spendiamo più rischiano che ci arrabbiamo: in questa situazione chi dice no, chi, anche nel suo
piccolo, opera una scelta opposta a quella imposta, l’uomo, l’essere umano,quello veramente libero, forse riuscirà a ribaltare il sistema.


Giorgio Bargna

martedì 30 marzo 2010

Il vuoto a rendere ed i suoi nemici

Ne abbiamo già parlato in Troppe scatole ed in Vuoto a rendere …. torniamoci sopra ancora una volta che non fa di certo male…rileggete magari anche i due precedenti…buona lettura, Giorgio.

Trovavamo l’originale a questo link

Il vuoto a rendere e i suoi nemici.
In una famosa commedia di Jonesco intitolata “Amedeo o come sbarazzarsene”si racconta di una famiglia che, trovandosi in casa un cadavere, cerca disbarazzarsene buttandolo fuori dalla finestra. Sennonché, a mano a mano che cerca di spingerlo fuori dalla finestra, il volume del cadavere aumenta sempre più.

E'questa una metafora del problema che la nostra società consumistica,ribattezzata in modo incisivo da alcuni autorevoli ecologi (tra cui l'italiano Giorgio Nebbia) “società dei rifiuti”, si trova ad affrontare con l'aumento esponenziale dei rifiuti.

Dopo anni di dibattiti, di campagne per la raccolta differenziata, di proteste deicittadini per la riapertura di discariche o la costruzione di inceneritori, chesarebbero la più appropriata soluzione tecnica a detta di taluni esperti e politici, i rifiuti sono ancora un problema, ed anzi una vera e propria emergenza in molte regioni italiane.

Ogni anno in Italia produciamo circa 30 milioni di tonnellate di rifiuti solidi urbani. Stile di vita, precisi interessi commerciali, pressappochismo dei politici, di sinistra e di destra, impediscono un corretto approccio al problema, mentre il moltiplicarsi di imballaggi di ogni tipo, anche difficilmente riciclabili (come i poliaccoppiati, tetrapak in testa), ha portato, negli ultimi vent'anni, ad un raddoppio della produzione dei rifiuti. I soli imballaggi si avviano a costituire quasi il 50% del totale dei rifiuti. Non gravati da alcun disincentivo economico a carico di produttori e consumatori, i contenitori usa e getta hanno invaso gli scaffali di supermercati e negozi ed aggravato il sistema di raccolta e smaltimento dei Comuni. Il risultato è stato che produttori e distributori si sono alleggeriti dei costi di gestione del ritiro dei vuoti e allo stesso tempo hanno scaricato sulla collettività il costo economico ed ambientale degli imballaggi e dei vuoti a perdere, di fatto pagati due volte dal consumatore: all'atto dell'acquisto e dopo, come rifiuto, con la tassa di smaltimento.

Il cuore del problema non è come smaltire i rifiuti, è molto prima, è come viene progettato il prodotto. Se i produttori si preoccupano soltanto che il prodotto costi poco, sia leggero ed attraente per il consumatore, ma se ne fregano della fine che fa dopo l'uso, continueremo a rincorrere un problema che via via avrà dimensioni e difficoltà di soluzione sempre più grandi. Eppure, come scrive Giorgio Nebbia: “i rifiuti sono merci usate, costituite dagli stessi materiali e molecole che erano presenti nelle merci nuove e che, in via di principio, potrebbero essere riutilizzate quasi integralmente.” Non dobbiamo dimenticare che la responsabilità dell'immissione sul mercato di un prodotto e di un imballaggio è di chi lo produce e lo distribuisce, non certo della collettività e dell'ente locale che subisce l'invasione. 

E' proprio necessario, ad esempio, che un cioccolatino debba essere avvolto da una stagnola, adagiato in un contenitore di plastica, racchiuso in una scatola di cartone, e che questa sia a sua volta cellofanata? Non potrebbero tutti questi imballaggi essere sostituiti da uno solo? Non a caso nelle direttive europee,in particolare nella 94/62 recepita dal Decreto Ronchi, si fissa una graduatoria nei criteri di gestione dei rifiuti, che pone in primo luogo la riduzione degli imballaggi e dei rifiuti; mentre gli inceneritori sono posti in coda dopo il riuso, il riciclo e il recupero di materie prime e solo prima delle discariche!

Limitarsi a costruire inceneritori, come auspicato da alcune parti politiche, magari chiamandoli in modo tartufesco termovalorizzatori per utilizzare l'energia che producono, senza una seria e complessiva politica di riduzione e di recupero dei rifiuti, vuol dire che tra alcuni anni ci troveremo a dover costruire altre discariche e altri inceneritori. Questi ultimi, infatti, non fanno che spostare il problema: riducono la massa dei rifiuti, ma le ceneri residue - circa un terzo di quanto viene bruciato - abbisognano di discariche speciali ed i fumi,malgrado le più avanzate tecnologie, contengono sostanze nocive quali le diossine.

Pur non essendoci in questo campo bacchette magiche, ci sono tre proposte fondamentali per una società sostenibile elaborate dagli ambientalisti, che vanno prese in seria considerazione: il vuoto a rendere con cauzione per la riduzione a monte dei rifiuti; la raccolta differenziata dell'organico per avviarli al compostaggio; e la leva fiscale per orientare i consumatori verso comportamenti ecologicamente compatibili.

Esaminiamo in questa sede la prima proposta.

Come scrive Paolo Colli, già vicedirettore dell'ARPA Lazio e fondatore dell'associazione ambientalista Fare Verde, “il principio sembra perfino banale: se vuoi che una cosa non venga abbandonata, applica sulla sua restituzione un premio a chi la riconsegna e vedrai che quella cosa verrà restituita in percentuali altissime. Il vuoto a rendere su cauzione consente ritorni oltre il 90%, percentuale irraggiungibile per le raccolte differenziate italiane di plastica, alluminio o vetro” (Troppi nemici zero resa,in Gaia autunno 2004).

Il vuoto a rendere è un sistema che prevede una cauzione versata al momento dell'acquisto di una bevanda in contenitore. Tale cauzione è restituita nel momento in cui il contenitore viene ridato al venditore in modo che possa essere riutilizzato più volte senza diventare rifiuto. Il deposito cauzionale sul vuoto a rendere è il mezzo più efficace per il ritiro dei contenitori ed il ritorno al loro produttore, com'è dimostrato dai risultati eccellenti, con percentuali di resa dall'80 al 90%, raggiunti in altri paesi europei del Nord Europa, dalla Germania all'Olanda ai Paesi Scandinavi. Allo stesso tempo è un'efficiente misura di prevenzione per correggere comportamenti ecologicamente scorretti.

I contenitori usa e getta (plastica, tetrapak, alluminio) si sono imposti sul mercato grazie alla loro leggerezza. Ma questa leggerezza diventa un problema subito dopo il consumo: il contenitore usa e getta fa lievitare i costi della raccolta e dello smaltimento, in particolare per i materiali non biodegradabili, come la plastica e i poliaccoppiati. Al contrario i contenitori a rendere presentano notevoli vantaggi: 1) il contenitore non diventa rifiuto,quindi non grava sui costi di raccolta e smaltimento dei rifiuti e non va ad intasare discariche e ad alimentare inceneritori; 2) fa risparmiare le materie prime che sarebbero necessarie per produrre altri contenitori; 3) la sterilizzazione delle bottiglie a rendere richiede circa 60 volte meno energia rispetto alla produzione di nuove bottiglie; 4) garantisce un corretto comportamento del consumatore indotto dalla cauzione a restituire il vuoto con percentuali superiori a quelle che può offrire la raccolta differenziata.

Per quanto riguarda poi la leggerezza, che è l'argomentazione principale di chi si oppone al sistema del vuoto a rendere, va rilevato che il vuoto a rendere non è solo in vetro, ma anche in altri materiali: in Germania e in Olanda ad esempio la Coca Cola commercializza il suo prodotto in bottiglie sottoposte a cauzione in PET rigido che vengono riutilizzate tali e quali; e in Alto Adige le aziende di distribuzione del latte utilizzano bottiglie in policarbonato, che consente un riuso fino a 90 volte con una cauzione di 0,75 euro.

In Italia, le esperienze del vuoto a rendere sono sporadiche e confinate a poche aree geografiche non essendo previsto, a differenza di quanto avviene nella maggior parte dei paesi europei, un sistema a rendere.

Emblematico è il caso della birra: ”alcuni anni fa - scrive ancora Colli – il tentativo di introdurre in Italia il vuoto a rendere per i contenitori primari per birra - su cui erano d'accordo gli stessi produttori di birra - fu stoppato per le barricate subito alzate dalle lobbies della grande distribuzione e della plastica che con le loro pressioni sui parlamentari di tutti gli schieramenti fecero naufragare l'iniziativa al senato.”

Gli avversari principali del vuoto a rendere in Italia sono alcuni settori del commercio, in particolare la grande distribuzione, che vedrebbero aumentare i costi di gestione; e i produttori di contenitori in plastica, che dovrebbero modificare i propri prodotti. I beneficiari sarebbero la stragrande parte della popolazione, altri settori della produzione (vetro, policarbonato, PET rigido) e l'ambiente.

Che cosa suggerirebbe, dunque, l'interesse nazionale?


Sandro Marano

martedì 16 febbraio 2010

Vuoto a rendere

Il testo che seguiremo in seguito è stato tratto da www.terranauta.it  ed è datato 09/02/10.

Abbiamo già trattato di un argomento simile tempo fa su questo blog con il post Troppe scatole. A quel tempo, pur accennando in qualche maniera anche al tema ecologico, l’articolo andava più verso il tema economico; oggi qualche accenno in più a miglioramenti ambientali  lo troviamo. Questo comunque è l’intendimento mio: ridurre le spese all’acquisto  e l’impatto ambientale di fabbriche che producono “contenitori alimentari”, rifiuti e discariche o inceneritori o anche impianti di riciclo (che comunque hanno i loro costi ed i loro impatti ambientali). Buona lettura, Giorgio Bargna.

Al Senato la legge sul vuoto a rendere
Il disegno di legge sul vuoto a rendere arriva al Senato, dopo essere stato presentato alla Camera dei Deputati lo scorso Dicembre. Un passo importante per ridurre le enormi quantità di rifiuti che vengono prodotte ogni giorno in Italia.

Anche l'Italia si proietta verso un futuro ecosostenibile. La prova è l'avanzamento di un disegno di legge, quello sul vuoto a rendere, che dopo essere stato presentato alla Camera
dei Deputati lo scorso Dicembre, è approdato in questi giorni al Senato della Repubblica.

Un passo importante voluto da Francesco Ferrante - Senatore PD, membro della segreteria nazionale di Legambiente e Vicepresidente del Kyoto Club - che ha presentato il disegno ai colleghi Senatori sottolineando come: "Per ridurre le enormi di quantità di rifiuti che produciamo ogni giorno occorre reintrodurre in Italia la buona pratica del vuoto a rendere che la cultura dell'usa e getta ha spazzato via, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti.

Ferrante spiega inoltre che “non si tratterebbe semplicemente di un nostalgico ritorno al passato, perchè grazie al progetto strategico Vetro indietro e il coinvolgimento di Italgrob, Fipe-Confcommercio, Legambiente e le aziende leader nel settore della produzione di bevande si otterrebbero sostanziali benefici ambientali ed economici, con la riduzione della Tarsu e dell'iva"
"Negli Stati Uniti d'America, in circa dodici Stati - continua Ferrante - è in vigore
l'utilizzo del vecchio sistema, regolato dal 'Bottle Bill', che ha diminuito fino al
70 per cento i rifiuti di lattine, cartoni e vetro, mentre in Germania e nei
Paesi scandinavi il sistema del 'vuoto a rendere' è una prassi mai caduta in
disuso, che in Italia potrebbe essere reintrodotta mediante l'istituzione di vere e
proprie filiere di recupero degli imballaggi, la creazione di sistemi di cauzioni
più moderni, ma soprattutto l'incentivo, per i soggetti aderenti, di sgravi fiscali
sulla Tarsu e dilazioni di pagamento dell'IVA.”
“Nel nostro Paese la produzione dei rifiuti urbani continua ad aumentare di anno in anno. Occorre rimettere al centro delle politiche sui rifiuti la Riduzione, la prima delle 4 R della gerarchia europea per gestire correttamente i rifiuti, ma anche la più disattesa. Come previsto dalla nuova direttiva europea, entro il 2013 il nostro Paese deve adottare il suo Programma nazionale di prevenzione rifiuti che dovrà prevedere la diffusione delle buone pratiche locali e soprattutto azioni nazionali strutturali”.
“Il ritorno del vuoto a rendere, già al centro di una proposta di legge alla Camera degli on. Mazzocchi e Gava, va proprio in questa direzione, perché riciclare una bottiglia integra consente un risparmio energetico cinque volte superiore alla fusione del vetro
rottamato e permette di riutilizzare un contenitore più di cinquanta volte." "Il vuoto a rendere - conclude Ferrante - non è altro che l'uovo di Colombo per quelle imprese rispettose dell’ambiente che sanno cogliere l'opportunità di un 'risparmio collettivo', e per le nostre città sempre più assediate dai rifiuti."

Il disegno di legge è stato firmato e condiviso anche da altri Senatori, tra i
quali Amati, Antezza, Baio, Bruno, Bubbico, Carloni, Chiaromonte, Chiti, Della
Seta, Di Giovan Paolo, Donaggio, Magistrelli, Negri e Nerozzi.


La presentazione al Senato del disegno di legge sul vuoto a rendere rappresenta per il nostro Comitato una conferma dell'interesse e dell'utilità del progetto Vetro Indietro - spiega Giuseppe Cuzziol, presidente di Italgrob e del Comitato Vetro Indietro - un risultato che ci spinge a continuare con impegno nella sperimentazione sul campo e a mantenere attive tutte le attività e le proposte per un veloce ritorno alla pratica”.