venerdì 8 agosto 2025

IL PONTE SULLO STRETTO, SOPRATTUTTO UNA QUESTIONE DI BUONSENSO

 



La nostra posizione sulla costruzione del ponte sullo Stretto di Messina deve essere sicuramente una battaglia politica contro gli sprechi e i tagli al Nord ma anche il bisogno di dimostrare che il buonsenso sconsiglia a 360 gradi di portare avanti questo progetto.

Un progetto che viene propinato ciclicamente da decenni, che nemmeno lo strapotere del "Pentapartito" era riuscito a portare in opera ma che oggi rischia di essere realizzabile grazie a chi per anni ne è stato detrattore.

Evitiamo di vedere i "Pro", non credo proprio ne esistano, guardiamo i "Contro".

Intanto al momento sappiamo che i pochi assunti sono solo tecnici. Certo può essere normale all'inizio di un progetto, ma questo progetto ancora non ha raggiunto tutti i crismi necessari, gli stipendi di queste persone si.

Fossimo in Giappone, dove nemmeno si sognano una tale eresia, potrei fidarmi, ma qui stiamo parlando di costruire il più lungo ponte al mondo, che dovrebbe consentire il transito di mezzi gommati e treni ad alta velocità, resistere a terremoti, per quanto remoti, in grado di radere al suolo le città sulle due sponde. Sulla base di grottesche illazioni che ipotizzano una crescita delle zone interessate si vuole costruire, senza aver ancora illustrato un serio progetto esecutivo, un ponte strallato con una distanza di 3,3 km fra due pilastri di estremità. Definirla una sfida è semplicemente riduttivo. La Società Stretto di Messina e i committenti politici si stanno assumendo responsabilità enormi che non sono assolutamente ignote.

Fatte salve le critiche poste da esperti  di chiara fama quali Remo Calzona e Mario De Miranda sulle sicurezze strutturali, se andate ad indagare scoprirete che sono veramente rari i ponti strallati di grandi dimensioni su cui è ammesso il transito di treni. Oltre alle difficoltà tecniche derivanti dalle rotaie la spinta del vento potrebbe far oscillare pericolosamente l’impalcato, al punto che si prefigura uno stop al transito dei veicoli in caso di necessità. 

Aggiungiamo un peso, in caso di conflitti armati il ponte sarebbe un ovvio e facile bersaglio. 

Cerchiamo di essere obbiettivi, non è un ponte ciò che potrebbe determinare il decollo economico della Sicilia e della Calabria e dare concretezza a una città metropolitana dello Stretto. 

Poi volendo prendete le "Pagine Bianche" e telefonate agli abitanti di Villa S. Giovanni, vi confermeranno che nonostante stime gonfiate artificiosamente dai progettisti (il trend è negativo da decenni), il grado di saturazione dell’infrastruttura nelle ore di punta di un giorno medio non andrebbe oltre il 20%, ovvero la capacità dell’infrastruttura sarebbe ampiamente sovradimensionata e al di fuori di ogni logica tecnico-economica. 

Le merci viaggiano sempre più via mare e i siciliani preferiscono di gran lunga l’aereo, questo ve lo confermo per conoscenze personali.

Una volta realizzata l'opera dando per concesso che funzioni sicuramente il numero di personale in confronto allo spostamento marittimo porterebbe ad un calo di occupati in una zona già depressa di proprio.

Inoltre si è già discusso delle migliaia di famiglie che si vedrebbero espropriate le loro case, i loro terreni in territori vasti geograficamente rispetto al mero territorio interessato.

Alla fine di questa disquisizione poniamoci un quesito: quali reali interessi si celano dietro un progetto scadente, rischioso, costosissimo, che produrrebbe assai più danni che benefici? Poniamocelo pensando che in questo caso è lo Stato che dovrebbe pagare una penale  all’impresa di costruzione nel caso in cui l’opera non venga realizzata, quando invece è prassi che siano le imprese ad essere sottoposte a penali per la mancata o errata realizzazione dell’opera.

Giorgio Bargna, Patto per il Nord Como



giovedì 7 agosto 2025

VOLONTARIATO, COMUNITA', MILITANZA

 



Il preambolo che poi però è relativamente collegato al contesto di cui parleremo dimostra semplicemente che sono appassionato di numeri, numeri che si trasformano in parole, parole che servono a creare fatti.

Statistica ISTAT:

Nel 2023 il 9,1% della popolazione di 15 anni e più, ha svolto attività di volontariato in forma organizzata e/o con aiuti diretti, con forti differenze territoriali e generazionali. Raddoppiano rispetto al 2013 i volontari attivi sui due fronti: circa un milione di volontari combinano entrambe le modalità.

Aumentano i volontari organizzati nei settori ricreativo e culturale, assistenza sociale e protezione civile e ambiente; calano in quelli religioso, sportivo e sanitario. Diminuiscono quanti offrono aiuto diretto a persone conosciute, mentre aumentano quelli che, con questa stessa modalità, si dedicano a collettività, ambiente e territorio.

Tra le motivazioni dell’attività di volontariato sono più spesso menzionati gli ideali condivisi e il bene comune nel volontariato organizzato, le emergenze e l’assistenza a persone in difficoltà nell’aiuto diretto. Pur con un trend in diminuzione, osservato anche nel tempo medio complessivo dedicato a queste attività (da 19 a 18 ore nelle quattro settimane), l’impegno volontario si conferma come pilastro della coesione sociale.

La partecipazione presenta un chiaro divario territoriale: nel Nord l’8,2% partecipa ad attività promosse da organizzazioni e il 6,0% offre aiuti diretti; il Nord-est è l’area più attiva (9,1% e 6,2%). Seguono il Centro (5,8% e 4,9%) e il Mezzogiorno (3,6% e 3,4%).

Nel 2023 il volontariato è una pratica diffusa soprattutto nella popolazione adulta: i tassi più alti interessano le persone di 45-64 anni (7,2% per l’organizzato e 5,9% per il diretto) e le persone di 65 anni e più (6,2% e 5,5%). I giovani (15-24 anni) prediligono le forme organizzate (5,3%) rispetto all’aiuto diretto (2,9%), mentre tra le persone di 25-44 anni le due modalità si equivalgono (4,8% e 4,9%).

Nel decennio 2013-2023 il calo ha riguardato soprattutto le generazioni più giovani.

Questi sono i dati, ora trasformiamo i numeri in parole:

Una cosa piacerà a pochi ma è evidente, il Nord prevale, prevalgono ovviamente le forme di volontariato organizzato. Le tematiche sono quelle che la vita quotidiana più colpiscono. Spiccano assistenza sociale, la protezione civile e l'ambiente, cala il settore sportivo, mondo che ormai risulta spesso, se non sporco, comunque, legato al profitto e alla poca lealtà. Cala anche l'ambito religioso, manca alla lista ciò che forse non è considerato volontariato, ma militanza, la politica.

Dalle parole ai fatti:

Il viaggio non è breve e neppure scontato. Notiamo che le persone si impegnano di più sui temi che fanno paura, per vissuto e per quanto i media ci raccontano e sull'assistenza ai bisognosi; al nord, per quanto si racconti, non si è mai negato un aiuto a nessuno, senza farlo notare al mondo intero.

Manca oggi però la militanza politica, le persone non la seguono più, non si fidano più, non ci mettono più impegno, non ci mettono più la faccia, nemmeno vanno più a votare. I giovani nemmeno ne vogliono sapere.

La missione:

Tocca a noi, che non solo ci consideriamo duri e puri, ma lo siamo, tracciare un percorso fatto di identità e appartenenza, di temi concreti, di onestà intellettuale e pratica, riportare le persone, soprattutto i giovani all'impegno politico, all'amore per la propria terra, alla propria comunità.

"Patto per il Nord" non deve essere solo un movimento politico, deve essere anche e soprattutto un movimento culturale che aggreghi oggi chi, ieri, è stato atomizzato dalle scelte politico-sociali.

Tocca a noi essere un esempio credibile per ricostruire un territorio, una comunità, un identità a cui credere.

Giorgio Bargna, Patto per il Nord Como