domenica 17 giugno 2018

Tecnocrazia, Neoliberismo, Immigrazione


Da qualche tempo a questa parte, l’Europa, l’Italia in particolare, ha imparato a conoscere, metabolizzare e convivere il fenomeno dell’immigrazione di massa. Quintalate di persone ammassate su fatiscenti barconi che salpano il mar Mediterraneo. Alcuni di loro non rivedranno mai più la terraferma, altri sbarcano di frodo soprattutto sulle coste italiane, alcuni vengono raggiunti e accuditi dalle imbarcazioni delle ONG, le quali traghettano i migranti sulle coste settentrionali.

È la descrizione del penultimo passaggio di un processo che inizia in Paesi lontani, ma che è regolato dai meccanismi finanziari che indirizzano l’economia globale.

Quel debito creato ad arte dai “padroni del vapore”, l’austerity ( leggi tagli alla spesa pubblica ) che ne consegue e la concausa socioeconomica che porta ad una crescita della popolazione non sostenibile per le risorse disponibili sono quasi sicuramente le cause scatenanti dell’immigrazione di massa nonché della globalizzazione della povertà. Sottolineiamo queste ultime quattro parole.

Anche i paesi africani hanno assaggiato le politiche ultraliberiste occidentali attraverso i piani di aggiustamento imposti dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Centrale, che come ben sappiamo in Italia, attraverso il Patto di Stabilità, vengono imposti quali condizioni per la concessione di prestiti.

In soldoni come si legge, si traduce, il piano di aggiustamento?
Lo abbiamo vissuto sulla nostra pelle da italiani: privatizzazioni, tagli alla spesa pubblica, liberalizzazioni. Delle belle ricette economiche “formato famiglia” che hanno innescato le bombe della disuguaglianza, della povertà e dell’emigrazione.

Anche l’Occidente ha saggiato, quale soluzione per affrontare la crisi economica recente, questo genere di politiche. Una base di preparazione per un piano che si attuerà concretamente anche attraverso l’emigrazione incontrollata delle vittime africane del neoliberismo, una globalizzazione della povertà che non risparmia nessuno e che è linfa vitale della finanza speculatrice internazionale.

In questi anni la migrazione ormai è ben rodata, il flusso è molto gradito a chi fa circolare denaro. Il continente nero sovraffollato esporta “peones” verso territori che sono stretti nella morsa della denatalità e dell’invecchiamento della popolazione. Due piccioni con una fava: i Paesi africani si liberano della popolazione eccedente, l’Occidente aggira ogni forma di welfare, di sostenibilità economica del cittadino, evita accuratamente di attuare politiche del lavoro e di tutela delle famiglie.

Abbiamo, io sicuramente, già intuito tutti (quantomeno chi si informa ) che le economie emergenti ci stanno spezzando le reni; l’arrivo di manipoli di diseredati disposti a tutto per una paga, abbassa notevolmente il costo del lavoro; avrebbe detto Karl Marx : “un esercito industriale di riserva”. Moltitudini di persone pronte ad accontentarsi di retribuzioni da fame e di cattive condizioni lavorative. Aggiunti a una disoccupazione che tocca sempre almeno quota 11% anche chi è italiano rimane disposto ad accettare stipendi sempre più bassi; si struttura così una concorrenza tanto sleale da far scendere sempre più retribuzioni e tutele.

Non gioca un ruolo da poco, nella politica neoliberista, nella Tecnocrazia, un azione denominabile “depoliticizzazione” secondo la quale ogni stato cede sovranità ad organi sovranazionali. Di conseguenza si genera una schizofrenia socioeconomica per cui non si investe più per risanare l’economia reale, quella delle imprese che producono beni e servizi, ma si alimenta il drago invisibile dell’economia virtuale, quella dei mercati, dei flussi di denaro che si muovono dietro lo schermo di un pc.

Giorgio Bargna