Da qualche tempo a questa parte, l’Europa, l’Italia in
particolare, ha imparato a conoscere, metabolizzare e convivere il fenomeno
dell’immigrazione di massa. Quintalate di persone ammassate su fatiscenti
barconi che salpano il mar Mediterraneo. Alcuni di loro non rivedranno mai più
la terraferma, altri sbarcano di frodo soprattutto sulle coste italiane, alcuni
vengono raggiunti e accuditi dalle imbarcazioni delle ONG, le quali traghettano
i migranti sulle coste settentrionali.
È la descrizione del penultimo passaggio di un processo che
inizia in Paesi lontani, ma che è regolato dai meccanismi finanziari che
indirizzano l’economia globale.
Quel debito creato ad arte dai “padroni del vapore”,
l’austerity ( leggi tagli alla spesa pubblica ) che ne consegue e la concausa
socioeconomica che porta ad una crescita della popolazione non sostenibile per
le risorse disponibili sono quasi sicuramente le cause scatenanti
dell’immigrazione di massa nonché della globalizzazione della povertà. Sottolineiamo
queste ultime quattro parole.
Anche i paesi africani hanno assaggiato le politiche
ultraliberiste occidentali attraverso i piani di aggiustamento imposti dal
Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Centrale, che come ben sappiamo in
Italia, attraverso il Patto di Stabilità, vengono imposti quali condizioni per
la concessione di prestiti.
In soldoni come si legge, si traduce, il piano di
aggiustamento?
Lo abbiamo vissuto sulla nostra pelle da italiani: privatizzazioni,
tagli alla spesa pubblica, liberalizzazioni. Delle belle ricette economiche
“formato famiglia” che hanno innescato le bombe della disuguaglianza, della
povertà e dell’emigrazione.
Anche l’Occidente ha saggiato, quale soluzione per affrontare
la crisi economica recente, questo genere di politiche. Una base di
preparazione per un piano che si attuerà concretamente anche attraverso l’emigrazione
incontrollata delle vittime africane del neoliberismo, una globalizzazione
della povertà che non risparmia nessuno e che è linfa vitale della finanza
speculatrice internazionale.
In questi anni la migrazione ormai è ben rodata, il flusso è
molto gradito a chi fa circolare denaro. Il continente nero sovraffollato
esporta “peones” verso territori che sono stretti nella morsa della denatalità
e dell’invecchiamento della popolazione. Due piccioni con una fava: i Paesi
africani si liberano della popolazione eccedente, l’Occidente aggira ogni forma
di welfare, di sostenibilità economica del cittadino, evita accuratamente di
attuare politiche del lavoro e di tutela delle famiglie.
Abbiamo, io sicuramente, già intuito tutti (quantomeno chi si
informa ) che le economie emergenti ci stanno spezzando le reni; l’arrivo di
manipoli di diseredati disposti a tutto per una paga, abbassa notevolmente il
costo del lavoro; avrebbe detto Karl Marx : “un esercito industriale di
riserva”. Moltitudini di persone pronte ad accontentarsi di retribuzioni da
fame e di cattive condizioni lavorative. Aggiunti a una disoccupazione che
tocca sempre almeno quota 11% anche chi è italiano rimane disposto ad accettare
stipendi sempre più bassi; si struttura così una concorrenza tanto sleale da
far scendere sempre più retribuzioni e tutele.
Non gioca un ruolo da poco, nella politica neoliberista, nella
Tecnocrazia, un azione denominabile “depoliticizzazione” secondo la quale ogni
stato cede sovranità ad organi sovranazionali. Di conseguenza si genera una
schizofrenia socioeconomica per cui non si investe più per risanare l’economia
reale, quella delle imprese che producono beni e servizi, ma si alimenta il
drago invisibile dell’economia virtuale, quella dei mercati, dei flussi di
denaro che si muovono dietro lo schermo di un pc.
Giorgio Bargna