mercoledì 24 ottobre 2012

Federalismo e sostenibilità

Non sono certo un filosofo, neppure uno studioso, cerco semplicemente di vedere il mondo dalla mia angolatura a tratti anarchica, a tratti autonomista, a tratti comunitaria. Nell’insieme della mia visione non posso esimermi dal trattare temi quali possono essere l’autogoverno, il rapporto reciproco tra partecipazione e progettualità sociale, governo anticentralista fenomeno proprio del municipalismo e del federalismo municipale. Analizziamo l’angolazione del federalismo municipale, del suo significato strategico nella possibilità di governare dal basso il paese nel contesto della geografia politica e sociale di un amministrazione decentrata, descrivendone soprattutto dei comuni e delle loro reti.

Mettiamo in chiaro, filosofi o no che possiamo essere, il programma di governo locale non può essere il prodotto da un istituzione centralista che risiede in un luogo “extraterritoriale”.

Il cantiere, la fucina, esiste già nei territori, e viene prodotto da una sinergia che incorpora quella relazione tra istituzioni locali e società civile che produce quel programma vivente incarnato dai cittadini, dalle istituzioni locali, sperimentato già in percorsi partecipativi ed istituzionali di base, nell’autogoverno dal basso.

In anni recenti, anni simboleggiati dal “federalismo della devolution”, dal potere dei governatori accompagnato dal “premierato forte”, disegno della destra italiana, profondamente neocentralista, statalista e autoritario abbiamo assistito ad alcune esperienze vive, di possibile governo dal basso, nei territori; prove valide di Federalismo dal Basso abilmente contrastate dal centralismo.

Gli anni sopra descritti rappresentavano, rappresentano, esattamente l’antitesi dell’ipotesi di un autogoverno locale, composto in reti di scala più ampia e di cooperazione solidale tra aree regionali ed interlocali nel paese. Non ci si può che votare ad una opzione di autogoverno che è espressa in modo rigoroso nel federalismo a base municipale, che è nel “dna” delle nostra storia.

Quanto al sistema centralista, legato a doppio filo con economia e finanza, dia fastidio una opzione localista lo intuiamo sia dalla sistematica azione di demolizione delle autonomie comunali che il governo centrale mette in atto, sia per la sottrazione di risorse che per l’erosione dello spazio di gestione del territorio e di servizi in relazione diretta con la società.

Ed i comuni si ritrovano catapultati nel cuore dell’attacco.

Vivendo di fatto in una nazione dove il federalismo non è praticabile per legislazione necessita porre le basi del federalismo attraverso le linee guida di un municipalismo cooperativo sviluppato tra amministrazioni comunali non suddite ma anzi incarnazione di azioni e strumenti di cooperazione e co-pianificazione inserite in una catena di reti interlocali ed arricchite da una relazione partecipativa con le società insediate: il federalismo municipale, l’autogoverno locale, che viaggia di pari passo con il tema del welfare “municipale” e della difesa e valorizzazione dei beni pubblici (che ne sono una delle espressioni fondamentali).

Contro quant0 appena descritto l’autoritarismo neo-liberista del governo centrale si attiva quotidianamente nel tentativo di distruggere l’autonomia comunale proprio per costruire la base della privatizzazione dei beni pubblici e della aziendalizzazione e commercializzazione dei servizi.

Si sono intesi, in questi anni, i servizi da offrire ai cittadini/contribuenti quale mercato dove inserire i propri amici, spesso su vasta scala, anche regionale, mentre i comuni e le loro reti territoriali venivano spesso espropriati delle possibilità gestionali, decisionali; in sostanza declassati a “passacarte burocratici”, privati di capacità di mediazione, programmazione, progettazione. Il mercato trionfa ed il servizio diventa insostenibile in quanto selettivo e costosissimo.

Se intendiamo riaffermare il carattere pubblico di beni e servizi e della loro effettiva fruizione sociale quale bene comune appare sempre più chiaro che vi è una sola basilare garanzia e si tratta della fondazione della disponibilità dei beni e dei servizi nello spazio pubblico, della relazione tra istituzione di base e società insediata, ove la relazione non è mercantile ma fondata sulla cittadinanza. Chi fruisce un servizio e un bene condiviso non è un cliente ma un cittadino ed un abitante, che assume corresponsabilità appunto nello spazio pubblico, civile.
Necessita senza ombra di dubbio alcuna una gestione “civico/municipale” del ruolo di progettazione, definizione e gestione del servizio e della valorizzazione dei beni comuni.

Il municipio ha l’obbligo, anzi mi correggo il diritto, di essere in campo, così come le reti di municipi, verso una incidenza nelle politiche strategiche di welfare di area vasta (supportate dal ruolo di provincia e regione), ma sempre a partire dalla relazione locale società / istituzione.
Si può inoltre sostenere che welfare municipale e produzione pubblica di servizi non possono non avere fondamento su un controllo, o meglio, una “sovranità” sui beni pubblici (aria, acqua, cicli delle materie prime e seconde e dell’energia) e sul bene pubblico primario che li comprende, il territorio.
Attraverso l’attuale implosione del sistema capitalistico si evidenzia sempre più pressante negli ultimi anni quella crisi economica che ha radici ormai decennali, a questo punto occorre trovare una via assolutamente alternativa, antitetica.

La sovranità e la responsabilità di territorio sono il fondamento della possibilità di un “altro sviluppo”, che produca un riattivazione del ciclo di riproduzione del valore territoriale. L’autogoverno in rete, in sostanza il federalismo municipale, si esprime infatti, strutturalmente, nella attivazione del patrimonio locale, dei caratteri distintivi propri dei territori e delle società insediate e propone la formazione di ricchezza durevole che esprime le “chance” dei territori, differenziati, fondata sui capitali sociali e sulle qualità proprie dei luoghi, su risorse locali.

La responsabilità di territorio si esprime prima di tutto evitando processi di espropriazione e di svendita di suolo e contestualmente attivando economie di valorizziamone del patrimonio territoriale.

Le diverse vie alla trasformazione qualitativa sono la base dell’autogoverno e della sovranità e le reti (inter)locali sono il terreno fertile di “scambio equo tra associati.

Nel manifestarsi della crisi dello sviluppo industriale e della produzione quantitativa e omologata appare sempre più chiaro che il futuro delle economie si può concretizzare solo attraverso la produzione di qualità differenziata nei diversi territori e culture, caratterizzata localmente, distinta per luogo di origine.

Potrà essere solo questa la risposta efficace posta di fronte al mercato internazionale invasivo della produzione omologata a basso costo ed a bassa qualità, un opzione che può riprodurre a scala mondiale, una rete di scambio delle diversità e delle qualità differenziate per culture e caratteri locali.


Giorgio Bargna