lunedì 25 marzo 2024

Il vuoto a rendere

 


Manca poco ormai alla campagna elettorale amministrativa.

Lo scenario questa volta è radicalmente modificato.

Unica certezza rimasta sono le scaramucce tra gli alleati di centrodestra, che però sembrano avere trovato una quadra.

A sinistra è stato tirato fuori l'asso nella manica, Antonio Pagani, persona che stimo moltissimo.

Poi c'è il vuoto lasciato da Lavori in Corso e Cantù Rugiada.

Poi sulla scena manca un personaggio istrionico, qualcuno che buchi il video, il carisma fatto persona.

Sta nascendo un movimento che potrebbe riempire lo spazio lasciato da LiC e CR.

Mancherà, per sua scelta personale, sullo scacchiere quel personaggio carismatico che avrebbe potuto fare ancora una volta la differenza.

Si sentirà la sua mancanza, la accetto, ma sarà fondamentale.

Saluto con tutto il cuore la persona che in alcuni momenti si è dimostrato un vero amico, di quelli che vedi raramente ma non ti negano mai una mano...

venerdì 26 gennaio 2024

Azionariato popolare per il cambiamento

 

Quando si cerca di mettere in pratica una nuova idea politica attraverso un nuovo movimento non riconosciuto dalla partitocrazia le difficoltà sono molteplici. Alcune vengono poste in essere da chi le innovazioni non le gradisce, altre sono puramente strutturali, altre ancora interne di varia natura.

Proveremo oggi a parlare di alcune di queste circostanze.

La prima è partorita dalla partitocrazia e si chiama burocrazia, è un arma non letale, ma che comunque costringe continuamente a variazioni di sistema. Ricordo che qualche anno fa partecipando alle elezioni regionali come candidato in un movimento politico, alternativo ma già ben strutturato, pur avendo come parte attiva persone che avevano lavorato al Ministero degli Interni, ogni giorno era una battaglia per affrontare nuovi ostacoli.

 Una seconda difficoltà viene creata dagli arrivisti, categoria che possiamo suddividere in queste tipologie: gli sciacalli, chi vuole utilizzare la politica per interessi economici o per vanità, i figli di buona donna interessati al potere.

Lo sciacallo generalmente è un nullafacente con poche idee, si aggrega finchè la barca va, poi sparisce e denigra.

Chi è interessato al potere in se stesso, che sia persona facoltosa o meno, è un soggetto pericoloso, tramerà sempre alle spalle pronto alla scalata al successo sia dentro che fuori il movimento politico.

Chi entra in un movimento per vanità o per affari è invece persona che inizialmente risulta utile; porta idee, lavora sodo, se è facoltoso porta denaro (parleremo poi di questo aspetto). Se il movimento risulta vincente nel tempo a seguire si comporterà esattamente come l'affamato di potere, se il movimento resta sconfitto sparirà velocemente ed alla prossima tornata elettorale probabilmente lo vedremo indossare un’altra casacca.

 Una terza difficoltà è quella organizzativa. Un movimento richiede la gestione quotidiana di idee, contatti interni ed esterni, presenza sul territorio, in campagne elettorali azioni di proselitismo oppure di fatica (ad esempio attacchinaggio o distribuzione di materiale pubblicitario). e' sempre difficile trovare sia persone che abbiano le capacità di gestire la vita quotidiana di un movimento sia persone che fisicamente abbiano voglia di rivoltare le maniche e sporcarsi le mani.

 Una quarta, immensa, difficoltà è l'aspetto economico. Al contrario dei movimenti storici un partito o una lista civica che nascono ex novo non hanno a disposizione fondi maturati dalla presenza storica nello scenario politico.. La politica costa parecchio, in gestione quotidiana (sede, spese generali, siti, mantenersi informata), in presenza sul territorio (banchetti e gazebo, materiale da stampare e diffondere), in campagne elettorali (pubblicità sui media, manifesti e santini vari, grafici etc, etc, etc).

Molte volte i fondi vengono messi a disposizione dai partecipanti facoltosi di cui sopra (con tutte le controindicazioni del caso), alle volte o in aggiunta tramite collette interne, altre grazie alla generosità esterna di chi crede nell'idea proposta. Vi assicuro che si tratta anche a livello locale di cifre spesso ingenti.

 Come superare tutte queste difficoltà'. Non è semplice.

Alcune non si possono escludere, non si può precludere a nessuno che abbia la fedina penale pulita, anche se arrivisti, sciacalli, egocentrici e figli di buona donna spesso sono difficili da gestire.

L'aspetto economico anche esso pone dei limiti, è difficile rinunciare al denaro messo a disposizione da pochi singoli elementi, siano essi interni od esterni al movimento, purtroppo "c'è sete di denaro" per necessità, non per avidità.

Ciò che potrebbe aiutare, che io proporrò ad ogni mia nuova partecipazione ad un movimento è "l'azionariato popolare per il cambiamento".

Un movimento politico è un’associazione a tutti gli effetti. Urge spiegare a chi crede che bisogna ribaltare il sistema che può essere il motore trainante del movimento pur non facendo politica attiva, ma essendo semplicemente socio economico. La presenza di molteplici soci è tra le altre cose una garanzia di democraticità interna sia a livello economico (mi sembra chiaro), che a livello politico, visto che gli organi di partito dovranno periodicamente asoggetarsi al giudizio dell'Assemblea dei Soci Azionari.

Forse è un idea peregrina, forse una piccola grande peculiarità.

Giorgio Bargna

 


giovedì 25 gennaio 2024

L'unica Autonomia di cui parlare è quella Fiscale

 

L'articolo è piuttosto lungo e magari anche noioso in alcuni tratti, ma vi invito a leggerlo tutto.

Cerco di spiegare perchè vivere in uno Stato organizzato su 20 Regioni a Statuto Speciale sia la soluzione ideale per il cittadino/contribuente. Sicuramente è meno appetibile per il sistema partitocratico e difficilmente ben accetto da alcune fasce di cittadini dipendenti statali, malgrado che anche per loro porterebbe ricchezza.

 Non vi è altra via per rendere sostenibile questa Nazione utilizzando metodi civili e non violenti, quindi invito ogni cittadino, ogni contribuente, ogni buon padre di famiglia, ogni imprenditore a perorare questa causa, non per ideologi, ma ormai per SOPRVVIVENZA!!!!

 Credo che tutti sappiamo cosa sia una Regione Autonoma a Statuto Speciale, ma nel proseguo ne analizzeremo le peculiarità.

Quello che forse non tutti sanno è che furono istituite per motivi geopolitici (più politici che geografici in realtà) tra il primissimo dopoguerra (Sardegna, Sicilia, Valle d'Aosta e Trentino Alto Adige) ed il 1963 (Friuli Venezia Giulia).

 Storicamente l'Italia era suddivisa in province, circondari, mandamenti e comuni.

Le province, in particolare, si configurarono come "sede di decentramento dell’amministrazione centrale", con a capo il prefetto, funzionario nominato dal governo con il compito di verificare la rispondenza degli atti provinciali e comunali alle leggi statali. Nel Regno d'Italia vi erano pertanto comuni e province (i mandamenti furono soppressi nel 1923, i circondari nel 1927), ma non esistevano ancora le regioni come enti territoriali (che nacquero solo con la Costituzione della Repubblica italiana del Secondo dopoguerra). Rimarchiamo il ruolo del Prefetto che ancora oggi ha la sua valenza.

 La figura del prefetto è tipica degli stati unitari, in particolare di quelli che hanno adottato un'organizzazione di tipo accentrato, operando come emanazione diretta del governo centrale nei confronti delle collettività locali; è inoltre responsabile del mantenimento dell'ordine pubblico e sovrintende alle forze di polizia.

Con l'entrata in vigore del Decreto Legislativo 30 luglio 1999, n.300, la Prefettura è stata trasformata in Ufficio Territoriale del Governo, mantenendo tutte le funzioni di competenza e assumendone delle nuove. E' il Prefetto, organo periferico dell'Amministrazione statale con competenza generale e funzioni di rappresentanza governativa a livello provinciale. La sua azione si esplica in ambiti molto vari e complessi: l’ambito socioeconomico; l’ambito della sicurezza (ordine e sicurezza pubblica; protezione civile; emergenze ambientali); l’ambito istituzionale, quale riferimento in periferia per gli altri uffici statali periferici, le autonomie locali e le altre istituzioni pubbliche e private.

Il Prefetto interviene in via preventiva e successiva in caso di situazioni di pericolo per l’ambiente e in genere di protezione civile. A lui è affidata l’attività di coordinamento delle varie forze, istituzionali e non, che intervengono in fase di soccorso, nei casi di calamità rilevanti.

Nei rapporti tra lo Stato e le autonomie locali il Prefetto riveste il ruolo di garante della continuità gestionale delle Amministrazioni locali ogni qualvolta vengano meno i candidati eletti dai cittadini, nonché quello di vigilanza delle funzioni svolte in relazione ai servizi di competenza statale (anagrafe, stato civile, servizi elettorali). Il Prefetto assicura il corretto svolgimento del procedimento elettorale e cura le procedure di scioglimento e sospensione dei consigli comunali, o di rimozione o sospensione degli amministratori. Nei confronti delle Amministrazioni locali svolge inoltre funzioni di raccordo e di collaborazione. Anche in realtà territoriali particolarmente vivaci ed efficienti, quali le province del NordEst, il Prefetto, nella sua veste di organo super partes, svolge unintensa attività di mediazione, riuscendo ad incanalare le molteplici iniziative e gli interventi programmati dagli enti locali verso un disegno unitario e coerente, a garanzia della coesione istituzionale e sociale e a tutela dei cittadini.

 Vi ho sicuramente annoiati sulle funzioni del Prefetto, ma credetemi gioca un ruolo spesso fondamentale, fu così anche durante il tentativo di far nascere la Regione autonoma Lombarda che con Claudio Bizzozero ed altri mettemmo in essere qualche anno fa seguendo un farraginoso quanto arduo percorso da scalare.

Nonostante la Costituzione del 1948 avesse previsto la presenza delle Regioni come enti territoriali politicamente ed economicamente autonomi ( su questo discuteremo), tuttavia le regioni a statuto ordinario furono istituite concretamente solo nel 1970. Lo Stato trasferiva con legge o atto equiparato alle Regioni le funzioni amministrative, anche se si trattava di un trasferimento parziale. Una prima svolta nella ripartizione delle funzioni si è avuta con la legge 59 del 1997, ossia la cosiddetta “legge Bassanini”, che prevedeva l'attribuzione delle funzioni amministrative alle Regioni anche per quanto riguarda la cura e la promozione dello sviluppo delle rispettive comunità e non solo per le materie in cui aveva competenza legislativa. Inoltre la legge Costituzionale nº 1 del 1999 ha modificato la forma di governo regionale, introducendo l'elezione popolare diretta del Presidente della Giunta.

La legge cost. nº 3/2001 ha modificato il titolo V, parte II, della Costituzione. Tale riforma ha profondamente mutato i rapporti tra Stato, Regioni ed Enti Locali, introducendo elementi di federalismo nell'ordinamento costituzionale. Un altro passo verso la maggiore autonomia delle Regioni si è avuto con la modifica dell'art. 117 Cost. Il testo precedente elencava le materie su cui le regioni avevano potestà legislativa (concorrente), riservando tutte le altre materie alla potestà legislativa dello Stato.

Oggi, ai sensi del riformato art. 118 Cost., l'attribuzione della generalità delle funzioni amministrative è riservata ai Comuni sulla base dei principi di: sussidiarietà (l'ente di livello superiore interviene solo quando l'amministrazione più vicina ai cittadini non possa da sola assolvere al compito), differenziazione (enti dello stesso livello possono avere competenze diverse) ed adeguatezza (le funzioni devono essere affidate ad enti che abbiano requisiti sufficienti di efficienza).

 Queste sono tutte belle azioni e parole volendo, ma non sono supportate dalla cosa più importante, quando si tratta di governare un ente locale: la volgare PECUNIA, senza la gestione diretta del denaro non si va lontano, anzi non si va da nessuna parte.

Parliamo dunque di autonomia finanziaria.

Le cinque Regioni a regime differenziato hanno sempre goduto di particolari privilegi di finanza regionale, nel 2000 la spesa media pro capite di un ente a Statuto speciale era praticamente il doppio di quella di un ente ad autonomia ordinaria (3257 euro contro 1852 euro). Le Regioni e Province ad autonomia speciale hanno sempre goduto della possibilità di istituire con legge tributi propri, possibilità prevista ma di fatto negata, prima della riforma del Titolo V, alle altre Regioni; inoltre la percentuale di compartecipazione ai tributi erariali era molto più alta di quella delle Regioni di diritto comune, oscillando tra il 5% ed il 100%. In Sicilia addirittura l'intero gettito dei tributi erariali spetta alla Regione, ed è lo Stato a compartecipare.

Mi piace parlare, come esempio da raggiungere, del Trentino Alto Adige

Si tratta di una regione a statuto speciale con una sua specifica particolarità. Le sue due province, la provincia autonoma di Trento e la provincia autonoma di Bolzano sono le uniche province italiane che godono di uno statuto di autonomia. Le due autonomie provinciali sono molto ampie e di fatto contano più della regione stessa: dallo Stato Italiano le due province autonome sono dunque considerate alla stregua di regioni. Inoltre il governo intrattiene rapporti separati con le due province: in regione infatti vi sono due Commissariati del Governo, uno a Bolzano per l'Alto Adige e uno a Trento per il Trentino.

 Alle province viene assegnata una serie di competenze legislative e amministrative, che si suddividono tra primarie e secondarie rispetto a quelle esercitate dallo Stato. Negli ambiti di competenza primaria le province possono promulgare leggi indipendentemente dalle normative nazionali:

Cultura, Apprendistato, Scuole materne, Sociale, Strade, Edilizia abitativa, Trasporti pubblici, Turismo, Artigianato, Commercio, Industria, Agricoltura, Protezione civile, Parchi naturali.

 Nei settori di competenza secondaria le province devono attenersi ai principi contenuti nelle leggi statali. In sostanza le norme provinciali possono regolare solamente i dettagli di alcune materie:

Scuole, Sanità, Sport.

Immigrazione, difesa, polizia, giustizia e finanze rimangono prerogative dello Stato.

 Ma quello che mi preme sottolineare è l'Autonomia Fiscale

Lo statuto speciale del Trentino-Alto Adige garantisce una particolare forma di autonomia alle due province autonome anche sotto il profilo fiscale. Le province trattengono per sé il 90% della maggior parte dei tributi dovuti dai contribuenti residenti per poter finanziare le numerose competenze legislative e amministrative che non vengono esercitate o finanziate dallo Stato (il sistema dell'istruzione, dalla scuola materna all'università, il settore sanitario e quello sociale, la gestione dell'intera rete delle strade statali e provinciali).

Grazie a questa forte autonomia fiscale, il Trentino-Alto Adige con circa un milione di abitanti dispone di un budget considerevole, considerando anche il fatto che la "fedeltà fiscale" è molto alta, per quanto riguarda il pagamento delle imposte gli abitanti del Trentino A.A. risultano spesso tra i più virtuosi.

Quindi l'indipendenza economica e la poca ingerenza centralista rendono questa landa uno tra i piu' felici, sviluppati e ricchi territori al mondo, dove non credo proprio si debba attendere una decina di mesi per una visita specialistica.

Questo modello è ciò che ogni Regione italiana dovrebbe essere. In questi giorni in cui si discute freneticamente sull'Autonomia Differenziata (solito pippone rifilato ai contribuenti) ancora da Sud e da sinistra piovono critiche, eppure la sinistra storicamente mi risulta autonomista ed il Sud, a lungo termine è chi più gioverebbe dei risultati dovuti alla creazione di 20 Regioni Autonome non dovendo più economicamente chinarsi allo Stato Centrale ed ai poteri economici ad esso associabili.

 

Giorgio Bargna


sabato 1 luglio 2023

Riflessioni su "L'appello ai Canturini", il valore ed il possibile sviluppo


 E’ rimbalzato alla cronaca politica delle ultime settimane l’ "Appello Politico a tutti i Canturini"  lanciato da 25 esponenti della “Società Civile” capitanati da Sergio Marelli e sottoscritto in seguito da altre numerose persone.

Essendo da tempi non sospetti sostenitore di pratiche inclusive e di democrazia diretta e partecipata, non mi sono potuto certo esimere da firmare questo appello, anche e perché negli scorsi anni, in compagnia di una persona, che so essere schiva e quindi non cito, ho riscritto quella parte di Statuto Comunale Canturino che riguarda questo argomento.

Sono pienamente d'accordo con i primi firmatari che questo accordo vada innanzitutto sottoscritto dal numero più alto possibile di cittadini, che poi vada illustrato ad ogni forza politica presente sul territorio; ma sono anche convinto che poi vada tradotto in un azione politica concreta da parte dei sottoscrittori .

Lasciare che rimanga un semplice Manifesto Politico sarebbe innanzitutto uno spreco, poi in seconda battuta verrebbe dimenticato dai media e dai cittadini ed ignorato volontariamente da ogni organizzazione politica che fa riferimento alla politica tradizionale.

Bisogna quindi agire e due sole sono le possibilità: la costituzione di un comitato che sfrutti ogni forma di democrazia diretta per entrare nel dibattito canturino, oppure creare un movimento politico che abbia come punto centrale del proprio programma tutto quello che è elencato nell'appello. 

Io sono decisamente per la seconda opzione. 

Però affinchè funzioni dovrà essere l'unione d'intenti da parte di gente di "buona volontà" che si svincola dai propri legami politici, non può essere la coalizione di più movimenti, ma deve essere la coalizione di più persone che credono in questo appello e nelle pratiche inclusive e nella Democrazia Diretta e Partecipata.

Da qui i miei due appelli.

Il primo ai Cittadini, firmate anche voi.

Il secondo agli aderenti tutti, trasformiamo questo pensiero in azione politica concreta, creiamo quella che potrei definire "Alleanza Democratica Canturina", doniamo linfa vitale per la nostra politica locale un pò dormiente.

Cito Walt Disney, "L'unico modo per iniziare a fare qualcosa è smettere parlare e iniziare a fare".

E' ora di fare, mettiamo da parte l'oratoria e vediamo di concretizzare questo splendido pensiero. 

Come sempre grazie per la pazienza, 

Giorgio Bargna



sabato 14 gennaio 2023

Luca Baj Rossi e Movimento Autonomista Lombardo

Da circa una decina di anni un gruppo di Autonomisti Comaschi, tra cui sempre presenti io, l'ex Sindaco di Cantu' Claudio Bizzozero e Luca Baj Rossi (di cui parleremo) è in cerca della via giusta per raggiungere l'obbiettivo minimo della costituzione della Regione Lombardia a Statuto Speciale.

Alcuni tentativi sono stati fatti attraverso nostre azioni dirette, altre volte ci siamo aggregati ad altre organizzazioni autonomiste; i risultati non sempre sono stati rosei ma questa volta credo che abbiamo raggiunto il punto massimo per poter sviluppare l'intento.

Il 15 Ottobre 2022 almeno 200 autonomisti, Lombardi, Veneti, Piemontesi, convocati da Gianni Fava si sono ritrovati a Biassono, da questo incontro è germogliato il progetto M.A.L. Movimento Autonomista Lombardo.

Chi è Gianni Fava, qualcuno di voi si chiederà. Si parla di colui che ha cercato di sbalzare dalla "cadrega" di Segretario della Lega un personaggio che si sciacqua la bocca con la parola Autonomia, ma che poi da Ministro avvalla leggi scellerate a favore solo del Sud, tipo il reddito di cittadinanza, stiamo parlando ovviamente di Salvini.

Il Movimento Autonomista Lombardo si propone di raggiungere l'obbiettivo Regione Autonoma presentandosi ad ogni livello di votazione elettorale. 

Non avendo avuto il tempo necessario per strutturarsi in queste Elezioni Regionali si presenta all'interno della "Lista Letizia Moratti Presidente". 

La scelta è basata su due punti:
Letizia Moratti è l'unico Candidato che parla chiaramente di Identità Lombarda e di Regione Autonoma da raggiungere.
Se alle prossime Elezioni Regionali almeno tre candidati del MAL verranno eletti sarà più semplice la strada delle nostre istanze.
Il gruppo di Como ha proposto come candidato Luca Baj Rossi.

Luca ha 30 anni , di professione è educatore presso "Cometa formazione" di Como e "la scuola a misura di bambino" di Cucciago. 
Tra le altre cose è Guida del parco Spina Verde e del castello Baradello ed  
ex presidente e attuale membro dell'associazione Per Como pulita, nonchè Consigliere di maggioranza del comune di Capiago Intimiano, 
MA SOPRATTUTTO UN FERVENTE AUTONOMISTA.

Volete un futuro migliore per la Vostra Terra, la Lombardia?
Allora sostenete chi è distante dai giochini dei Palazzi Romani e vicino al Popolo Lombardo e votate attraverso LISTA MORATTI, per il MOVIMENTO AUTONOMISTA LOMBARDO e quindi per 
LUCA BAJ ROSSI !!!!!!

lunedì 2 gennaio 2023

Divagazioni sul Presidenzialismo

 


Nei giorni scorsi a Premier Giorgia Meloni è tornata a parlare di Presidenzialismo.

Spesso questa forma di di rappresentanza viene vista come fumo negli occhi eppure secondo me se ben costruita ha i suoi vantaggi. Ovviamente ha bisogno di pesi e contrappesi e dovrebbe essere lo specchio dell'elezione di alcuni altri organi.

Eleggere direttamente un Presidente, dargli un esecutivo forte ha i suoi vantaggi a livello pratico. Un Governo che non debba superare emendamenti che giovano solo alla Partitocrazia è utile al bene comune.

Il sistema Statunitense, come quello Svizzero, hanno degli equilibri molto utili, ci si potrebbe ispirare ma non vincolare.

Vedrei bene un Parlamento eletto assolutamente su livello locale, perchè il primo contrappeso deve essere l'Autonomia assoluta delle Regioni o dei Territori anche diversamente disegnati.

Autonomia competitiva e che porti benificio sia al livello locale che a quello nazionale.

In ogni caso al Governo viene affidata la gestione degli affari correnti restando nei limiti legislativi che vengono invece scritti e corretti dal Parlamento, che potrebbe avere anche due Camere, ma che se ben costruito potrebbe limitarsi ad una, eventualmente sottoposta al controllo di una sorta di Corte del Cittadino, anche essa eletta direttamente dal Popolo.

Un Parlamento eletto come negli USA in anni non sincroni all'elezione presidenziale in modo di fare da termometro sul pensiero degli Elettori.

Ovviamente anche i Governi Regionali e i loro Parlamenti andrebbero eletti direttamente, cercando di limitare il più possibile la Partitocrazia e cercando di trovare modo affinchè nuove Associazioni Politiche possano affacciarsi sulla scena e facendo si che i Governatori così eletti abbiano un peso.

Un contrappeso essenziale è l'indipendenza del potere giudiziario, diretto da una Corte Suprema nominata in parte dal Presidente, in altra dal Popolo, non revocabile nel mandato e priva di remunerazione, solo un rimborso spese e buona "pubblicità" per chi esercita bene la propria funzione.

La Presidenza dovrebbe ovviamente avere il controllo delle forze dell'ordine, delle forze armate e dei servizi segreti, portando così un punto di vantaggio rispetto agli altri organi istituzionali, ma anche qui ci dovrebbe essere un contrappeso Federale sul modello Svizzero o Statunitense. 

Così come per l'istruzione ed i trasporti, soprattutto in un Paese come l'Italia dalle mille sfaccettature culturali ed economiche.

Così come sarebbero necessari gli appropriati strumenti di consultazione popolare diretta, dai Referendum fino alle Proposte del Cittadino.

Ovviamente da approffondire ma utile, Giorgio Bargna







domenica 6 novembre 2022

L'Europa dei Popoli quale rimedio ai danni della Globalizzazione


 Non potrò essere breve nel cercare di illustrare la necessità di un autonomia fiscale ed economica quale contrappeso alla fine (o comunque alla staticità) del sistema capitalistico.

In stretti termini economici il Capitalismo sarebbe un sistema supportato da Partite IVA e Codici Fiscali che possedendo mezzi produttivi genera un profitto attraverso la vendita diretta o indiretta ad acquirenti degli stessi. Questo genera l'economia di mercato, contrapposta allo Statalismo. 

Politicamente invece, si intende definire quegli ordinamenti statuali che pongono il "capitale" al centro della tutela costituzionale. Negli anni, nei secoli e nelle varie tesi se ne è data una molteplice definizione, ma sostanzialmente possiamo sicuramente affermare che si tratta del sistema economico in cui i beni capitali appartengono a privati individui; o perlomeno questo è quanto ci hanno venduto e ci stanno "vendendo".

Sostenitori e detrattori, nell'epoca attuale vivono volenti o nolenti il capitalismo e, credo, sia intuibile per tutti che esso sia il  continuo tentativo di migliorare le proprie condizioni di vita  a discapito di altri soggetti o di altre comunità. Non è cattiveria del genere umano, ma il naturale sviluppo di questo sistema sociopolitico/culturale, il quale, tra l'altro ha portato alla nascita di un altro fenomeno, la Globalizzazione, il fenomeno creato grazie all'intensificazione degli scambi economico-commerciali e degli investimenti internazionali su scala mondiale che, come "effetti collaterali", ha generato interdipendenze sociali, culturali, politiche, tecnologiche e sanitarie i cui effetti positivi e negativi andrebbero ben analizzati.

Tra quelli positivi potremmo allocare  la velocità delle comunicazioni e della circolazione di informazioni, l'opportunità di crescita economica per nazioni a lungo rimaste ai margini dello sviluppo economico mondiale. Tra i negativi lo sfruttamento, il degrado ambientale, il rischio dell'aumento delle disparità sociali, la perdita delle identità locali, l'aumento del potere di aziende economiche multinazionali a discapito delle sovranità nazionali e dell'autonomia delle economie locali. E questi ultimi aspetti politici interessano noi autonomisti.

A livello economico istituzioni quale la Banca Mondiale, la BCE, i Governi Occidentali ritengono che la globalizzazione abbia portato ad una maggiore crescita a livello globale, migliorando l'economia e le condizioni sociali dei paesi in via di sviluppo; molte organizzazioni non governative invece asseriscono che la globalizzazione sia legata ad un aumento delle disuguaglianze mondiali e, in alcuni casi, della povertà. Forse hanno ragione entrambe le fazioni, oppure entrambe potrebbero avere preso abbagli.

Io personalmente ritengo (e credo debba essere così per ogni autonomista che si rispetti) che si riscontri nella globalizzazione la diminuzione dell’autorità dello Stato-nazione, l'aumento del divario tra ricchi e poveri tra nazioni e dentro ogni nazione, la frammentazione culturale, l'assenza di confine (creando spaesamento), l'aumento di conflitti tra culture diverse e dei fondamentalismi. 

Sicuramente abbiamo vissuto un "americanizzazione", una sorta monocultura umana. Questo processo ha distrutto le identità culturali, dominate da una cultura consumistica, omologata e occidentalizzata. 

Fatto questo sunto, politicamente parlando, il capitalismo e soprattutto la globalizzazione oltre a minare la stabilità mondiale ha distrutto il "locale" ed ogni sua forma identitaria, sia economica che sociale.

Economicamente invece questa struttura, sorretta da fonti energetiche, per le quali quotidianamente si combattono guerre, fatica a stare in piedi ultimamente e questo influisce sulle economie degli stati nazionali, i quali si trovano sempre più poveri venendo a mancare ogni giorno di più il gettito fiscale a causa delle difficoltà riscontrate proprio da quelle partite IVA e codici fiscali citati all'inizio. Lo Stato pensa ovviamente prima a sostenere il proprio apparato e quindi ai territori locali e ai cittadini sono riservate solo le briciole accompagnate quotidianamente da nuovi balzelli.

L'autonomia locale ovviamente non è l'unica soluzione per svincolarsi dai danni che subiamo noi cittadini, ma è una buona contrapposizione che da nord a sud dovrebbe essere attuata, ma nord e sud d'Europa, quell'Europa dei Popoli che ridarebbe speranza e fiducia ai suoi abitanti.

Giorgio Bargna

lunedì 25 aprile 2022

Il vero 25 Aprile degli Ucraini

Mi duole molto vedere associata la lotta al Nazismo con la guerra in atto in Ucraina.

Ovviamente ci sono nefandezze in corso, come in ogni guerra, Putin non nè un santo, come non lo è Volodymyr Zelens'kyj, ma da qui a rincorrere il nazismo c'è un mondo in mezzo.

La liberazione del popolo ucraino è di tutt'altra fattura, il nazismo di cui sono vittime si chiama politica economica internazionale, gli attori sono la Russia, la Nato in rappresentanza dei Governi occidentali, l'Unione Europea, la Cina (pur restando apparentemente in disparte), la parte ucraina rappresentata da Zelens'kyj, il quale si permette di dettare lui stesso gli interventi che l'Occidente dovrebbe fare in favore dell'Ucraina in questo momento.

Approfondiamo, quella che si sta giocando sulle spalle dell'Ucraina è una partita molto più ampia che riguarda le relazioni tra Mosca e l'Occidente, in particolare gli Stati Uniti. 

Traggo spunto da qui .

L'Ucraina storicamente, sia nel tempo dell'Impero che in quello della Repubblica, è stata "russa" e ha ottenuto l'indipendenza nel 1991 in seguito alla dissoluzione dell'Urss, e non ha caso Vladimir Putin ha sottolineato spesso l'unità storica tra Russia e Ucraina. Ma non è certo questa la causa del conflitto in corso.

Intanto cosa non vorrebbe Putin.


Che l'Ucraina entri a far parte della Nato, nell'Alleanza Atlantica dove dopo il 1997, hanno aderito Lettonia, Lituania, Estonia, Polonia, Romania e Bulgaria. 

Sia l'Ucraina che la Georgia, due Stati ex sovietici, ottennero nel 2008 l'impegno formale che un giorno sarebbero entrati nel club. Ed entrambi i Paesi hanno cominciato a virare sempre più verso l'Occidente, sia dal punto di vista politico che da quello economico.

Noi tendiamo a condannare la Russia per alcune sue ingerenze, ma bisogna riconoscere che anche il "Mondo Occidentale"non è estraneo a questa pratica, ingerenze sicuramente più all'acqua di rose, le abbiamo viste in Ucraina, Georgia, Kirghizistan, Azerbaigian, Bielorussia e Mongolia. Che abbia ragione o torto, Mosca non può permettersi che eventi come quelli accadano ancora.

Poi ovviamente c'è la questione del gas. Mosca e Washington puntano entrambi ad aumentare o almeno mantenere le loro fette di mercato in Ue. Storicamente la Russia mandava i suo gas in Europa attraverso proprio l'Ucraina, pagando alte commissioni di transito a Kiev, e in maniera minore da Bielorussia e Polonia, ma il futuro è ovviamente il Nord Stream, che adesso potrebbe presto inaugurare anche una seconda conduttura. La Russia fornisce tra il 40% e il 50% del consumo di gas in Europa, circa 200 miliardi di metri cubi. Nord Stream 1 ha una capacità di 55 miliardi di metri cubi e quando il 2 verrà finalmente completato questa capacità raddoppierà. Ma anche gli Usa che ci vendono il loro Gas naturale liquefatto, che arriva su navi attraverso speciali terminali presenti in tutti gli Stati membri con accesso al mare. Le importazioni di Gnl dagli Stati Uniti sono aumentate notevolmente dalla prima spedizione avvenuta nell'aprile 2016. I dati mostrano che nel 2021 queste esportazioni hanno registrato il volume più alto, raggiungendo oltre 22 miliardi di metri cubi, con un valore stimato di 12 miliardi di euro. Non è un caso che Washington sia tanto contraria al gasdotto della Gazprom.

Un resoconto, invece, della parte pratica degli albori della guerra lo lascio qui, traendo spunto da un articolo pubblicato qui

La guerra in Ucraina non è scoppiata il 24 febbraio 2022, ma il 20 febbraio 2014, quando la guarnigione russa della base di Sebastopoli è uscita dalle caserme ed è entrata in territorio ucraino in Crimea. 

Di fatto nessun altro Stato ha riconosciuto l'annessione, ma tutti hanno tollerato e lasciato che fosse, anche perchè la Russia è membro del Cosiglio di Sicurezza dell'ONU e perchè in fondo in fondo Putin faceva comodo a molti, poco conta che questo conflitto creò morti e profughi.

Un paio di mesi iniziò l’insurrezione nel Donbass che fu quantomeno sostenuta dai russi e per questo la narrazione ufficiale ucraina parla di “invasione” più che di un’insurrezione spontanea. Fu un successo parziale, fallì in sei delle otto regioni in cui scoppiò. Solo Donetsk e Lugansk rimasero nelle mani dei separatisti che, l’11 maggio 2014, proclamarono l’indipendenza a seguito di un altro referendum effettuato dalle autorità separatiste senza la presenza di osservatori internazionali riconosciuti. Nella prima fase della guerra del Donbass, che ebbe il culmine fra il giugno e l’agosto del 2014, l’esercito ucraino e i battaglioni di volontari al suo fianco presero lentamente il sopravvento, riconquistando il porto di Mariupol, le città di Sloviansk, Kramatorsk e Debaltseve, arrivando fino alla periferia di Shakhtarsk, sulla strada che collega Donetsk a Lugansk. Dopo una serie di offensive e controffensive la situazione si stabilizzò in settembre, con la riconquista di circa il 50% del territorio degli oblast di Lugansk e Donetsk. La battaglia vera e propria si concluse con gli accordi di Minsk, con la mediazione dell’Osce e la partecipazione diretta di Germania e Francia, il 5 settembre. Fra i 12 punti dell’accordo si stabiliva il riconoscimento dell’integrità territoriale dell’Ucraina in cambio di uno statuto speciale per Lugansk e Donetsk, previo il ritiro delle truppe al di là di una fascia di sicurezza, il tutto monitorato da osservatori dell’Osce. L’accordo saltò in novembre, quando i separatisti, ulteriormente rafforzatisi, sferrarono un nuovo attacco.

In questa ultima fase del conflitto, fra il settembre 2014 e il febbraio 2015, i separatisti assediarono i regolari ucraini nell’aeroporto Sergej Prokofiev di Donetsk e puntarono alla riconquista di Debaltseve, per appiattire il suo saliente e mettere in sicurezza le due capitali del Donbass. L’aeroporto cadde in mani separatiste (e russe) solo il 21 gennaio 2015, dopo quasi quattro mesi di assedio. Entro la prima settimana di febbraio, i separatisti riconquistarono anche Debaltseve ponendo fine a questa fase della controffensiva. L’11 febbraio vennero raggiunti i secondi accordi di Minsk (Minsk 2) che riproponevano lo stesso formato.

I mesi dall’aprile del 2014 al febbraio del 2015 hanno lasciato cicatrici indelebili e creato miti. Una guerra compiuta da milizie irregolari, in un periodo di disfacimento dell’esercito regolare è un ambiente sicuro per criminali. I russi denunciano i bombardamenti indiscriminati, oltre a massacri del Battaglione Azov, formato da volontari di estrema destra non solo ucraini. Gli ucraini denunciano la tortura e l’uccisione di prigionieri da parte dei separatisti, il ritrovamento di fosse comuni piene di corpi dei civili trucidati, i crimini commessi dai volontari ceceni e russi. La guerra ha anche creato miti guerrieri, come la resistenza dell’aeroporto di Donetsk, difeso dai “cyborg” ucraini, tuttora esempio per i militari ucraini che stanno combattendo contro i russi.

Finita la battaglia, comunque, non è mai finita la guerra. L’Ucraina non accettò mai la riforma costituzionale che avrebbe garantito lo statuto speciale alle due nuove repubbliche autoproclamate, perché i separatisti non si sono mai ritirati e i russi non hanno mai ammesso la presenza di loro truppe sul terreno. Dopo l’11 febbraio, il conflitto è stato “congelato”: nessuna operazione militare, ma sporadiche azioni con armi leggere. In alcuni casi, sono entrate in azione anche le artiglierie. Mai si è raggiunta di nuovo la violenza del conflitto del 2014-15. Le repubbliche di Donetsk e Lugansk, governate dai separatisti, sono diventate dei buchi neri della storia d’Europa, come i casi analoghi di Transnistria, Abkhazia e Ossezia, repubbliche riconosciute dalla sola Russia.

Il costo umano di questa guerra invisibile è immenso. Gli ucraini dichiarato 4.641 caduti fra i propri militari, i separatisti dichiarano 5.772 caduti fra i loro miliziani. I civili uccisi sono 3.393 secondo l’Alto Commissariato per i diritti umani delle Nazioni Unite. I profughi del Donbass fuggiti in Russia sono 800mila. Gli sfollati interni in Ucraina circa un milione. Fonti russe parlano di decine di migliaia di vittime civile ed ora, a giustificazione per l’invasione dell’Ucraina, parlano di “genocidio” in Donbass. Tuttavia non è chiaro come mai, per otto anni, la Russia, che è membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, non abbia mai accusato il governo ucraino di genocidio e non abbia chiesto, quantomeno, di aprire un’indagine o di inviare una forza di pace.


venerdì 31 dicembre 2021

E' ora del "Piano B"

 


Parto da un piccolo inciso, segno dei tempi che riguarda solo in parte il tema del post; i miei articoli di politica (esclusi quelli "tecnici") hanno sempre avuto almeno 200 visualizzazioni, malgrado chi leggesse spesso fosse in disaccordo.Da quando sono una voce fuori dal coro in tema Covid siamo a una media di 20 visualizzazioni... a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca...


Però la verità alla fine viene a galla, i fatti non mentono.

Io sono diventato fervente critico delle mosse governative da subito, ma questo è essenzialmente un pensiero politico, poi viene la scienza, che non mente, se non viene strumentalizzata.

La maggior parte di noi purtroppo guarda solo il TG a tavola o legge i giornali che vivono di sovvenzioni statali, altri come me cercano anche tra le pieghe delle notizie e scovano notizie di questo tipo questa oppure questa.

Dicevamo scienza e la scienza la ritengo identificata con l'Istituto Superiore di Sanità (che è leggittimo immaginare porti un pò di acqua al governo, quindi i dati potrebbero essere più clamorosi) smentisce le quotidiane affermazioni di Premier e Ministri. Di quella categoria che circa un anno fa proclamava che dopo la vaccinazione (parliamo di prima dose) del 70% della popolazione vaccinabile si sarebbe raggiunta l'immunità di gregge; i dati odierni, a seconda dose completata, li smentiscono spudoratamente.


Fu uno dei video più equilibrati visti su youtube (ovviamente oscurato) a portarmi ad essere più che scettico sui vaccini. Una signora, medico, non esortava a non vaccinarsi, ma spiegava i motivi scientifici che la portavano a decidere di non vaccinarsi. 

Due principali e fondamentali.

Il primo: i vaccini sono basati sul primo virus cinese e quindi superati ed inutili. Le varianti hanno confermato questa tesi.

Il secondo: la quantità di test era elevata, ma i tempi troppo stretti per poter intuire quali controindicazioni si potessero scatenare.

La signora era convinta che comunque molte patologie latenti si sarebbero potute scatenare a causa del vaccino, non ricordo purtroppo quali.

Da sempre sostengo che sarebbe stato meglio investire sulle cure. Una delle risposte sentita più volte era che che la cura costa molto.
Beh, anche la crisi economica susseguente al Covid ci costerà parecchio e quello che il contribuente non ha speso per la ricerca sulle cure lo spenderà in aumento di costi dei servizi e delle energie, per non parlare delle attività lavorative distrutte nel frattempo, che nessun "Recovery" potrà mai sanare.

Parlo di scelte sbagliate (a livello globale, non solo nazionale) senza voler accusare di scelte deliberate, però è chiaro che gli aumenti del costo della vita, le restrizioni sulle libertà, le morti che continuano copiosamente, attività che chiudono e saranno boccone appetitoso per le Mafie, siano pane appetitoso per i complottisti.

Mi auguro davvero un cambio di rotta da parte dei Governi, spinto magari ogni giorno di più, dai Popoli che finalmente prendano coscienza del fatto che finora il "Piano A" non ha funzionato.

Giorgio Bargna

domenica 19 dicembre 2021

Andare oltre le posizioni

Non è certo una novità che gli argomenti politici e di dominio pubblico creino campanilismi, da sempre ad esempio esistono violenti estremismi di destra e sinistra e campanilismi da bar; ma oggi, da un paio di decenni in realtà, la situazione è peggiorata.

Gran parte della colpa è da addossare alla TV ed ai media in generale, social network compresi.

Una sferzata violenta avvenne ad esempio in politica quando si iniziò a lasciar passare la politica urlata in TV negli anni in cui la Lega Nord cercava visibilità, avvenne nello sport quando trasmissioni come il "Processo del lunedì", inizialmente una novità positiva, si trasformarono in corride subito messe in onda anche dalle televisioni private.

Così anche oggi, davanti "all'emergenza Covid", ogni giorno di più, sale l'estremizzazione dei dialoghi.

Cosa vedo io come cittadino che cerca di farsi un opinione?

Vedo che siamo di fronte a un ondata di influenza molto più infettiva in confronto alla normalità.

Vedo, stando ai dati delle cartelle esaminate, che il Covid in se stesso uccide non di più delle altre epidemie influenzali (che sono annuali), ma riesce ad uccidere più facilmente i soggetti deboli (se prendiamo per vere e verificate le "morti con Covid" che ci vengono esposte.

Vedo misure di contenimento spesso in contraddizione l'una con l'altra, persone confuse, persone insicure, persone che cercano di capire, "estremisti a prescindere" che trovano campo libero, persone che si affidano alle decisioni di scala mondiale, vuoi per mancata voglia di ragionare, vuoi per pura fiducia nella "scienza".

Vedo, ho visto, vedrò, la politica, le istituzioni affrontare il Covid seguendo i dettami della "scienza e della medicina" che suggeriscono restrizioni di massa e vaccinazioni a tutto spiano.

Cosa vorrei vedere o cosa considero?

Considero sbagliata la scelta della vaccinazione diffusa (non perchè io sia contro i vaccini, li ho fatti tutti e tutti li ho fatti fare a mio figlio) perché per quanto sperimentata su larga massa e basata sui vaccini Sars precedenti non c'è stato il tempo di testarne gli effetti sul lungo tempo.

Avrei preferito che fossero al limite vaccinati e costretti a forme di restrizione i "soggetti deboli", che si fosse sviluppata di più la ricerca sulle cure.

Abbiamo visto scelte veramente basate sull'ebetismo, tipo i banchi a rotelle (questa spesa era meglio investirla sulla ricerca). Abbiamo vissuto restrizioni (che posso aver concepito solo durante il primo lockdown, quando non sapevamo cosa stessimo affrontando) che ancora oggi stanno dilaniando l'economia uccidendo migliaia di attività ed il potere d'acquisto di ognuno di noi.

Vedo e non vorrei vedere le istituzioni cercare di imporre senza obbligo greenpass e vaccini, anche se ultimamente vediamo proclamare i primi obblighi per categoria.

Ho visto, vedo persone non convinte di queste politiche doversi assoggettare per non perdere il posto di lavoro a tamponi, ma soprattutto al vaccino (perchè non si dice ad alta voce, ma alcune aziende non gradiscono i tamponi).

Ho visto e vedo persone buggerate, convinte a vaccinarsi credendo fosse necessario il greenpass per andare in vacanza, vedo scelte incoerenti che vietano feste di piazza a Capodanno, ma ti lasciano libero di essere in 60.000 allo stadio, uno seduto a fianco l'altro.

Torniamo però all'argomento iniziale; cancellare estremizzazione e differenze di pensiero.

Quindi prendo per buone le indicazioni della "scienza" fatte proprie dalla "politica" e lancio la mia idea ai governanti.

Anziché imporre,  convincere gli indecisi ed i contrari.

Come?

A livello economico dimostrando di avere fatto la scelta migliore.

A livello medico su due fronti.

Innanzitutto dimostrando (loro, i politici e i governanti) di essersi vaccinati ed eseguendo periodicamente analisi che dimostrino che non hanno avuto effetti collaterali.

Poi eseguendo, a campione, autopsie su persone vaccinate, decedute per qualsiasi causa, anche con la partecipazione di esponenti "no vax", in modo tale da dimostrare anche così l'assenza di effetti collaterali.

Solo così si potranno convincere gli scettici ed eventualmente vaccinare tutti, anche perché davanti al 100% dei vaccinati poi c'è solo la verità assoluta.