Sto parlando del motivo per cui
gli italiani non dico si ribellino, ma almeno non si indignino della situazione
politico sociale del Paese.
Esistono, va specificato, varie
forme di ribellione; non sono per forza le armi a cambiare la storia di un
Paese.
Proviamo, elementarmente e per
sommi capi, a dare una spiegazione a perché la “gente” non si ribella
considerato che possiamo dire di aver capito, almeno in linea generale, cosa
“lorsignori” stanno facendo, ed il perché.
Si potrebbe pensare che
probabilmente la gente sta bene o quantomeno non stia ancora nella palta col
sedere, che le condizioni non siano ancora peggiorate davvero. Lo si pensa col
contrappeso che si scatta nel momento in cui si sta davvero male, quando arriva
la fame. Però, negli anni a cavallo tra il ’60 ed il ’70 scorsi, si intravidero
lotte dure condotte da classi sociali che certo non erano ricche, ma che
nemmeno subivano la povertà nel vero senso della parola.
Si potrebbe anche affermare
che manchino i gruppi dirigenti. In parte è vero che manchino dei veri capopopolo
carismatici, ma solo in parte, visto che comunque vanno radicandosi sui
territori vari movimenti alternativi. La storia comunque insegna che capopopolo
e gruppi dirigenti si materializzano solo dopo che la scintilla è scoccata.
Si potrebbe anche affermare
che la gente è corrotta, come dico spesso io, che in Italia vige una cultura
mafiosa dilagante e latente. E’ abbastanza lampante che corruzione, illegalità,
concussione siano dilaganti anche nelle fila dei ceti subalterni, i quali
oramai non insorgono più in contrasto a quel raccapricciante spettacolo offerto
dai ceti dominanti. Quel panorama viene oramai considerato lecito, normale;
molti considerano che messi al punto giusto farebbero altrettanto.
Ma io conosco ancora molta, ma
molta, gente per bene che pensa esattamente il contrario.
Qualcuno afferma anche che la
gente è stupida e non capisce certi argomenti da considerare difficili. Ma
sarebbe come dire che la gente (il popolo, i padri di famiglia, i caporeparto
e/o ufficio, i quadri dirigenti etc..) non capisca dei propri interessi, di
come questi siano messi a rischio in base alle mosse degli attuali stati dirigenti.
Non mi sembra di ricordare poi che i contadini cinesi o i francesi in rivolta
fossero una congrega di esperti in politica o economia.
E poi, sinceramente, come si
misura la stupidità? Su quali canoni? Affermiamo che la stragrande maggioranza
della popolazione, quindi praticamente la totalità di quanti hanno da
rimetterci dagli attuali andamenti sociali ed economiche (casalinghe e operai,
pensionati e professori universitari, scrittori e droghieri) sia diventata
stupida nella sua totalità?
Mi rifiuto. Quantomeno mi
rifiuto di pensare che si tratti di stupidità allo stato naturale.
Abbiamo messo in campo varie
ipotesi, valide, ma contestabili; ve ne sono, a mio avviso, altre, sempre
contestabili ma relativamente recenti di costituzione, delle variabili aggiunte
che assemblate a quanto precedentemente esposto probabilmente danno una sorta
di risposta, anche se non certa, al nostro interrogativo.
Siamo, recentemente, diventati
tutti individualisti; è lampante che l'ideologia neoliberista è penetrata
talmente in profondità nelle nostre menti che ormai (ossimoro) collettivamente tutti
ci comportiamo da homo oeconomicus calcolando freddamente i nostri
interessi materiali senza l’influenza di ideologie e valori comuni.
Recentemente è venuta meno l'idea
di una società alternativa, l’annientamento delle ideologie contrastanti ha
trascinato con sé ogni tipo di rivolta popolare. Il capitalismo, la
mercificazione, l’industrializzazione, il consumismo illimitato vengono intesi come
l'unica realtà possibile e quanto
accade ai ceti popolari
risulta ai più nulla altro che una catastrofe naturale rispetto alla quale la
ribellione non ha senso.
Di fatto sono stati annichiliti
i legami comunitari, ci hanno tramutato in individui isolati, che in quanto
tali non riescono a lottare.
Anche se non inossidabile una
risposta da tutti questi concetti amalgamati ci arriva, ma forse occorrerebbe
rivolgersi per ottenere una risposta più attendibile, oltre che alla politica,
anche ad altre sfere quali magari filosofia, antropologia, psicologia.
Di certo non aspettiamoci che
i “lorsignori” citati ad inizio riflessione ci spingano a trovare una risposta
a perché siamo diventati un branco di pecore condotte da pastori e cani da
gregge.
Giorgio Bargna