Viviamo in tempi in
cui si vivono e subiscono crisi di valori primari, davanti alla mancanza di
opposizione a questa situazione è probabilmente giunta l’ora in cui le dottrine
devono lasciare il posto all’istinto.
Chi si riconosce in
un pensiero atto a costruire qualcosa di moralmente più alto non può che
votarsi a questo, posti davanti ad un disordine distruttivo viene lecito
predisporsi ad un disordine costruttivo; Nietzsche insegna che da un nichilismo
subdolo e perverso l’uomo, alla fine, alimenta un singolo che tende a diventare
padrone di sé.
Difficile, anche se
esistono, nel contemporaneo incontrare comunità coese e saldate da principi
legati al bene comune; più numerosi e rintracciabili sono i singoli ribelli che
con difficoltà però intrecciano legami tra loro. Questo non vieta che nel
percorso di questa post-modernità, all’interno della crisi delle comunità, del
coesistere, nella
pressione della
solitudine di massa, possano nascere reazioni, movimenti di segno avverso, tali
da convogliare singoli dissidenti e i ribelli verso gemiti di ribellione morale,
quella situazione di fatto che storicamente precede la rivolta e la rivoluzione
vera e propria.
L’Anarca, ne parlavo
in un certo senso ne “Il Ribelle”,
non può essere considerato esattamente un oppositore, esso è più una mina
vagante inserita all’interno della società in cui vive e vigila, non è precisamente
il nemico di uno, qualcuno o nessuno; ogni presa di posizione gli è estranea.
L’anarchico non si
aspetta nulla da quanto la politica e la deviazione della società concepiscono,
rimane indifferente a quanto lo circonda, non si lascia assolutamente pressare
dagli eventi e mentre la massa viene trascinata, esso avvalendosi della propria
forza, sopravvive, macina futuro.
All’interno di una società
che considera minata, l’Anarca vive in correlazione ad una sola funzione: alimentare
la volontà umana.
L’anarchico di
questa epoca è (deve esserlo) in allerta, vigile, è il soggetto che risveglia i
dormienti; è colui che da uno spiraglio riesce a germogliare i podromi di un futuro.
Chi “comanda la
baracca” oggi spinge verso l’autodistruzione, annullatrice di ogni eredità
proveniente dal passato e abolisce lo sviluppo di ogni disegno teso verso il
futuro; potrebbe esser un mezzo alimentare la follia autodistruttiva,
acutizzarla, spingere verso l’autodistruzione del progressismo.
Di questi tempi non
stiamo ormai più filosofeggiando di questo e dell’altro, siamo dinanzi ormai
alla lotta per la sopravvivenza e alla ricerca, sanatoria, della capacità di
rinascita di un modo di convivenza fra simili fondato, sull’appartenenza che è
unico per definizione.
Giorgio Bargna
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