Verso la fine dell’estate 2007, nel
comasco, alcuni esponenti di “Lavori in Corso” ed altri cittadini non schierati
politicamente in altri gruppi cercavano di far nascere un movimento politico
provinciale che si basasse su tre fondamenti principali: Autonomia,
Responsabilità, Partecipazione.
Il progetto non decollò mai
definitivamente, per varie vicissitudini, anche dopo un secondo tentativo messo
in essere circa tre anni dopo. Ci demmo ai tempi il compito di disegnare un percorso
politico, io produssi questo documento, che ancora oggi amo moltissimo.
Grazie a chi avrà il coraggio di
leggersi il tutto.
PREMESSA:chiameremo,in forma del tutto momentanea,il
soggetto in questione:partito INIZIATIVA
POPOLARE.
Stara' all'Organo
Costituente stabilirne il nome, la forma, l'indirizzo politico; questa e' solo
l'esposizione di alcuni miei concetti in merito.
Consentitemi alcune
citazioni
“Si
parla sempre di diritti dello Stato come fossero sovrani e superiori a
qualunque altro diritto,mentre la verità è che prima viene l’uomo e
poi lo Stato”.
Alcide
De Gasperi
“La
vera scienza della società deve fondare quella sola unità che è compatibile con
la conservazione delle distinzioni”.
Carlo Cattaneo
"E'
mia impressione che il sistema cerchi di congelare anche l’aspirazione
federalista, perché il federalismo è uguale all’autonomia e l’autonomia è
uguale alla cultura locale e la cultura locale produce indisponibilità
all’omologazione dei popoli."
Umberto Bossi
Prefazione
Il “Partito Lavori in Corso”
Con i cambiamenti avvenuti
nelle ultime stagioni, gloriose organizzazioni partitiche tradizionali sono
fisiologicamente sparite, perché la loro funzione storica era terminata.
Purtroppo, un sistema partitico adeguato ai
nuovi obiettivi stenta a decollare. Per dare risposte politiche adeguate in
un'economia "online", le strutture partitiche devono essere
ultraefficienti, perché
questa efficienza devono trasmetterla anche alle istituzioni. La burocrazia
pubblica deve essere al servizio di cittadini ed imprese per aiutare a vivere e
produrre meglio.
Oggi servono partiti ed
istituzioni che rispondano agli elettori sul piano della produttività politica.
I vecchi partiti aggregavano
su basi valoriali comuni. Un partito moderno deve aggregare, esclusivamente,
sui programmi. Insomma, lo strumento partito serve per creare precisi programmi
politici, farli approvare dagli aderenti, realizzarli se vince l'elezioni.
L'aggregazione sui valori deve
avvenire non più in ambito partitico ma nella società civile attraverso
naturali processi d'aggregazione in associazioni, sindacati, gruppi religiosi e
ideologici, imprese. Saranno gli aderenti a queste diverse forme d'aggregazione
che modelleranno i programmi partitici attraverso il loro voto diretto. Partiti
che non seguissero le indicazioni dei loro sostenitori sparirebbero rapidamente
oppure non governerebbero mai. Per avere sistemi istituzionali efficienti è
necessario entrare in questo ordine d'idee.
Oggi, chi vuol dar voce a
determinati valori crei subito uno specifico partito,una specifica lista
civica,un progetto politico insomma,poi domani sarà sufficiente aggregarsi,
concorrere alla costruzione dei programmi politici ed esprimere propri
candidati alle competizioni elettorali.
Bisogna sempre ricordare che i
cittadini partecipano alla politica solo se verificano di poter migliorare la
società sentendosi coinvolti nelle scelte.
LINCO fonda le sue radici
sulla dignità della persona umana, sui principi di sussidiarietà, solidarietà,
laicità della politica,pluralismo democratico. Pensiamo che ogni azione
politica debba portare sempre concreti, nuovi, positivi miglioramenti nella
vita dei cittadini. Un approccio politico diverso non è accettabile, ne
socialmente, ne moralmente.
Nostro obiettivo principale è
sviluppare ed elaborare idee nuove da proporre alla politica. Servono idee
sempre nuove per migliorare concretamente la qualità della vita d'un quartiere,
d'una provincia, d'un popolo. Le nuove idee servono perché le risorse
economiche sono ogni giorno sempre piu' limitate. Ci vogliono idee innovative
perché, se esistono ancora problemi sociali, significa che le strategie attuate ad oggi non sono state
sufficientemente efficaci nel risolverli.
Rifiutiamo aprioristiche ed
inutili contrapposizioni partitiche. Per aiutare le persone a risolvere i
problemi bisogna andare sul concreto. Noi seguiamo la disciplina delle idee non
quella del partito. Un'idea è buona in se stessa, se la sua realizzazione
migliora la vita della gente. Ad un'idea si puo' solo controbattere con
un'altra idea,migliore.
Giorgio Bargna (testo personale)
Il progetto
INIZIATIVA POPOLARE nasce nei primi anni del nuovo secolo ed è
proiettata verso il futuro. La sua sfida è quella di dare vita a una nuova
organizzazione della politica in Italia, a una nuova visione culturale e civile
della democrazia e della libertà, a programmi e obiettivi capaci di aggregare
vasti settori della società italiana dopo una lunga crisi della partecipazione
politica.
L’aspirazione da parte dei cittadini,oggi, e' di
partecipare allo sviluppo e all'evoluzione delle loro democrazie. Una
partecipazione che non può risolversi
nel momento elettorale.
Le formazioni partitiche hanno rappresentato, soprattutto
alla ripresa della vita democratica dopo l'esperienza fascista, un tentativo di
far fronte a questa esigenza,ma le loro buone intenzioni si sono
progressivamente logorate e proprio sul versante della partecipazione si e'
avuto un tonfo clamoroso, anche e soprattutto a causa di forti spinte
burocratiche ed oligarchiche.
INIZIATIVA POPOLARE
vuole rappresentare una nuova un'opportunità in grado di
offrirsi come luogo di
partecipazione, di proposta, di
elaborazione, di confronto democratico, un po’ movimento e un po' partito
organizzato. Un partito aperto che raccolga gli elementi del suo programma
dalle esigenze che emergono dal vivo della lotta politica e sociale
proponendosi come interlocutore attento e sensibile della domanda di
rappresentanza, impegnato a ridare un'anima alla politica. Un partito basato
sulla ricchezza e l'autenticità della dimensione locale, ma in grado di
proporre una sintesi nazionale.
Le crisi degli attori e
dell'assetto politico tradizionale devono spingerci ad un'iniziativa forte,prorompente,nella
quale il valore di idee, principi e culture che fanno della libertà e della
democrazia la propria insegna,diventino sinergia da cui nasca un nuovo sistema
politico-istituzionale.Ispirandosi ai principi ed ai valori richiamati nella
Carta dei diritti fondamentali dell’ Unione Europea ( dignità umana, libertà,
uguaglianza, solidarietà, cittadinanza, giustizia),INIZIATIVA POPOLARE aspira a raccogliere e a concretizzare al
meglio le tradizioni e le sensibilità democratiche e riformatrici che hanno
esaltato e appagato la storia politica europea. Il popolarismo con la
centralità che esso conferisce ai valori della persona, della famiglia e delle
comunità originarie; la concezione liberal-democratica, che scommette
sull'autonomia e sul protagonismo del soggetto; nonché la sensibilità sociale e
democratica, che si fa carico dell'effettività e dell'universalità dei diritti
di cittadinanza,saranno le radici da cui fiorira' il nostro progetto.
I VALORE AGGIUNTO DI INIZIATIVA POPOLARE:
La centralita' del
Cittadino nella Gestione della Cosa Pubblica e nella Politica
La concezione della
democrazia si basa,a nostro vedere,sulla semplificazione del rapporto tra
Cittadino e Amministrazione attraverso il superamento di quelle azioni di
bizantinismo burocratico che hanno manomesso la vita produttiva e l’iniziativa
sociale, e la stessa efficacia dell’azione di governo. La base dialettica di
una Democrazia moderna deve essere sorretta da uno scambio reciproco di
decisioni e progettualita' tra istituzioni,forme politiche snelle,singoli
cittadini e società civile, organizzatisi in comunità e associazioni che
possano acquistare,pretendere,ricevere sempre maggiori responsabilità nella
gestione della cosa pubblica. Ad ora il nostro sistema ha seguito un
solo,inconcludente e degenerante,percorso:quello che seguiva la linea retta di
mediazione partiti-Stato-sindacati.Oggi il bisogno di rinnovamento e la
necessita' di risorgere richiedono anche altre configurazioni: il percorso
individui-comunità-Istituzioni.
Secondo INIZIATIVA POPOLARE
due ,almeno,devono essere i principi cardine:il consenso (il quale distingua
che il vero sovrano della cosa pubblica è il popolo) e la responsabilità (che
renda trasparenti i programmi proposti
al Paese da ciascun soggetto politico, impedendo che un sistema
nebuloso,oligarchico e consociativo confonda meriti e demeriti);questi principi
saranno la base per il controllo di ogni potere.
Secondo INIZIATIVA POPOLARE
i diritti dell’uomo sono antecedenti e superiori rispetto a quelli dello Stato.
Facciamo nostre le parole di Alcide De Gasperi:“Si parla sempre di diritti
dello Stato come fossero sovrani e superiori a qualunque altro diritto mentre
la verità è che prima viene l’uomo e poi lo Stato”.
INIZIATIVA POPOLARE non
dovra' essere un partito basato sulle parole sterili, ma il partito della gente
e non il partito-apparato,nascere strumento di riforma politica, raccogliere il
movimento alla protesta contro la partitocrazia e costruire un nuovo simbolo di
trasparenza tra elettore ed eletto,imporre il fare sbugiardando il teatrino
oligarchico. Dovrà essere pronto ad aprirsi verso le correnti della realtà
sociale,rappresentando cosi' la società civile. Necessaria sara' la sua
lontananza da concezioni populiste che immaginano giustizie sorrette da un uso
demagogico della piazza. Dovra' difendere sempre l’autonomia e la pluralità
della società civile contro ogni "moralita' presunta" di qualsiasi
soggetto,istituzionale,politico,mediatico. Politica quale principio
valorizzante il cittadino, e politica come indispensabile manifestazione della
vita umana dovranno essere per INIZIATIVA POPOLARE valori imprescindibili.
L' UOMO,OVVERO,IL
LEGISLATORE
Necessaria e' certo la
forma di rispetto che le istituzioni devono al cittadino (contribuente ed
elettore) ma,altrettanto necessariamente,deve registrarsi da parte del
cittadino il riconoscimento del dovere civico (attore comprimario),affiancato
al diritto "naturale" che ad esso spetta. Stara' a noi,che intendiamo
la politica come onore e non come onere,trovare le soluzioni istituzionali che
avvicinino il cittadino alla cosa pubblica,non pensando di assolvere un obbligo
ma sentendosi partecipe ad essa. Le assemblee di quartiere,i comitati di
proposte,le lettere con le quali le istituzioni richiedono parere ed altri
simili sono solo una parte di cio' che puo' rendere partecipe il "Principe
Cittadino";la possibilita' di visibilita' maggiore a piccole liste locali
e mandati piu' brevi,associati a rieleggibilita' limitate (oppure ad alternanza
di legislazione),possono avvicinare il cittadino alla vita politica, non solo a
quella civica (la civica sarebbe gia' un grosso risultato comunque).Una
presenza in massa di cittadini non "politicamente professionisti"
alle decisioni,oltre a far maturare la coscienza e l'intelletto di un
popolo,non puo' che legare le mani a chi della politica ne fa un lavoro ed un
affare economico. La piramide che sale dal cittadino alla piccola comunita',da
questa ad un distretto un po' meno locale,dal distretto alla nazione e' la
giusta direttrice che porta alla maturita' ed all'impegno,ma il
"sistema" va smantellato fino all'ultima "carcassa
oligarchica" perche' la non attuazione,ancora una volta,della volonta'
popolare (da parte di chi l'ha promessa) significherebbe la vittoria finale
dell' "homo politicus".Il cittadino comune deve governare,con il
proprio giudizio,l'andamento della nazione; la sua partecipazione civica alle
scelte federali e nazionali creera' di lui un uomo pronto alla vita legislativa,con risultato finale il debellamento
della gerarchia politica. Rasentero' certo l'utopia,ed il sogno ad occhi
aperti,ma spero presto di poter dire (con avvallo legislativo) su una legge
finanziaria o un futuro intervento militare,prima da cittadino poi,magari,da
"Homo Legislativens" (scusate le possibili inesattezze in
latino).
Giorgio Bargna (testo
personale)
II VALORE AGGIUNTO DI
INIZIATIVA POPOLARE:
Proposizione e Significato
delle Autonomie Locali
A suo tempo,alla redazione
della Costituzione Italiana,partecipò anche un folto gruppo di Autonomisti e
Federalisti i quali fecero introdurre in Costituzione alcuni Principi
Autonomisti, purtroppo inapplicati se non in minima parte e solo in talune aree
geografiche di confine.
Nell'articolo 5 della Prima
Parte della Costituzione, dove si indicano i Principi Fondamentali della
Repubblica che "riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei
servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo;
adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze
dell'autonomia e del decentramento".
Questo Valore è stato
totalmente disatteso,sebbene gli autonomisti che fecero introdurre questo testo
resistettero strenuamente al fascismo e parteciparono attivamente alla lotta
partigiana,forse gia' allora qualcuno capi' che tali principi avrebbero reso difficile
la nascita di un sistema partitico-economico (oligarchia).
INIZIATIVA POPOLARE non
inventa niente di nuovo: ci poniamo nel solco delle idee federaliste di
Cattaneo una riforma in senso Federale dà fastidio alla Partitocrazia perchè
tende al rafforzamento delle Autonomie Locali, quali unici baluardi a difesa
della Democrazia e della Libertà contro l'ingiusto stra-potere dei Partiti
Oligarchici.
Un'alluvione di tavanate
che è uscita dalla fantasia e dal vigoroso istinto di sopravvivenza dei nostri
politicanti: Federalismo trasversale, obliquo, solidale... Gianfranco Miglio,ad
esempio, aveva dedicato uno studio proprio ai “Federalismi falsi e degenerati”
,in questo studio il professore portava il Federalismo svizzero come solo vero
esempio “vivente” di Federalismo compiuto e operante.
La vera differenza fra
Federalismo e libertà veri e l’accozzaglia di cialtronate che da noi viene
contrabbandata come democrazia parlamentare sta proprio qui: nell’esercizio
diretto del diritto di organizzare e gestire la propria vita comunitaria. C’è
un abisso fra la grande civiltà delle assemblee popolari di cittadini che si
radunano magari in piazza e attorno ai più rassicuranti simboli identitari,
dove ognuno decide direttamente secondo coscienza dei problemi che lo toccano,
che riguardano le sue libertà, la sua cultura e i suoi beni e le riunioni di
parlamentari riccamente retribuiti e scelti da non più di una quindicina di
segretari di partiti. Ci passa un oceano fra i referendum propositivi e
abrogativi delle comunità svizzere e quelli un po’ farseschi fatti di quorum,
digiuni, rimborsi elettorali e di ministeri soppressi che cambiano nome e
restano lì, alla faccia dei cittadini.Il Federalismo svizzero nasce da
un’antica e radicata tradizione di libertà e di autonomia che è comune a larga
parte d’Europa,e' da lì che dobbiamo trarre ispirazione e forza, è lì che
dobbiamo guardare nei momenti più bui dell’oppressione centralista e degli
inganni del falso Federalismo. Non aspettiamo che la piccola Svizzera venga
risucchiata dall'illiberalita' che le ristagna attorno, ma lavorariamo
affinche' l'Italia diventi una grande Svizzera.
PERCHE' AUTONOMI?
Per l'autogoverno del
territorio locale superando lo Stato centralizzato con un moderno Stato
federale che sappia rispettare tutti i popoli che lo costituiscono, indipendentemente
dalla loro consistenza numerica.
Per la precedenza
nell'assegnazione di lavoro,abitazioni, assistenza, contributi finanziar agli
abitanti locali.
Perche' i frutti del lavoro
e le tasse locali siano controllati e gestiti sul luogo.
Per un sistema
pensionistico locale che garantisca l'intoccabilita' della pensione dei
lavoratori.
Perche' l'amministrazione
pubblica e la scuola tornino ad essere gestite localmente e non snaturalizzate
(esattamente come succede in Svizzera).
Per la salvaguardia della
cultura, storia, della lingua, dei valori locali.
Per la costruzione di
un'Europa fondata sull'autonomia,il federalismo, il rispetto e la solidarieta'
diretta fra tutti i popoli del continente.
III VALORE AGGIUNTO DI
INIZIATIVA POPOLARE:
Democrazia Diretta
PARTECIPARE.....DECIDERE!
L'impegno assunto dal nostro modesto pensiero di battersi
per la realizzazione di un potere veramente democratico, del potere di tutti,
ci ha fatto sostenitori della democrazia
diretta, di quel tipo di potere, per cui ogni cittadino partecipa direttamente
alla discussione e alla decisione di tutti i problemi dello Stato. Qualcuno ci
potrebbe ribattere: " Sono un po' perplesso sulla vecchia idea del "
potere a tutti ". La democrazia diretta è sempre stata una illusione, a
maggior ragione in una civiltà altamente tecnicizzata come la nostra, in cui la
produzione è l'effetto di una organizzazione mastodontica, difficile da
dominare, che riesce a funzionare soltanto se affidata a pochi esperti. Si
immagini una fabbrica di 100.000 operai dove tutti siano chiamati a discutere i
metodi, i tempi, il processo di produzione. Dopo dieci giorni sarebbe chiusa
".Che la democrazia diretta in Italia sia stata finora un'illusione siamo
anche noi d'accordo, anche se non ci sentiamo di affermare che lo rimarrà per
sempre. Non possiamo accettare che, con questo pretesto e con il pretesto delle
esigenze tecniche nella civiltà industriale, si rifiuti un discorso serio sulle
esigenze reali e diffuse di una nuova strutturazione del potere, sul passaggio
cioè del potere dalle mani dei pochi, che oggi lo detengono, alle mani dei
molti che oggi ne sono privi. Ci rendiamo conto anche noi di vivere in una
civiltà altamente tecnicizzata, anzi crediamo e speriamo che lo diventi sempre
di piú, quello che noi sosteniamo è la necessità che anche le conquiste
politiche e sociali progrediscano come quelle tecniche ed economiche, che venga
superato nell'interesse dell'umanità il contrasto oggi esistente tra una
civiltà che permette un maggior benessere, una migliore vita per tutti e le
forme di governo di questa società che sono ancora le stesse di prima, quelle
esistenti da molto prima del moderno progresso,arroccate e fossilizzate su
vecchie forme di democrazia (e questo viene asserito nel voler pensar bene,non
avanzando congetture).Noi ci siamo resi conto che ormai il comune
mortale,spinto da una cultura oggi elevata e dalla ricerca di una maggiore
egualianza economica e politica, si pone il problema di una maggiore partecipazione
alla direzione della vita pubblica. Questo pericolo è stato per molteplici anni
allontanato dalle classi dirigenti, sia capitalistiche che
burocratico-staliniste, con colossali sopraffazioni e mistificazioni
ideologiche, culturali e sociali, diffuse nelle masse con la strapotenza dei
mezzi tecnici mass-mediali. Quando, malgrado tutto, il problema del potere si
ripropone, le soluzioni in un paese come il nostro non possono essere che
due:
Prima soluzione : Il gruppetto dei pochi esperti, che dirigono la fabbrica precedentemente immaginata, si mettono d'accordo con i proprietari e si impadroniscono anche del potere formalmente politico, creando una dittatura o una repubblica presidenziale, come si ama dire, in cui la democrazia è ridotta alla funzione di vernice. Questa e' la soluzione che per anni ha permesso a lobby economiche e gruppi di potere in genere di imporre le proprie “necessità'” ai governi.
Seconda soluzione: I 100.000 operai e impiegati della fabbrica immaginata conquistano effettivamente il diritto di discutere i metodi, i tempi, il processo di produzione. Per esercitare questo diritto creano e fanno vivere in tutti i reparti della fabbrica i loro comitati liberamente eletti, fino al consiglio di gestione, che insieme agli esperti dirige la fabbrica. Questa in poche parole e' la Democrazia Partecipata (Partecipativa,Diretta o come altro si voglia definire) della quale andremo ad illustrare le possibili forme in altri scritti. Occorre a questo punto chiarire due equivoci, sui quali poggiano le riserve di molti:E' un equivoco credere che gli esperti della grande industria non abbiano possibilità di scelta tra un piano di produzione e un altro. In realtà essi preparano il piano che piú si avvicina agli interessi dei proprietari, dei cosiddetti "consigli di amministrazione". Non vediamo perché gli stessi esperti non debbano o non sappiano fare un piano che più si avvicini agli interessi dei lavoratori. Evitiamo che il nostro “Democratico Rappresentante” eviti di portare a fine gli interessi del “comune elettore” a favore dei “grandi interessi”.
Un altro equivoco è rappresentato dalla opinione che il controllo dei lavoratori debba o possa interferire con le scelte tecniche della produzione. Per assurdo, nel caso di una fabbrica di mobili, si teme che tutti i lavoratori debbano dire la loro nella scelta di un nuovo tipo di legname o stoffa che verranno utilizzati per creare una sedia. Ciò è impossibile e inutile. Il controllo dal basso non può servire a trasformare gli operai in ingegneri, ma deve servire a salvaguardare ad ogni operaio nel luogo del suo lavoro i diritti e i doveri di uomo libero e di cittadino.
Nella odierna società, i monopoli hanno la possibilita' di far pagare ai consumatori, cioè a tutti, gli aumenti sui salari e sugli stipendi. Per questo il controllo dal basso deve restituire ai cittadini,i dipendenti dell'esempio, il potere di discutere non soltanto i salari, ma anche i programmi di produzione, gli investimenti, i prezzi, permettendo loro di attuare un controllo democratico anche sulle influenze economiche e politiche della loro industria sulla vita nazionale.
A
chi ci parlasse di inconcludenti riunioni in cui uno dice bianco e uno dice
nero, per cui in capo a dieci giorni la fabbrica (la nazione) si fermerebbe, risponderemo: 1.
che tutti noi abbiamo esperienze di riunioni popolari costruttive e
intelligenti; 2. che nell'àmbito dei loro reparti(per il cittadino esperienza
donata dalla vita di ogni giorno), gli operai e i tecnici della fabbrica sono
altrettanto esperti del gruppetto che fa il piano di produzione; 3. che i
lavoratori (i cittadini elettori), così organizzati, conquistano anche la forza
politica necessaria a convincere il gruppetto dei pochi esperti, che dirigono
la fabbrica, a lavorare per i consigli di gestione dei lavoratori invece che
per i consigli di amministrazione dei proprietari.
Molti ancora non credono al nostro ideale,ma il sentore
che tanti altri lo siano e' sempre piu'udibile anche alle orecchie di chi finge
di non sentire!
Giorgio Bargna (testo personale)
ESEMPIO SVIZZERO
In Svizzera, oltre al
parlamento (democrazia indiretta), anche i cittadini possono proporre modifiche
costituzionali e nuove leggi. Per questo il sistema politico svizzero è
ritenuto una democrazia semidiretta. I due principali strumenti di democrazia
diretta sono l'iniziativa popolare e il referendum. Entrambi sono presenti a
livello federale, cantonale e comunale. L'iniziativa popolare mira ad una
revisione parziale o totale della costituzione. Il referendum rappresenta una
specie di «freno»: a livello federale, le leggi approvate dal parlamento
possono essere sottoposte al giudizio popolare. Un'altra espressione della
democrazia diretta in Svizzera sono le assemblee comunali, che in buona parte
dei comuni fungono da legislativo. Vediamo come si sviluppa il meccanismo
semidiretto svizzero:
Accanto al parlamento,
grazie agli strumenti della democrazia diretta anche la popolazione può
attivamente contribuire a modificare la Costituzione o le leggi. Ogni anno, i
cittadini svizzeri ricevono diverse buste da parte della Confederazione, dei
cantoni e dai comuni. In questo modo vengono invitati ad esprimersi sulle
questioni politiche più disparate.A differenza di ciò che accade nelle maggior
parte delle democrazie rappresentative, il popolo non viene chiamato alle urne
soltanto a ritmo biennale o quadriennale, bensì molto più regolarmente. I
cittadini svizzeri possono esprimersi in qualità di ultima istanza politica
anche su temi specifici e settoriali. In generale, ciò avviene attraverso delle
schede di voto compilate segretamente ed immesse nelle classiche urne. In
alcuni cantoni e comuni, le votazioni si svolgono invece pubblicamente durante
delle assemblee popolari. Pure gli oggetti delle votazioni possono essere
decisi dagli stessi cittadini.
Tramite le loro firme,
100'000 cittadini possono richiedere la modifica di singoli articoli
costituzionali o addirittura la revisione dell'intera carta fondamentale dello
Stato. Prima dell'entrata in vigore di qualsiasi mutazione, ogni iniziativa
popolare deve comunque passare attraverso un processo a più livelli. Dopo la verifica
della validità delle firme e della richiesta, sia il Consiglio federale che le
due camere del parlamento sono chiamate a dibattere sul testo. Il legislativo
propone poi ai cittadini di accettare o rifiutare l'iniziativa. In alcuni casi,
il parlamento può elaborare un controprogetto che, pure sottomesso al voto
popolare, rappresenta un'alternativa alle proposte originali dell'iniziativa.
Quale secondo strumento di democrazia diretta,
i cittadini dispongono del diritto di referendum, che permette loro di prender
parte attivamente ai processi legislativi. La Costituzione federale garantisce
al popolo svizzero il diritto di esprimersi a posteriori sulle decisioni del
parlamento. In alcuni casi (referendum obbligatorio), le risoluzioni delle
camere devono essere poste automaticamente in votazione. In altre occasioni
(referendum facoltativo), con la loro firma 50'000 cittadini possono richiedere
che una decisione già avallata dal parlamento venga sottoposta al popolo. Il
diritto di referendum viene considerato una caratteristica del sistema di
diritto pubblico svizzero. L'esistenza di questo strumento di democrazia
diretta implica la costante minaccia di bocciatura popolare di una decisione
parlamentare. Quale conseguenza, in occasione dei dibattiti in parlamento, le
opinioni dei vari gruppi d'interesse capaci di condurre in porto un referendum
devono sempre essere sufficientemente considerate. Il sistema politico svizzero
viene così definito una democrazia referendaria.
PICCOLO ESEMPIO NAZIONALE
A dimostrazione che anche
in Italia,nei limiti imposti dalla legge,qualcosa si muove,allego parte di
quello che era il mio personale progetto partecipativo in caso di vittoria di
Lavori in Corso alle recenti elezioni amministrative canturine. Esso non trova
certamente il suo valore nel fatto che esprima le mie proposte,ma nel concreto
riscontro di essere basato sulle esperienze pluriennali di alcuni comuni
italiani quali: Ivrea,Pieve Emanuele,Grottamare.Esso e' la dimostrazione che il
popolo puo',se vuole,essere partecipe alle decisioni istituzionali.
Affrontiamo la riflessione e la costruzione di un modello di partecipazione
che possa
dare permanenza al ruolo della democrazia diretta nella vita politica ed
amministrativa locale.
La scelta è quella di perseguire la partecipazione come elemento fondante
di una ricerca di rifondazione della democrazia reale.
Potremmo a questo pro evidenziare quattro
nodi profondi della questione, espressi nella forma dell'esigenza di
quattro superamenti, quattro “oltre”: “oltre la deliberazione democratica”;
“oltre la tolleranza”; “oltre la sostenibilità”, “oltre l'efficienza”.
Soprattutto, io trasformerei questi “oltre” in un'assoluta necessità di
critica evolutiva: dove il termine “critica” vuole indicare un'indagine
sistematica, ed il termine “evolutiva” rinvia all'esigenza di andare alla
ricerca continua dello sviluppo e del costante miglioramento.
Schematicamente, la critica della deliberazione democratica ci conduce al
concetto di democrazia come processo che deve costantemente, permanentemente
rinnovarsi e crescere, che non può essere una formula algebrica riducendosi ad un insieme di meccanismi di
deliberazione o partecipazione, non sarebbe più (in formula piena) democrazia.
Il concetto di sostenibilità
dovrebbe essere ricondotto al suo fondamentodi responsabilità: responsabilità
nei confronti delle generazioni presenti e future. “Farsi carico” in senso
radicale della responsabilità che deriva dalle proprie decisioni.
Si tratta di un concetto di sostenibilità che non si lascia addomesticare
in una visione dolcificata di un generico “sviluppo sostenibile” o della
sostenibilità che troviamo citata a decorare norme,progetti, iniziative di
tutt'altro segno. Un concetto di sostenibilità che non permette di rimuovere la
dimensione del conflitto.
La funzionalità acquisita nel tempo dalle amministrazioni, che, seppure non
può essere accantonata nei processi decisionali che coinvolgono le stesse
amministrazioni pubbliche, deve essere subordinato alla dimensione
dell'efficacia.L’efficacia ha a che fare con i fini e non con i risultati: in
questo senso la necessità di“efficacia” dei processi partecipativi è elemento
determinante
.Il cammino che si intraprende per questa via è un cammino pericoloso, che
ci espone costantemente al rischio di un uso distorto della partecipazione,
anche al di là delle buone intenzioni che magari animano chi la promuove.
La partecipazione può ridursi facilmente a strumento di ricerca di consenso
e di riduzione o rimozione del conflitto, in totale contraddizione con i fini
di questa ricerca di democrazia reale; una ricerca costante che richiede di
costruire la partecipazione come trasformazione, sia dei partecipanti che delle
istituzioni e dei tecnici.
In questa dimensione, la pratica della partecipazione non può mai lasciarci
soddisfatti, non permette di celebrarne con leggerezza i successi, pena il
rischio di farne un “monumento”, quasi un atto autodiscolpa quotidiano che non
richiede il minimo sacrificio”. Solo una costante tensione alla crescita ed il
rinnovamento dei processi ci allontanano dal rischio di fossilizzazione del
progetto partecipativo.
Nel mio girovagare attraverso le esperienze partecipative di vari comuni
italiani mi accorgo che le pratiche partecipative non sempre riescono ad essere
abbastanza inclusive (nei confronti della maggioranza degli abitanti e, in
particolare, dei soggetti piu’ deboli) e solitamente riescono solo marginalmente
a scalfire la nostra responsabilità collettiva nei confronti del modello di
sviluppo,pensare che solo questa costante trazione fa dei processi
partecipativi un fattore positivo di trasformazione.
Un altro rischio, complementare, deriva dall'”istituzionalizzazione” e
dalla “strutturazione” dei processi di partecipazione e dall'introduzione in
questi processi di meccanismi di deliberazione: il rischio di una malintesa e
distorta rappresentanza. Non possiamo aggirare la constatazione che a tutti
questi processi partecipa una minoranza dei soggetti che avrebbero titolo di
esprimersi e che
questa minoranza è in qualche modo selezionata anche dalle caratteristiche
dei processi che proponiamo, venendo a costituire, nei fatti, una élite.
L'introduzione di meccanismi di conteggio di maggioranze, di deliberazione,
credo debba essere sempre affrontata con estrema cautela, privilegiando
processi che mantengano nella misura più ampia possibile la ricchezza degli
esiti.
In conclusione, credo che la misura della qualità della partecipazione
ruoti attorno a due chiavi fondamentali: l'efficacia e la permanenza.
L'efficacia ci costringe a recuperare una misurabilità del rapporto tra il
nostro impegno ed i fini, che non si sovrappongono con gli obiettivi proposti
ad ogni singolo processo: è fondamentale che la partecipazione, non solo sia
efficace, ma sia anche correttamente percepita come efficace.
I fini non possono che essere quelli
di “fare società” e di porre la questione di affrontare, insieme a chi
partecipa, la dimensione della sostenibilità e, quindi, della
responsabilità.Nella nostra “visione” della vita,spesso purtroppo, è congenita
un’estensione minima di responsabilità che ci accompagna nostro malgrado in una
“zona grigia” nei confronti del modello di sviluppo.La sostenibilità di cui
parliamo significa “ farsi coinvolgere da una felicità o da una disgrazia
rappresentata solamente per le generazioni future” o meglio ancora da una
felicità o da una disgrazia rappresentate solamente per un'umanità a noi
lontana. Porsi in questa dimensione di responsabilità vuol dire porre in
questione il modello di sviluppo,ed in situazioni di ricchezza economica e di
comodita’ acquisite questo percorso trova forte atrito.
Per permanenza va intesa l'esigenza che i processi di partecipazione
“producano” democrazia.
In incontri sul tema della partecipazione,di cui ho letto, le esperienze
proposte ricadono quasi sempre in due classi: spesso vi sono comitati,
movimenti che chiedono ascolto e partecipazione ad istituzioni che non
rispondono, oppure vi sono istituzioni che propongono occasioni di
partecipazione dall’alto... credo che la ricerca dell'incontro tra queste due
spinte sia il nodo decisivo.
La partecipazione deve perseguire la continuità e la permanenza, diventando
un elemento costituente della società e della politica, facendo in modo che la
società continui a richiedere partecipazione e sia in grado di produrre una
propria rappresentanza che mantenga questa priorità anche nella vita delle
istituzioni riuscendo ad innescare il circolo virtuoso dell'azione colleggiale.
Organizzazione dei processi partecipativi
Specifichiamo la seguente definizione del contesto e della strategia in
merito alla democrazia partecipativa.
• La promozione delle forme di democrazia partecipativa costituisce una
priorità fondamentale per ricostruire un rapporto tra istituzioni e società,
per ricostituire uno spazio pubblico di decisione sui destini del nostro
territorio, costruendo così una nuova cittadinanza.
• La “partecipazione” deve essere
intesa come processo di arricchimento e di crescita reciproca, che deve quindi
ricercare costantemente nuove vie di inclusione e di allargamento, dando voce a
tutti gli abitanti, evitando con attenzione il rischio di volersi delineare
come forma malintesa di rappresentanza. In questo contesto si potrebbe definire
un modello di sviluppo del processi di democrazia partecipativa che veda il
superamento del modello delle commissioni consultive proiettandoci verso un
modello più aperto, ispirato ad meccanismo simile a quello dei forum.
Criteri di riferimento
Ad integrazione della “definizione del contesto e della strategia” sopra
riportata, si individuano i seguenti criteri, come linee guida nello sviluppo e
nell'attuazione della proposta di modello:
• La partecipazione rappresenta un modello di coinvolgimento, codecisione
nelle scelte che il legislatore toglie alla partecipazione stessa,obbligo di
esecuzione da parte dell’istituzione pubblica delle scelte partecipative
ammesse , crescita della cittadinanza consapevole ed arricchimento. Non deve
essere confusa con meccanismi di consultazione, informazione, mediazione di
rappresentanza, risonanza di decisioni già assunte.
• Il ruolo della partecipazione deve essere progressivamente esteso e deve
riguardare tendenzialmente ogni settore di attività, evitando il rischio di
limitarsi a singole aree di
intervento.
• I meccanismi di partecipazione devono essere improntati al perseguimento
dell'obiettivo della permanenza e della crescita qualitativa e quantitativa del
livello di partecipazione.
• Gli elementi fondamentali da perseguire sono quelli della continuità
della partecipazione, dell'organizzazione dei processi, del riconoscimento
degli obiettivi e delle azioni,
dell'uguaglianza degli abitanti.
• Elemento determinante per il successo della partecipazione è la capacità
di ottenere ed essere in grado di verificare l'efficienza e l'efficacia dei processi.
• L'organizzazione dei processi
partecipativi non può che essere in certa misura sperimentale e quindi
prevedere la possibilità di una revisione ed aggiornamento dell'organizzazione
sulla base
dell'esperienza nei processi stessi.
Modello di organizzazione
Si individua un modello articolato in luoghi, momenti e soggetti della
partecipazione come segue:
1. Il Cantiere permanente della partecipazione
Il Cantiere permanente è, appunto, il luogo deputato alla permanenza,
continuità, organizzazione e visibilità dei processi di partecipazione: si
articola in:
• la bacheca della partecipazione: luogo fisico (bacheca/bacheche sul
territorio nonche' informazione gestita tramite invii postali) e virtuale (sito
web collegato al progetto in spazio
permanente sull'informatore comunale) dove siano costantemente visibili lo
stato, i risultati e la programmazione dei processi di partecipazione in corso
o completati, nonché il quadro generale di riferimento.
• l'ufficio partecipazione responsabile dell'organizzazione(comprensivo di
sportello/i della partecipazione sito/i in sede/i comunale/i), gestione e
comunicazione dei processi e dei loro risultati.
• il forum permanente della partecipazione, anch'esso fisico e virtuale:
fisico, basato su momenti di lavoro “aperti” dell'ufficio partecipazione
(assemblee di quartiere,tavoli di partecipazione,contributo delle
associazioni,PGT Partecipato,box delle idee ecc.), con cadenza nota e fitta,
cui sono invitati a prendere parte tutti coloro che vogliano proporre,
informarsi, verificare o contribuire ai processi di partecipazione; virtuale,
basato sulla piattaforma costituenda tramite il progetto webgià citato.
2. Il Forum civico
Evento di partecipazione con frequenza relativamente bassa (di norma due
volte l'anno) e durata definita (indicativamente una – massimo due settimane),
con un'elevata visibilità pubblica, articolato in una serie di momenti di
partecipazione sui temi generali della vita, della società e del territorio.
3. La Consulta delle associazioni
Luogo di incontro delle associazioni: essa viene attivata
dall'amministrazione comunale, ma è largamente autonoma nella propria attività.
Si riunisce in sessione plenaria e coinvolge i soggetti.
4 Finanziamento da parte del Ministero dell'innovazione
scientifica,dell’Unione Europea o da parte di “borse di studio” elargite da
fondazioni o concorsi sul tema partecipativo.
Altri compiti o obiettivi di interrogazione ed interazione con
l'amministrazione sono auspicati, ma lasciati alla piena autodeterminazione di
ciascuno,associazione o privato,consulta tematica, secondo le esigenze, le
volontà e le potenzialità dei partecipanti.
L'amministrazione si estromette dal determinare i lavori, salvo che per la
attivazione, ma è a disposizione di chiunque “partecipi”.
I Progetti del fare comune
Progetti partecipati – o meglio di collaborazione -con obiettivi specifici,
definiti nel tempo e nel risultato, attivati dall'amministrazione o dagli esiti
del forum civico o della consulta, nei quali diversi soggetti (abitanti,
associazioni, soggetti economici, amministrazione) mettano in campo energie per
il conseguimento del risultato. I progetti devono avere la caratteristica di
amministrare direttamente risorse assegnate e di poter agire direttamente nel
perseguimento di risultati visibili e misurabili, nei tempi e nell'entità.
I Progetti di visione condivisa
Progetti di partecipazione per la definizione di visioni e piani d'azione
condivisi, a titolo meramente
esemplificativo alcuni progetti attivabili: progetti ad “uso e gestione” per i
giovani, progetti attivati da un PGT partecipato, progetti di qualità del
vivere civile con associazioni, forme sperimentali di accesso da parte del
cittadino alle attivita’ istituzionali (es.:consiglio comunale aperto).
Al termine di questo mio ragionamento,che spero possa trovare estimatori,io
vedo la necessita' di un fine prioritario che vada al di la' della qualita',del
margine di miglioramento, del coinvolgimento,della continuita' e della
quantita' di un progetto partecipativo;questo fine deve essere la maturazione
del cittadino,portandolo a capire l'importanza (per lui,non per l'istituzione)
di tale progetto cercando di coinvongerlo con tutti i mezzi a disposizione ma
rendendolo anche consapevole che se non "partecipa" non e' cittadino
degno di nota.
…(qui trasmisi un mio progetto comunale
che qui ometto per non tediarvi troppo)…
E' ovvio,per chi crede nella Democrazia Diretta,che non ci si possa fermare a questo. Sara' compito di INIZIATIVA POPOLARE e dei suoi iscritti formulare e proporre nuove forme di compartecipazione popolare alle scelte nazionali,regionali,provinciali e comunali,nel mio piccolo sto cercando di formulare una linea retta che colleghi le scelte nazionali semidirettamente alle Assemblee Popolari Comunali o di Quartiere
IV VALORE AGGIUNTO DI INIZIATIVA POPOLARE:
Il Federalismo,quale
risultato naturale delle Autonomie Locali
Dicono tu sia un
cittadino, FALSO : per loro sei un contribuente da spolpare.
Il tuo voto vale solo
nello spoglio delle elezioni, ti promettono da decenni sempre le stesse favole,
fumose ed imprecise, ogni quattro anni, perche' non le realizzano mai.
Il rappresentante che ti
fanno eleggere arriva sempre da chissa' dove, i candidati sono scelti per
motivi misteriosi nelle segreterie dei partiti.
Sempre più spesso sono i
figli di quello che votava tuo padre, voi lavorate tutta la vita, loro vivono
di rendita senza preoccupazioni.
I soldi pubblici corrono,
ma tu non vedi mai niente : per quello che ti serve non ce ne sono mai.
Se hai bisogno di qualcosa
hai da chiedere la carita' ai tuoi cosiddetti rappresentanti, che dicono di
essere al tuo servizio.
Se siete disoccupati vi
dovete arrangiare, loro hanno stipendi pubblici sicuri, per sempre e senza
rischi,per voi al massimo vi fanno un paio di tavole rotonde, grandi sparate
sui giornali, cortei pieni di striscioni e dopo non succede niente,...tutta una
sceneggiata inutile per tenervi tranquilli.
Anche se hai un lavoro
vieni estromesso dalla vita istituzionale della tua città, nessuno ti chiede di
partecipare alle scelte, di dire la tua sui programmi,se vuoi collaborare nelle
decisioni di un partito ti fanno passare la voglia. Se insisti a voler fare
qualcosa devi farlo attraverso una organizzazione di volontariato, magari
pagando di tasca tua.
Tu non contima le enormi
risorse finanziarie dello stato vengono spese, le decisioni vengono prese,
delle cose vengono fatte, in un modo che non capisci ma che senti spesso essere
ingiusto e sbagliato.
Tutto ti fa pensare di
essere solo un suddito, invece che un membro del popolo,quello che ha il potere
di dirigere lo Stato.
Milioni di Italiani si
sentono come te, anche se non hanno inquadrato con chiarezza il problema, anzi
se non gli hanno permesso di farlo.
Perchè non conviene agli
altri Italiani
Chi sono gli altri Italiani
/ Il top
In alto sta una classe di
politici di professione che passa la vita tra vergognosi privilegi nelle aule
del Parlamento e del Senato : hanno occupato mantenendone fasti e splendori gli
spazi una volta riservati al Re ed alla nobilta', e stanno trasformandosi in
dinastie ereditarie: i La Malfa, Craxi, Fassino, D' Alema vengono, per esempio,
da famiglie dove da decenni si vive di denaro pubblico : hanno la capacità di
governare nel DNA?
Chi sono gli altri
Italiani / La base
Sono i milioni di persone
ai quali viene garantito un impiego pubblico spesso ben pagato ma sempre sicuro
e tranquillo per dare ai signori del top il controllo della economia nazionale,
della spesa pubblica e dei voti che permettono la rielezione degli stessi
gentiluomni per l'eternità. Sono l'esercito sterminato della Amministrazione
Pubblica, dai Ministeri fino alle Amministrazioni Regionali, Provinciali e
Comunali. Sono Amministratori e dipendenti delle enormi Aziende statali e
parastatali come Alitalia, Ferrovie, ANAS e l'elenco interminabile che se ne
può fare.
Sono Amministratori e
dipendenti di ASL, Aziende di nettezza urbana e via dicendo.Tutti costoro
lavorano con la brillante efficienza che tutti sappiamo e sono mantenuti dai
cittadini che pagano le tasse, i quali se non vanno a baciare le mani del
politico locale non hanno nessuna speranza di vedere il proprio figlio trovare
lavoro in queste isole di privilegio.
Gli altri Italiani si
oppongono al Federalismo, certo che si oppongono, mica sono scemi,ci hanno
messo decine di anni a creare il paradiso, dove gli ingenui lavorano e loro
fanno la vita comoda e adesso...se lo fanno demolire ? Non se ne parla
nemmeno...fai un favore a te stesso ed all' Italia, diventa Federalista.
(Dal sito del movimento politico pavese DEMOCRAZIA
FEDERALE)
A partire dagli anni ottanta, il federalismo
ha tenuto banco nelle discussioni culturali: talvolta le ha persino
monopolizzate. Il federalismo, patto tra popoli coniungante decisione e
libertà, è un modello autentico di democrazia decentrata, poiché riconosce a
pieno titolo le autonomie locali, ma anche di democrazia diretta poichè non può
prescindere dalla partecipazione dei cittadini,veri detentori della sovranità.
L'odierno Stato-nazione è divenuto troppo grande per affrontare i piccoli
problemi e, al tempo stesso, troppo piccolo per affrontarne di grandi. Per
intenderci: non spetta al Governo centrale decidere i programmi scolastici di
cultura locale di Varese, Bologna o Catania e nemmeno allo Stato italiano
decidere, da solo, se intervenire "preventivamente" in una guerra
lontana. Tanto premesso, i popoli che rivendicano un riconoscimento giuridico e
politico, sono ad un bivio,quello che ci indirizza al Federalismo.
In passato il federalismo
fu visto come un metodo per unificare popoli diversi sotto un unico stato.
Basti pensare ai modelli federali di Stati Uniti e Confederazione Elvetica,
dove popoli diversi per lingua, religione e cultura fanno parte di un unico stato. A lungo andare la
tendenza alla centralizzazione e alla burocratizzazione dello stato-nazione,
determina però una situazione dove la democrazia partecipativa è impossibile e
la democrazia rappresentativa degenera rapidamente in una specie di oligarchia,
dove le decisioni vere non vengono più prese dal popolo, ma da interessi
particolari predominanti (lobby) che manipolano il risultato delle votazioni a
loro piacere. I cittadini vengono de-responsabilizzati - perché esautorati dal
loro ruolo decisionale - perdono interesse per la partecipazione politica e
cresce l'astensionismo.
Risolviamo questi problemi
e superiamo il concetto di federalismo tradizionale,orientato verso l'unità e
il disconoscimento delle pluralità,tramite un neo-federalismo teso alla
salvaguardia e alla rivalutazione delle pluralità a partire dalla dissoluzione
dello stato-nazione ed alla sua riformulazione tramite gli importanti concetti
di sussidiarietà e diritto di Autonomia Decisionale su basi il piu'
possibilmente Locali.
Cosa vuol dire
sussidiarietà? Significa che la centralizzazione dei compiti dovrebbe aver
luogo solo quando e dove essi non possano essere gestiti con la stessa
efficienza ad un livello più basso.
Sussidiarietà vuol anche
dire che il voto popolare è superiore a qualsiasi legge dello stato, ovvero è
il primato della società civile sullo stato.
Sussidiarietà è anche una
rivoluzione morale che coniuga la solidarietà,ma che non vuol dire né
collettivismo né assistenzialismo all'italiana, ma il rispetto e il ripristino
della responsabilità dei singoli e delle comunità nelle funzioni sociali; con
il consenso della gente si può fare di tutto: cambiare il governo, sostituire
la bandiera, unirsi a un altro paese, formarne uno nuovo”.
L’EUROPA DELLE CITTÀ
Declineranno, una dopo
l’altra, tutte le grandi strutture istituzionali che hanno caratterizzato, nel
corso dei secoli, il nostro paesaggio politico. Ad esempio il Parlamento su
base nazionale, non solo strutturalmente incapace di produrre decisioni, ma ormai
continuamente scavalcato, sulle questioni politicamente ed economicamente più
importanti da organismi che agiscono al di fuori della struttura parlamentare.
Con parlamenti e le loro mischie interne verrà meno la classe dei parlamentari,
queste figure ottocentesche, un po’ noiose e arroganti, che abbiamo sempre
immaginato, obbedendo a una certa oleografia, come i protagonisti assoluti e
necessari di ogni politica. I grandi partiti di massa, dal canto loro, sono già
un ricordo, sostituiti oramai da aggregazioni di interessi nelle quali non
conta più l’ideologia, ma il carisma dei capi e l’uso scientifico della
propaganda. Cambiando i partiti, cambia anche il meccanismo della
rappresentanza. Così come è destinato mutare il significato sin qui attribuito
alla Costituzione. La politica ha oggi assunto una dimensione pienamente
mondana e secolare: come può dunque concepirsi un atto politico, come appunto
la Costituzione, avvolto da un’aura quasi sacrale e religiosa, giudicato
intoccabile, un sistema chiuso di norme che una volta posto è destinato a
vincolare la vita di tutte le generazioni a venire? In realtà, ogni generazione
dovrebbe poter scrivere la propria Costituzione, fissare autonomamente le
regole della convivenza politica secondo le proprie esigenze e necessità. Io
sostengo il Federalismo come soluzione e via d’uscita al declino irreversibile
dello Stato nazionale. Ma se debbo dire qual è il mio vero modello politico di
riferimento, il novum che mi piacerebbe vedere realizzato, si tratta di un
modello che definisco “anseatico”, che ricalca quello delle città commerciali
libere che l’Europa ha conosciuto prima che ovunque nel continente si imponesse
la struttura statuale moderna, con i suoi eserciti e la sua burocrazia. Infatti
la più genuina tradizione federalista è stata quella dei secoli XII-XVII, delle
città mercantili libere, sopraffatte dall’avvento violento dello Stato moderno.
Anche Otto von Gierke non è però andato al fondo della struttura contrattuale
anseatica delle città commerciali libere.
In questa fase nelle città
non c’erano persone di grande rilievo politico, né parlamenti, ma solo una
gestione degli affari quotidiani negoziata continuamente e un Governo
frammentato. In Europa oggi esistono grandi aree metropolitane coese Randstad
Holland( a struttura polinucleare, con sei milioni di abitanti fra Amsterdam,
Rotterdam, L’Aja e Utrecht), grandi centri urbani – Milano, Lione, Parigi,
Monaco, Londra, Francoforte che sono a tutti gli effetti vere e proprie
megalopoli, aree di riferimento dal punto di vista degli scambi economici,
dello sviluppo demografico, dell’innovazione tecnologica e dei rapporti
politici.
Vere e proprie comunità
politiche sempre più quasi-indipendenti de facto, talvolta in stretta relazione
(e magari in competizione) le une con le altre e sempre meno in sintonia con i
rispettivi Stati nazionali, che vivono anzi come una limitazione.
L’Europa ha già conosciuto
qualcosa di simile, all’epoca del Sacro Romano Impero, che era una struttura
“internazionale” pluralistica che non produceva sovranità, nella quale le città
godevano di una grande indipendenza, pur potendo disporre di un’autorità
superiore alla quale rivolgersi per risolvere le proprie controversie. Mi è
molto piaciuto, debbo dire, il richiamo del ministro tedesco Fischer alla
struttura del Sacro Romano Impero come modello per l’Europa del futuro: un
richiamo che non a caso non è stato invece gradito dai custodi del modello
dello Stato giacobino e livellatore, Chirac in testa. La realtà è che la storia
dello Stato moderno ha diffuso un’idea limitata e parziale delle innumerevoli
possibilità di organizzazione della convivenza internazionale.
Costituzionalisti, studiosi di Diritto pubblico e giuristi internazionalisti
però non se ne rendono conto, se non confusamente, a causa della concezione
ossessiva della sovranità nella quale sono cresciuti. Fra cinquant’anni una
nuova combinazione di elementi politici e privatistici darà luogo a strutture
di tipo neofederale quasi ovunque.
(Gianfranco Miglio)
La nostra formula sarà semplice:
tutto il potere alle Comunità Locali. La semplicità della formula è solo
apparente, ci e' ben chiara la dimensione dei problemi organizzativi, la
necessità di costruire uno Stato che pur essendo più aderente e sensibile alla
volontà popolare sia veramente in grado di risolvere la situazione altamente
compromessa di una Nazione allo sbando. Allora la formula: tutto il potere alle
Comunità Locali, non deve essere e non sarà uno slogan demagogico, né un motivo
di propaganda politica, ma il solo modo in cui il nuovo Stato e la nuova
Società dovranno crearsi.
Nello schema della Comunità
Locali, i centri comunitari - che ne sono le cellule democratiche - la cultura
organizzata, le forze del lavoro, creano, insieme, le Comunità: le Comunità
daranno luogo allo Stato; la politica si svolgerà nell’interno delle
istituzioni. Non vi saranno altri poteri a contestare e contendere il potere
dello Stato.
Le nostre Comunità Locali visibili e vivibili
come minuscoli Stati positivamente organizzati, si potranno perciò aggregare
per regioni e le regioni aggregarsi, a lor volta, con una piramide a tre
gradini per formare sull’ultimo lo Stato.
Il concetto non è
complicato,ma nell’ordine delle Comunità lo Stato sara' severamente organizzato
con rigidi criteri, ma a uno scopo solo: affinchè la società sia libera.Così lo
Stato sarà un mezzo affinchè la Società si esprima liberamente. Se l’ordine
dello Stato verra' costruito sul fondamento di giusti contrappesi la società
potrà esprimersi.
SPERO NON ESSERE STATO
ECCEZIONALMENTE PESANTE,UN SALUTO A TUTTI
Giorgio Bargna