Si è letto, scritto, parlato spesso
in questi ultimi anni di decrescita, fosse essa “felice” od imposta. Vi sono senza dubbio molte persone che
per scelta si sono votate ad esperimenti, più o meno riusciti di decrescita, ma
con ancor meno dubbio che si sia sviluppata una crisi di dimensioni enormi che
ha praticamente messo in ginocchio la confessione degli ultimi cinquant’anni,
il consumismo. Dove non ha potuto
o voluto spontaneamente l’uomo, ha fatto l’economia con le sue regole, oggi,
volenti o nolenti, guardiamo ad una riduzione significativa degli sprechi
alimentari ad una riduzione dei consumo di gas e petrolio che di riflesso ha
generato una certa riduzione dell’inquinamento, non certo per scelta volontaria
ma grazie alla caduta del reddito della popolazione.
Il dramma consumatosi è proprio
quello di non essere usciti dal circuito “lavoro e col guadagno spendo”
ed dall’indebitamento ad esso correlato perché ci siamo accorti dell’errore ma
perché l’inganno ci ha feriti mortalmente … a pagare per prime sono state le
fasce più deboli ma oggi assistiamo, giorno dopo giorno, alla dipartita anche
del tanto decantato ceto medio. Le reazioni a questa svolta storica sono
ovviamente state diverse, modellate alla coscienza individuale ed a quella
comune; qualcuno ha pensato solo a salvare la propria “baracca” combattendo
guerre tra poveri, altri hanno cercato, stanno cercando vie decisamente più
solidali e volte al bene collettivo e sociale. In risposta alle dure politiche
di austerity imposte si sono sviluppate o rafforzate molteplici forme di
economia solidale. In Italia possiamo prendere come paragone i G.A.S. (basati
su un rapporto diretto consumatori/piccoli produttori) od esempi di finanza e
microcredito solidale, ma anche “il conio” di monete
locali complementari.
Cercando esempi esteri possiamo
puntare diretti alla Grecia e principalmente al Tem, leggete qui di cosa si tratta e di cosa possa
significare, ed altri similari; esempi di esperienze che riescono a rafforzare
l’economia locale ed a limitare l’esoso sistema di tassazione che ci
perseguita. Vi sono parecchi esempi sparsi in Europa e nel mondo, ma
interessanti sono alcuni spunti provenienti dall’United Kingdom laddove i
Municipi per far fronte alla crisi fiscale dei Comuni battono “moneta locale”
tramite la quale viene pagato in parte anche lo stipendio dei dipendenti
comunali e che può essere utilizzata per il pagamento di una certa percentuale
delle imposte locali.
Credere in questo, applicarlo,
concederebbe la possibilità a tanti Comuni sull’orlo del fallimento di
ossigenarsi. A Roma, una
compagnia elettrica starebbe progettando di scontare in Scec le bollette della
luce nel IV Municipio. Spendiamo due parole, anzi le spende Pierluigi Paoletti,
presidente di Arcipelago Scec: «Non è
una vera e propria moneta, ma uno strumento per creare rete tra i consumatori e
le aziende locali, e trattenere sul territorio la ricchezza evitando il
drenaggio finanziario della grande distribuzione
Sia pur ancora un po’ flebili vi
sono segnali che questa è una soluzione applicabile, certamente non risolutiva
ma adeguata. Nel nostro paese oltre al già citato arcipelago Scec possiamo
valutare un certo successo del Sardex (più di mille imprese in un sistema di
credito mutualistico tra esse che salta le intermediazioni e gli interessi
bancari); un altro esempio estero che potrebbe colpirci è l’esperienza svizzera
del Wir, moneta
complementare, che opera da più di sessanta anni ed ha ormai un peso
significativo nel mondo della piccola e media impresa.
Queste sono solo alcune esperienze
di uso alternativo del denaro che sembrano delle grandi novità o esperienze di
lungo termine positive che possono controbattere questa grave crisi e che
dimostrano che il denaro è anche una forma di linguaggio, un idioma che
consente alla società di scambiare beni e servizi così come la lingua parlata
ci serve per comunicare gli uni con gli altri, esperienze che ci dimostrano che
“il denaro” può essere un “bene comune”, un bene di cui le popolazioni di
debbono riappropriare.
Abbiamo parlato molte volte di una
nuova economia localista e sostenibile, ho espresso spesso concetti
di comunità, di come occorrono comunità capaci di produrre energia
rinnovabile sufficiente ai propri bisogni, produrre cibo per se stessi e non
per il “mercato”, di realizzare autonomia idrica e quant’altro, di come sia
necessario trattenere il denaro sul Territorio … tutto questo ha la necessità
di sostenersi anche e soprattutto su una moneta locale e/o complementare.
Giorgio Bargna