sabato 9 agosto 2014

Essenze

L’amico Mimmo ha segnalato questo articolo tramite la sua mailing list personale.
Da decenni rigetto il riconoscermi nei partiti che si identificano nella “politica tradizionale” votandomi verso l’azione civica delle vere liste civiche, questo non impedisce che tra i miei contatti vi siano numerosi elettori di destra e di sinistra mischiati con autonomisti e civici.
Sono abbastanza convinto che il numero di elettori PD nei miei contatti sia ben nutrito, a loro è destinato questo pensiero condiviso da Pancho Pardi sulle pagine de “Il Manifesto”.
Riflettano loro, ma anche gli elettori di altri partiti, sul valore della rappresentanza in questo paese.
Buona lettura.

Cari elettori del Pd, il partito in cui riponete le vostre speranze di un futuro migliore, in queste ultime settimane ha impegnato tutte le sue forze per stravolgere la Costituzione secondo un progetto concordato con Berlusconi.

La riforma del Senato vi viene presentata come il passaggio obbligato per modificare il bicameralismo, ma il vostro partito non vi dice quale sarà l’effetto principale della riforma. Il futuro Senato lascerà tutta la potestà legislativa alla sola Camera, conservata nella costosa pienezza dei suoi 630 deputati. E questa, secondo la legge elettorale già votata nella stessa Camera, sarà ancora, come oggi, formata da soggetti nominati dai segretari di partito e votati a scatola chiusa dagli elettori.

Peggio ancora: il rapporto tra maggioranza e opposizione sarà falsato dal premio di maggioranza e dalle soglie di accesso alla spartizione dei seggi. La più grossa delle minoranze col 37% dei voti avrà il 52% dei seggi. E non cambia molto se la soglia sarà posta al 40%: il premio sarà sempre del 15%. Per ora i partiti non coalizzati che non raggiungano l’8% saranno esclusi; così anche i partiti coalizzati che non tocchino il 4,5%. Per questi la beffa: i voti da loro raccolti aiuteranno il partito maggiore a guadagnare il premio, ma essi saranno esclusi dal Parlamento. Le modifiche alle soglie saranno poco più che limature. Sempre milioni di voti buttati via, milioni di cittadini privati della rappresentanza politica mentre la più grossa delle minoranze diventerà una falsa, ma legale, maggioranza. Non è finita: la falsa maggioranza potrà scegliersi il Presidente della Repubblica e modificare a proprio vantaggio la composizione della Corte Costituzionale e del Consiglio superiore della magistrat­ura. Così gli istituti di garanzia fondamentali saranno tutti in mano alla falsa maggioranza. Questa a sua volta, formata da nominati-ubbidienti, sarà in mano a chi l’avrà costruita. La dittatura della maggioranza alla Camera sarà esercitata sotto la dittatura del leader sulla sua stessa maggioranza. Tutto il potere a un uomo solo. La democrazia sarà ridotta alla possibilità di eleggere un capo ogni cinque anni.

Se Berlusconi da solo avesse tentato di produrre tutto ciò, i cittadini di centrosinistra sarebbero da mesi nelle piazze. Ora invece a voi, elettori del Partito Democratico, tocca vedere il vostro partito che real­izza il programma di Berlusconi insieme a lui.

Con il taglio ossessivo degli emendamenti e il contingentamento dei tempi d’intervento, le opposizioni hanno ormai briciole di tempo per parlare.
E nemmeno i cittadini potranno più parlare: le firme per le leggi di iniziativa popolare sono aumentate da 50 a 250 mila, le firme per i referendum abrogativi da 500 a 800 mila. Ora il governo promette di ridurre l’aumento. Ma non ha intenzione di annullarlo.

Cittadini, elettori del Partito democratico. Ricordate al vostro partito che nel 2006 il popolo sovrano a stragrande maggioranza aveva cancellato la riforma costituzionale di Berlusconi e confermato la Costituzione del 1948.


Ricordate al vostro partito che il Parlamento attuale è stato prodotto da una legge elettorale in cui la Corte Costituzio­nale ha riconosciuto gravi profili di incostituzionalità. Chi è stato eletto con questa legge ha il dovere primario di affrontare le difficoltà economiche del paese ma non ha il diritto di toccare la Costituzione. Ricordate al vostro partito che chi modifica la Costituzione deve ragionare come se potesse perdere le elezioni e non farsi illudere dalla prospettiva della vittoria. Ricordate al vostro partito che se dovesse un giorno perdere le ele­zioni sarebbe del tutto impotente di fronte alla nuova falsa maggioranza. Parlate con i vostri eletti. Fate sentire il peso della vostra opinione. Ricordate a voi stessi che se assisterete immobili o consenzienti a questo delitto contro la democrazia avrete perso una parte decisiva della vostra libertà.

giovedì 7 agosto 2014

Fratellanza

Prendo spunto, come spesso mi accade da un pensiero di Alain de Benoist, l’assonanza di idee è veramente terrificante.

I principi di una democrazia moderna spesso si identificano in tre valori: Libertà, Eguaglianza, Fratellanza.
Sull’essere liberi ed uguali si può essere d’accordo sostanzialmente solo se democratici, in ogni altra situazione ognuno da un valore ed un peso diverso a questi aggettivi.
Cosa invece potrebbe essere la fratellanza?

Si narra che si tratti di un qualcosa che non pare dissociabile dalla cittadinanza: esprime in senso politico, il legame che dovrebbe unire i cittadini.
Spesso si usa dire che tutti gli uomini sono fratelli … posso concordare, ma purtroppo gli eventi dimostrano che è la minoranza a pensarla così.

Stiamo comunque sul piano politico della faccenda; umanamente si è insiti nel dare una caratura ed una portata morale universale al termine fratellanza “tutti gli uomini sono
Fratelli”, ma tutto questo è poi  contraddetto dall’uso politico di questo vocabolo.

Ci ritroviamo ben poco di “fraterno” all’interno della fratellanza politica, che è una solidarietà elettiva e fa riconoscere come fratelli persone che sono connazionali, concittadini, comunitari, non familiari.

Era teoria del discusso Régis Debray che fratellanza non sia fraternità; esso affermava questi concetti:
La fratellanza è opposta alla consanguineità, è rimedio alla fratria […] Per me, si ha fratellanza infrangendo la cerchia della famiglia, la prigione delle comunità naturali, dandosi una famiglia elettiva, adottiva, una famiglia transnaturata, se non denaturata”.

Poiché i popoli, come gli individui, sono fatti di morti e di vivi, impossibile rispettare i vivi se non come fratelli minori dei morti”.

Stando a questo ragionamento ci si associa nella fratellanza politica solo perché nati nella stessa società politica, uno status che s’estende a ogni dimensione temporale; associa morti e vivi, essa si distingue decisamente dall’amicizia, sentimento durevole, legame
permanente, in qualche modo statico, la fratellanza si connette soprattutto a un
contesto, un evento, a una lotta.

Alla pari della solidarietà, la fratellanza replica a una situazione, emerge per opposizione o azione propositiva; essa sicuramente è anche più collettiva, più “popolare” dell’amicizia, che, col suo carattere elettivo, favorisce piuttosto il senso dell’élite.

Concorda de Benoist con il pensiero di Debray che qualifica la fratellanza quale “sentimento moderno e democratico”, conseguendo che la fratellanza non saprebbe definirsi come un puro sentimento, perché spesso è indissociabile dalla praxis, dall’azione (“l’amicizia culla, la fratellanza scuote”).

Si pone però un limite, la fratellanza separa tanto quanto unisce, per logica conseguenza la fratellanza politica non associa tutti gli uomini, anzi instaura una potente bipartizione fra chi è visto come fratello e chi no, integrando gli uni ed escludendo i secondi.
Nella fratellanza  va definendosi un noi collettivo per opposizione a chi al noi non appartiene, e tiene a distanza o emargina, dà a questo noi la possibilità di fare corpo, ma non c’è un noi senza un loro.


Ricollegandosi alla triade esposta ad inizio ragionamento si marcano nette determinate differenze di natura tra la fratellanza e gli altri concetti esposti, eguaglianza e libertà.

Libertà ed eguaglianza sostanzialmente sono dei diritti che si possono identificare: liberta d’espressione, di possibilità, ecc, la fratellanza non ha genitivo.
E’ meno un diritto che un imperativo, perfino un’obbligo. Ci si batte pro o contro la libertà
e l’eguaglianza, il che spiega come l’una e l’altra, quando s’affrontano fautori e
detrattori, possano dividere. La fratellanza invece riconcilia. Si è riuniti perché
l’obbligo è di tutti verso tutti, di ciascuno con gli altri.

Inoltre eguaglianza e libertà sono tendenzialmente dei diritti applicabili ai soli individui, possibili valori individuali, al contrario la fratellanza implica, per definizione, una comunità o una collettività, rappresenta l’antico concetto di bene comune. Insomma, la fratellanza non si distribuisce: è un bene indivisibile, di tutti i cittadini insieme, fusi in un corpo unico.

La fratellanza dunque si coltiva nella comunità, essa però necessariamente non coinvolge tutti, sta dunque a chi si professa sostenitore del bene comune alimentarla e sostenerla, sta a chi non è soddisfatto degli accadimenti pubblici inserirsi nel meccanismo; una sola cosa è certa, più cittadini condividono un percorso, più esso ha la possibilità di concretizzarsi, nel nome si del bene comune, ma anche in quello della fratellanza.



martedì 5 agosto 2014

Valori (7) Il Capirsi

“Ascoltare è una cosa magnetica e speciale, una forza creativa. Gli amici che ci ascoltano sono quelli cui ci avviciniamo. Essere ascoltati ci crea, ci fa aprire ed espandere”
(Karl Menninger)

Abbiamo detto che avremmo trattato anche dell'intelligenza nell’ascoltare il prossimo e capire ciò che dice, vediamo anche questa sera dove riusciamo a giungere.

Essere in grado di ascoltare certamente sta alla base dei rapporti umani, significa stima e rispetto per gli altri, oltretutto si tratta di un toccasana che discioglie molte difficoltà della psiche.
Spesso si parla di comunicazione, essa è composta da due fattori certi, chi comunica e chi recepisce: l'ascolto di certo è la base della comunicazione

Ogni istante vissuto nel quotidiano, famiglia, amici, lavoro, è fondato su delle relazioni umane che si basano sulla capacità di ascoltarsi reciprocamente. Ascoltare vuol dire essere disponibili, dedicarsi agli interlocutori ed ai compagni di vita e, quindi, cercare di capire ciò che essi interpretano, cosa li spinge ad agire. Ascoltare vuole anche dire saper interpretare gli scambi comunicativi e i silenzi, soprattutto significa saper accettare punti di vista divergenti dai propri.

Di certo la natura, soprattutto il tipo di vita sociale che viviamo dagli ultimi decenni, non ci predispongono all’'ascolto, siamo tesi tendenzialmente a concentrarci su noi stessi o ad interpretare a piacimento personale quanto apprendiamo. L'uomo tende soprattutto ad esprimere quello che prova, giudicare e dare consigli. 

Aggiungo un’altra considerazione firmata Goethe: "Parlare è una necessità, ascoltare è un'arte".

Stiamo divagando sull’ascolto, ma esso su cosa consiste? Sicuramente viene richiesto uno sforzo d'interesse, di concentrazione e d'attenzione, una vera e propria disponibilità verso il proprio interlocutore. Questo resta, soprattutto, una prova della stima che si prova per l'altro, del desiderio di concedergli del tempo e di aiutarlo... Ascoltare, quindi, vuol dire evitare il silenzio passivo.

Ascoltare attivamente  consiste nel sentire ciò che dice l'altro, ma anche nell’ascoltarlo veramente e, quindi, nel capirlo. Nel permettere a chi soffre di svuotarsi delle sue amarezze e del suo rammarico. Nel ripetere le dichiarazioni dell'altro, portandolo ad approfondire il proprio pensiero, pur restando positivi su tutti gli argomenti discussi e su tutte le soluzioni possibili, senza interpretare le sue opinioni. Grazie all’ascolto si crea un vero clima di rispetto, di stima e di fiducia tra due interlocutori. Quando una persona si confida, l’ascolto non è finalizzato ad indagare su di lei o a farla diventare una fonte d’informazioni, chiedendole precisazioni; ascoltare significa, semplicemente, prestarle attenzione, in modo da farle esprimere quello che sente e permetterle, a lungo termine, d’imparare ad ascoltarsi da sola e trovare la sua strada.

Nell’ascolto si potrebbe  concentrare sulla persona e non sul suo problema, ma io sono molto più propenso a sviluppare l’empatia. Ascoltare secondo questo canone consiste nel mettersi nei panni dell'altro per comprendere meglio ciò che sente evitando, però, di soffrire con lui. Questo serve a dimostrare all'altro che capisci quello che sta dicendo, e che può concederti la sua fiducia.

Partendo dai presupposti esposti appare chiaro che la capacità d’ascoltare sia quasi per nulla innata. Al pari di una lingua, l'ascolto s’impara e si perfeziona col tempo. Ascoltare significa sicuramente tacere, mettere da parte le tue preoccupazioni personali, non vuol dire pensare al posto dell'altro, vuol dire evitare di giudicare.

E’ certo che l’ascolto attivo si basa sull’empatia e sull’accettazione fondandosi sulla creazione di un rapporto positivo, caratterizzato da ’’un clima in cui una persona possa sentirsi empaticamente compresa’’ e, comunque, non giudicata.
Abbiamo parlato sin qui di ascolto, declinando il proprio esprimersi, ma ritengo sia importante anche sapersi fare ascoltare all’interno del reciproco scambio. Anche questa è un’arte, occorre condurre ogni conversazione con l’attitudine corretta, ovvero porsi l’obiettivo di “parlare in un modo che l’altra persona sarà felice di ascoltare”.

Prima di ogni conversazione occorre sviluppare i propri pensieri le proprie opinioni senza cadere nella trappola dei luoghi comuni e vedere le cose da più angolazioni aiuta a genere idee interessanti, poi la pratica gestirà il resto. Occorre anche sviluppare l’abilità di fare le giuste domande, quelle che veicolano apertura e accettazione sono quelle più apprezzate.

Durante una conversazione occorre sicuramente pensare prima di parlare valutando le connessioni con l’argomento trattato, la chiarezza espositiva e evitando le generalizzazioni, esprimere in maniera precisa e puntuale il concetto evitando di girarci attorno, evitare di ripetersi impegnandosi ad essere sintetici parlando massimo un minuto di seguito per poi dare la parola all’altro, comunicare curando il linguaggio del corpo, chiedersi sempre che tipo di reazioni ed emozioni genera quello che stiamo dicendo nell’altro.

Per comunicare al meglio occorre anche abbattere alcuni ostacoli quali magari la paura, le assunzioni e i preconcetti,le etichette e le generalizzazioni,l’insicurezza in noi stessi, i risentimenti e l’ essere troppo concentrati su se stessi.

Spero di non essere stato troppo prolisso, al prossimo argomento
(continua)