Sono e rimarrò sempre convinto di un idea: le piccole realtà
sono di fatto le più grandi depositarie di rapporti sociali e civici robusti.
Chiunque si adoperi nella loro consolidazione e proposizione, opera, senza
dubbio, a favore della ricostruzione sociale e politica di un Paese.
Non illudiamoci, comunque, che le nostre “piccole
patrie”siano integralmente immuni dalla disgregazione civica, sociale e
(soprattutto) morale che sta attanagliando la nostra epoca … questo va
esplicitato.
Vale a dire che dovremo andare a ridisegnare da capo il
senso di città, di comunità,di civicità; sensi che negli anni hanno subito una
deviazione non indifferente. Occorrerà, certamente, sviluppare il senso di
città considerando anche la propria specifica dimensione storica e la
proiezione universale imprescindibile.
Ne ho già scritto, amo il modello medioevale basato si su
una identità specifica, ma aperto, in modalità universale, sia commercialmente
che culturalmente, sempre più dialogante che offensivo.
Non si può prescindere, riflettendo politicamente di città e
comunità, da riflessioni storiche, sociali, politiche, urbanistiche su ogni
singola città.
La
città
Una città, necessariamente la riconosci e la puoi
interpretare, rimodellare solo attraverso quanto ha prodotto in passato; mi
viene da aggiungere una citazione di Robert Park: “La città è qualcosa di più di una congerie di singoli uomini e di
servizi sociali, come strade, edifici, lampioni, linee tranviarie e via
dicendo; essa è anche qualcosa di più di una semplice costellazione di
istituzioni e di strumenti amministrativi, come tribunali, ospedali, scuole,
polizia e funzionari di vario tipo. La città è piuttosto uno stato d'animo, un
corpo di costumi e di tradizioni, di atteggiamenti e di sentimenti organizzati entro
questi costumi e trasmessi mediante questa tradizione”.
Quanto qui sopra potrebbe apparire retorica, invece la
scommessa si gioca proprio sulla capacità di realizzare fusione di culture e di
comportamenti che solo forme elevate di
espressioni e di insediamenti umani possono determinare.
Urbanistica
Abbiamo citato tra l’altro l’urbanistica, non abbiamo
scritto una cosa da poco; scriveva Raffaele La Capria: “Cambiare la struttura urbanistica di una città significa cambiarne la
morale”.
Scriveva più pesantemente, ci sono anche situazioni non
chiare di forma più leggera, ma questo da un certo senso, Carlo Alberto Dalla
Chiesa: “La Mafia ormai sta nelle
maggiori città italiane dove ha fatto grossi investimenti edilizi, o
commerciali e magari industriali. A me interessa conoscere questa
"accumulazione primitiva" del capitale mafioso, questa fase di
riciclaggio del denaro sporco, queste lire rubate, estorte che architetti o
grafici di chiara fama hanno trasformato in case moderne o alberghi e
ristoranti a la page. Ma mi interessa ancor di più la rete mafiosa di
controllo, che grazie a quelle case, a quelle imprese, a quei commerci magari
passati a mani insospettabili, corrette, sta nei punti chiave, assicura i
rifugi, procura le vie di riciclaggio, controlla il potere”.
Senso
civico
Abbiamo scritto di riflessioni sociali, il “senso civico” in
questa categoria gioca un ruolo determinante, direi fondamentale. Gli
atteggiamenti di fiducia o sfiducia hanno radici storiche ed economiche,
l’atteggiamento di sfiducia nel prossimo è sintomatico delle società dove non
conviene o non è concessa la cooperazione, società cioè povere e/o
istituzionalmente disorganizzate in questo senso.
Comprensibilmente il senso civico esce screditato
dall’osservare l’inefficienza e la corruzione degli amministratori pubblici, la
prevalenza degli interessi particolari sugli interessi generali, la sistematica
violazione delle norme e/o la scarsa equità delle istituzioni verso i
cittadini. Con quali modalità è
possibile migliorare? Come promuovere il senso civico e le reti orizzontali?
Ribadiamo che a livello individuale il senso civico e
capitale sociale sono maggiori quanto più una persona:
- È cresciuta in un contesto familiare caratterizzato da
fiducia e disponibilità a collaborare verso con gli altri
- Ritiene di poter soddisfare i propri bisogni di vita
attraverso l’iniziativa personale e/o la collaborazione con gli altri
- E’ oggetto di atteggiamenti di rispetto e cooperazione da
parte degli altri e verifica che chi viola le regole paga pegno
- Ritiene di poter influire sulla gestione della cosa
pubblica e/o che la cosa pubblica sia bene amministrata.
Per ottenere questi risultati è possibile agire su più
ambiti, quali singoli cittadini possiamo:
- Manifestare un atteggiamento di gentilezza e cooperazione
verso gli altri e rifiutare la violenza come modo per risolvere i conflitti
- Rifiutare di essere parte di sistemi clientelari
- Sostenere quelle forze politiche e associazioni che
condividono questi valori
- Utilizzare una parte del nostro tempo libero per
intervenire a livello individuale e/o impegnarci assieme ad altri in attività
sociali
In mancanza di un contributo sociopolitico risulta però
molto più complicato ottenere risultati incisivi e duraturi, solo la presenza
di una società dove l’individuo può farsi valere per le proprie capacità e la partecipazione a reti orizzontali
permette di ottenere risultati positivi. Se non arriva l’input da parte degli
attori che gestiscono o influenzano la gestione dei servizi e la distribuzione
delle risorse pubbliche si complica
alquanto lo sviluppo del senso civico, necessita che ognuno di essi, nel
proprio ambito, si spenda per:
- Istituzioni pubbliche il cui funzionamento (inclusa la
gestione del personale e l’assegnazione di risorse pubbliche) sia basato sul
merito e reso trasparente, anche attraverso il coinvolgimento degli utenti
- Sanzioni efficaci con chi non assicura il rispetto o non
rispetta le regole e regole facili da comprendere e rispettare (ad esempio
senza cestini sulla spiaggia la quantità di spazzatura abbandonata è maggiore)
- Attività educative che evidenzino i vantaggi del senso
civico, del capitale sociale e della meritocrazia
- Assicurare possibilità di avanzamento sociale ai meno
abbienti, fra i quali spesso la mancanza di senso civico è particolarmente
diffusa.
- Una valutazione preventiva di tutte le scelte politiche e
delle normative sulla base di questi criteri.
Senso civico significa non solo riconoscersi nell’inno
nazionale o nella bandiera, ma anche in tutti quegli elementi che costituiscono
gli emblemi della cultura e del
paesaggio comunitario; il vantaggio che offre ad una comunità l’avere il senso
civico è, oltre alla possibilità di usufruire nell’immediato dei beni pubblici,
un risparmio economico per gli enti locali, i quali non si troverebbero più
nella necessità di dover riparare o
comprare nuove panchine oppure i vetri delle pensiline, pagando, inoltre, chi
li installerà, fermo restando i costi di manutenzione ordinaria.
Oltre
le città
E’ scattato, a mio vedere, opinabile se volete, un
meccanismo di autodifesa negli ultimi anni, un netto radicamento della
popolazione sul territorio, praticamente un “effetto non desiderato” dalla
nomenclatura europea, la quale sperava che con la crisi si potesse spazzare via
ogni residuo di identità nazionale e si ritrova invece con tanti popoli che
rivendicano se non l’autodeterminazione quantomeno l’autogoverno. Potrebbe
essere questo lo scenario futuro europeo: una serie di tanti Stati, piccoli sì,
ma più radicati con i popoli e quindi sempre più espressione di una forte
identità nazionale, da cui poter far ripartire il corso democratico interrotto
con l’avvento della dittatura della finanza internazionale.
Si delinea su alcuni fronti una volontà popolare orientata verso
una maggiore identificazione con la propria terra, in risposta alle mire di un
sistema senza Stati teorizzato e portato avanti dagli architetti del nuovo
ordine mondiale. Anche se qualche globalizzatore nega questa possibilità
esistono innegabili le radici "vere" della nostra identità, il legame
con la madre terra; la cultura, la storia, la lingua, identificano legando
l’uomo al territorio che calca o in cui è nato, ogni tentativo posto in essere
a negare l’esistenza di tali elementi, subirà una reazione del tutto opposta da
parte dell’individuo stesso. Certamente i caratteri regionali non sono dati
eterni e immutabili, ma sono anche, ma non solo, il frutto dell'interpretazione che gli attori
sociali ne danno nel corso del tempo.
Attualmente localismi e regionalismi sono una risposta
ribelle all'affermazione degli stati nazionali e alla conseguente costituzione
di centri di potere, burocrazie e istituzioni in grado di esercitare influenza
sulla periferia non solo nella sfera politica, ma anche in quello della
rappresentazione simbolica del senso di appartenenza.
Certamente è un ovvietà affermare che le piccole patrie di
per se stesse poi non reggono, più
difficile potrebbe essere invece tracciare quel percorso di confederazione
aperta ed elastica che occorre per ridisegnare una cartina decisamente più
funzionale, libera e sostenibile.
Un
possibile percorso
Scrivo, penso, da sempre sia inutile per ogni movimento che
sogna autonomia e/o indipendenza fare voli pindarici, essenziale è restare coi piedi per terra, non sognare
grandi alleanze extraterritoriali, ma impegnarsi sui propri territori a
cementare comunità vere e vive … diventare “catalani”, “scozzesi” richiede un
processo lungo che richiede la presenza di grandi spinte politiche. Potremmo
descrivere quantità immense di esempi, ognuno di essi però poi andrebbe testato
in una realtà contingente, che prima occorre creare.
Una minima traccia però possiamo seguirla. A mio avviso è
necessario ripartire dal “Locale” quale arma sia ecologica, che di rilancio
culturale e tradizionale; l’esperienza accumulata in milioni di anni non è poca
cosa.
Nel Locale troviamo quello spazio naturale in cui
l’individuo, reso tale dal modernismo e dal liberismo, torna ad essere un
tassello organizzativo, torna a sentire in se stesso lo status di appartenenza,
torna a sentirsi responsabile del proprio territorio; in questo “terreno
fecondo” possono crescere la vera democrazia partecipativa, il vero
federalismo, il commercio sostenibile e l’abbattimento del consumo energetico.
Non isolamento, però, attenzione, la sfida di questo
millennio è costruire un Locale che sappia relazionarsi, federarsi e
confrontarsi verso il resto della comunità, vicina, ma anche mondiale … dunque
basi solide e apertura verso l’esterno, purchè “virtuosa”.
Approfondiamo però per qualche istante su alcuni possibili
percorsi.
Occorre sicuramente
ri-localizzare quelle risorse che risultano fondamentali alla comunita';
potremmo inserire in scaletta ad esempio cibo, energia, edilizia, sanita',
oggetti ad uso essenziale.
Ogni buon amministratore locale dovrebbe riuscire,
innanzitutto, ad analizzare le ricchezze della propria comunita' e costruire un
piano di trasformazione che miri al massimo dell’autonomia, intesa nel
significato completo del termine. Vi sono esempi pratici disseminati, se pur
non ancora molto diffusi, sul pianeta.
Si può puntare tranquillamente allo sviluppo di orti
(privati, ma anche no), classici o anche pensili (sui balconi, ma anche in
casa, l’agricoltura idroponica ad esempio può aiutare), alla piantumazione di
alberi fruttiferi nei parchi pubblici e nei viali, allo sviluppo, magari, di
fattorie collettive.
Con la stessa fantasia (e lo stesso coraggio, va detto) si
possono stimolare anche gli artigiani e le piccole imprese nel produrre in
prospettiva al consumo locale e non di quello esportativo. I manufatti che
passano direttamente dal produttore al consumatore si ritrovano ad essere
sgravati dei costi dei sistemi di distribuzione, inoltre un trasporto a breve
raggio permette di abbattere una delle cause dell’inquinamento.
Chi amministra un ente locale spesso si ritrova in
difficoltà quando cercando di adempiere ad un proprio compito cerca soluzioni
di rilancio economico e produttivo. La cosa vista con superficialità appare spesso arida di
soluzioni, ma esistono visioni più profonde e coraggiose.
Possiamo pesare la ricchezza della comunita', se la vogliamo
intendere veramente per tale, anche tramite la capacità di autoprodurre quanto
poi viene acquistato ed usufruito sul territorio, sia come servizi, che come
consumo generico.
Possiamo su questo tema aiutare sia chi produce che chi
consuma; ad esempio l’acquisto consociativo di cibo e beni essenziali si traduce
in risparmio.
La creazione di una
rete di produzione locale efficiente e che porti realmente ad un servizio
valido, ad un abbattimento dei costi ed una certa sostenibilità consente di
proporre di investimenti localmente.
Cittadini ed imprese spesso e volentieri investono i propri
risparmi o gli utili in titoli di stato o in svariati fondi di investimento;
occorre invece dirottarli verso un investimento locale, economicamente anche
più sicuro e controllabile.
Aldilà dell’investimento su un edilizia cooperativa e
solidale i nostri amministratori possono puntare anche verso lo sviluppo di una
rete di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili che renda
autosufficiente il territorio.
Potrebbero (in parte, in realtà, in alcuni casi, si fa già) investire
e far investire aziende e consumatori indicando la via di un perfezionamento
energetico degli edifici tramite azioni quali l’ isolamento dei tetti, tripli
vetri, muri coibentati.
Non va sottovalutato neppure l’aspetto monetario locale. Se
ben intesa e sviluppata la moneta locale crea un meccanismo di doppio prezzo,
spendendo denaro locale (che viene così reinserito in circolo) hai uno sconto
sulle merci. Se ben intesa la moneta locale significa anche ciò che molti
definiscono “banche del tempo” (per me
si tratta essenzialmente di baratto). Questo meccanismo crea economia e moneta
virtuale, col tuo lavoro prestato acquisti un servizio, un interscambio di
servizi ben veicolato consente di maturare il servizio acquisito tramite una terza persona, che poi si
rivolgerà ad una quarta e via proseguendo … in tempi di vacche magre non è
male, e forse un tempo funzionava così automaticamente.
In questi momenti di crisi economica il nostro
amministratore deve avere la lungimiranza di intervenire su quello che gli è
concesso. Se magari non può permettersi di modificare un economia globale in
toto, cerca di viverne ai margini e creare contromosse.
Giorgio Bargna