sabato 13 giugno 2015

La strada elvetica

Di certo non sono un economista, anzi fatico anche a far quadrare i bilanci della mia famiglia, ma certe situazioni le noti, le capisci, anche se non sei un genio; quando non le noti è perchè hai le stesse tendenze dello struzzo.

Qualche anno fa il castello economico/sociale su cui ci basiamo arrivò allo stadio finale: la creazione di un Europa economica, unica, despota, uxoricida, in sostanza il “quarto reich”.

Quando venne introdotto l'Euro non avevamo nemmeno un requisito per entrarci, ma ne venemmo comunque assorbiti, assorbiti come una discarica, come uno dei primi paesi sacrificali.

Già la classe politica nostrana, che qualcuno descrive inetta e che invece sa benissimo il fatto proprio, ci aveva messi con la schiena piegata, li ci ha posti in ginocchio e con le mutande sfilate.

Stiamo mantenendo una casta autoreferenziata che ci sta sfilando ogni riserva da portafogli e conti correnti lasciandoci senza dei servizi decenti, ci stanno sfilando di mano il lavoro imponendo dei contratti schiavisti che ci hanno tolto la dignità, ci stanno sfilando di mano il lavoro assegnandolo ad una manodopera che negli anni hanno fatto entrare nel paese con l'intesa di mettere poveri contro poveri.

Quando c'è povertà subentrano due fattori: la rabbia e la paura.

Con la paura si gestice la rabbia. Aumentando il caos aumenta la paura ed il bisogno di sicurezza. ed allora è facile dirigere la rabbia nei luoghi desiderati. Ed ecco che l'italiano ha paura del rom, dell'immigrato, di chi gli ruba il posto di lavoro e si distrae da quello che è il suo principale nemico.

Quel nemico si chiama tecnocrazia, parte da Bruxelles, passa attraverso Roma e si dirama nelle regioni, nelle province e negli altri enti, nei partiti, nelle istituzioni in genere.

Da quel nemico ci dobbiamo guardare, di quel nemico dobbiamo guardarci le spalle per primo, a quel nemico dobbiamo sottrarre il potere.

Occorre lavorare sulle menti offuscate, lavorare su quelle teste nascoste sotto terra che illustravo all'inizio, occorre portare il potere e la decisione vicine al popolo sovrano.

Non ci sono strade alternative a quella elvetica: una repubblica basata sui municipi che si raggruppano in aree territoriali omogenee e sostenuta da una fortissima e sviluppatissima democrazia diretta.

Non sottovalutate quest'ultimo aspetto, noi cittadini, elettori italiani in realtà non abbiamo mai deciso “una beata minchia”; è ora di cambiare!!!

Giorgio Bargna






























giovedì 11 giugno 2015

Salvaguardia comune


Spesso dai cassettini della memoria mi riaffiora il ricordo di “Tribuna Politica”, trasmissione nata negli anni sessanta e condotta, tra gli altri, da Jader Jacobelli ed Ugo Zatterin. Ero molto piccolo allora, non toccavo ancora i dieci anni probabilmente, ma ricordo come seguivo affascinato la trasmissione. La discussione era sostanzialmente pacata e si trovavano dei contenuti completi di validità. E' vero che la situazione sclerotizzata della politica odierna è sicuramente frutto di alcuni “vezzi” nati allora, ma certamente a quei tempi mentre si metteva fieno in cascina, nella propria cascina, si cercava anche di perseguire il bene comune.

Nei vari anni molto si è modificato passando anche tra i vari “scandali Lockheed” e le varie “Tangentopoli” fino a giungere oggi a “Mafia Capitale”. Non si è modificato solo il “modo di intendere la politica”, si è modificato anche e soprattutto il modello concettuale degli elettori.

Non è certo un mistero che parecchi elettori votino persone e politicanti da cui sperano di ricevere qualcosa in cambio, se non addirittura anche candidati chiaramente mafiosi o chiaramente collusi.
Significa che essi li eleggono come propri rappresentanti, il tutto aldilà che abbiano la fedina penale sporca o che siano impresentabili.

Questa è la nostra società odierna, una società dove chi ha le mani linde spesso le tiene in tasca e non agisce per difendere la propria società, la società che in un futuro prossimo sarà dei loro figli.

Il nostro paese ha due sport nazionali da bar: fare il commissario tecnico della nazionale e fare il critico politico. In questo secondo sport l'italiano medio, dopo le imprecazioni e le critiche da bar e/o social network, dopo le dichiarazioni di amore o di odio verso questa o quella parte politica o verso l'assetto della politica, si aspetta sempre che sia un altro ad intervenire, che qualcun altro scenda in campo, ci metta la faccia, gli attributi.
Siamo in un momento storico nel quale criticare e non partecipare personalmente al cambiamento culturale serve sempre e solo alla casta. Il generale, diffuso disinteresse aiuta a lievitare questa corruzione sistematica. Di questo passo, con questo atteggiamento, non cambierà mai nulla e non ci potrà essere un futuro sostenibile per i nostri anni di vecchiaia e per l'intero arco di vita dei nostri figli.
Non possiamo limitarci all'attesa del pm di turno che scoperchia i segreti di pulcinella, prassi che tutti conosciamo ma che non si possono, non si vogliono, nominare. Non possiamo girarci dall’altra parte e fingere che non stia succedendo nulla, o peggio ancora votare questo o quello per cercare fortuna e vie più veloci per i nostri interessi.
Questo è il male principe dell’Italia, di un Paese dove siamo bravi a criticare dal di fuori o dietro un pc per poi nella vita quotidiana aver paura anche di denunciare il più semplice sopruso, di intervenire personalmente perchè non avvenga più in futuro. Questa “formula politica”, questa casta che ci dirige come un pastore guidaun gregge, di certo non ha tra le proprie priorità il “cambiamento”; solo la coscienza collettiva e partecipata potrà partorire il “cambiamento” ed obbligare le istituzioni ad un cambio di rotta.
Basta leggere o ascoltare le cronache, quotidianamente affiorano scandali nei quali rimangono coinvolti tutti a vari livelli.
Mafia Capitale è una minima percentuale di quanto si consuma quotidianamente tanto nei piccoli comuni quanto all’interno delle varie istituzioni. Volessimo applicare alla lettera la legge probabilmente non dovrebbe essere chiuso solo il Parlamento, ma per Mafia l’intero paese.
Non siamo mai stati un popolo di rivoluzionari e probabilmente non lo saremo mai, ma senza una vera rivoluzione culturale, senza provarci, così siamo e così resteremo.
Non ha importanza la nostra provenienza politica e cosa sognamo da un paese rifondato. Oggi che destra e sinistra pari sono nell'impegno di denudarci, dobbiamo radanarci inizialmente solo sotto il vessillo del cambiamento e del bene comune; solo in seguito a Paese risanato possiamo orientarci verso questo o quel credo...ma fino a quel giorno tutti dobbiamo impegnarci nello sforzo di un cambiamento culturale, che significa anche vigilare sulla politica in prima persona, entrandoci personalmente.
Non abbiamo poi così molto tempo prima che ci lascino anche senza mutande, diamoci una smossa.
Giorgio Bargna