Nelle cronache di questi giorni maledetti, abbiano letto e
sentito parlare di due ospedali realizzati in strutture fieristiche lombarde,
uno a Milano, l’altro a Bergamo.
Il secondo sembra funzionare al meglio, il primo stenta a
decollare, le due province entrambe hanno pagato un prezzo pesante di contagi,
viene difficile capire quindi il perché di questa differenza.
Cerchiamo, attraverso questo mio pensiero, di capire perché a
Milano si stenta a partire, ma soprattutto, a differenza dei tanti che si
limitano a puntare le dita su Fontana e Gallera (due persone che non figurano
assolutamente nella mia lista dei supereroi, ma che hanno dovuto affrontare,
loro malgrado, un disastro dalle dimensioni bibliche) cerchiamo di capire come
e perché si potrebbe utilizzare questo impianto sorto, a quanto si racconta,
grazie a donazioni private.
Una piccola prefazione dal sapore piccante prima di iniziare
(che varrà su ogni ragionamento), non si parli di mancanza di personale, siamo
un paese in guerra, che si trovi modo di spostare personale da dove non esiste
urgenza, o affanno, a dove occorrono, punto e basta. Non si parli di mancanza
di fondi, i soldi ci sono, vengono solo sperperati.
Si è parecchio parlato di questa struttura, sia per la sua
eccezionalità (il più grande, potenzialmente, reparto di terapia intensiva
esistente nel nostro paese), sia perché sembrava potesse sanare le lacune
lasciate sia dai tagli alla sanità, volute da svariati governi nazionali, sia
dalle indicazioni che Roma ha dato alle Regioni in tema di sanità locale,
affinché si puntasse sul Privato convenzionato.
Tra le maggiori critiche e ipotesi, tra l’altro anche di
persone che occupano ruoli di rilievo a livello di sanità, la possibilità di
“allargare” strutture già esistenti oppure il recupero di vecchi ospedali in
disuso.
Ora, mi scuso con tali laureati, dal basso della mia licenza
media inferiore, ma, uno mi spiegate come allargare delle strutture al collasso
in numero di medici e attrezzatura senza invadere altri reparti che già stanno
soffrendo di parziale abbandono causa la crisi, due, abbiate pazienza, ma anche
un bambino sa che una ristrutturazione costa molto molto di più e richiede
molto più tempo. Evitiamo di dire cose solo per sorridere a qualche corrente
politica.
Ora cerchiamo di dirottare verso il propositivo.
L’ospedale della Fiera di Milano non è ancora finito, quindi
si può tranquillamente mutare la sua utilizzazione (oppure intelligentemente
sfruttare quella originale), e ospita solo una quindicina (o poco più) di
degenti, segno che l’emergenza terapie intensive è in questo momento in calo.
Prima
ipotesi: sfruttare intelligentemente la
destinazione originale. Abbiamo ospedali che sono stati
trincee per settimane, che oggi hanno bisogno di far riposare il personale, di
sanificarsi, di riportare alle origini gli spazi di terapia intensiva per
poterli sfruttare al meglio e in sicurezza. In questo caso la Fiera sarebbe un
polmone molto utile.
Seconda
ipotesi: stiamo contando centinaia di
morti in case di ricovero ed RSA, possiamo ricoverare li alcuni di loro pro
tempore mentre si sanificano e ristrutturano assecondando i piani di riavvio
del Paese queste strutture.
Terza
ipotesi: abbiamo un alto numero di infetti in via di
guarigione o con sintomi che non richiedono terapia intensiva che stanno
intasando gli ospedali, la vita di altri reparti. Potrebbero essere gli
“inquilini” perfetti di questa struttura.
Esiste poi una mia quarta ipotesi che può
serenamente agganciarsi alla prima e alla terza. Presto o tardi dovremo uscire
di casa, tornare a lavorare, comprarci i vestiti e via dicendo. E se anche sono
convinto che noi lombardi tra Gennaio e Febbraio abbiamo inconsciamente
sperimentato “l’immunità di gregge”, i ritorni di fiamma del virus in Cina e
Giappone ci suggeriscono (senza la necessità di essere immunologi o virologi) che
il virus rimane vivo e che malgrado eventuali vaccini e cure sarà nostro compagno
di vita ancora parecchio tempo. Quindi se vogliamo tornare a curare anche le
patologie non urgentemente drammatiche abbiamo bisogno che i nostri ospedali
tornino almeno al penoso regime normale che avevano a inizio Gennaio.
Considerato questo non solo tornerà utile la struttura
fieristica milanese, ma dobbiamo sforzarci di immaginare altre strutture ex novo
dedicate essenzialmente al Covid.
Certo il tutto darà reso difficoltoso sicuramente, ops
probabilmente, dalla reperibilità di fondi, burocrazia e “necessità” di
piazzare referenti politici alla direzione di queste strutture; ma per una
volta mi auguro serietà, abnegazione e rinunce da parte della classe politica.
Per ottenere questo occorre però anche che i cittadini
spingano in direzione della tutela della propria salute e della propria vita,
quindi necessità che finita la quarantena gli sforzi profusi a produrre
migliaia di video ed immagini sarcastici o umoristici sul virus vengano
dirottati verso la sostenibilità e il bene comune.
Giorgio Bargna