giovedì 16 aprile 2020

L'Ospedale in Fiera


Nelle cronache di questi giorni maledetti, abbiano letto e sentito parlare di due ospedali realizzati in strutture fieristiche lombarde, uno a Milano, l’altro a Bergamo.

Il secondo sembra funzionare al meglio, il primo stenta a decollare, le due province entrambe hanno pagato un prezzo pesante di contagi, viene difficile capire quindi il perché di questa differenza.

Cerchiamo, attraverso questo mio pensiero, di capire perché a Milano si stenta a partire, ma soprattutto, a differenza dei tanti che si limitano a puntare le dita su Fontana e Gallera (due persone che non figurano assolutamente nella mia lista dei supereroi, ma che hanno dovuto affrontare, loro malgrado, un disastro dalle dimensioni bibliche) cerchiamo di capire come e perché si potrebbe utilizzare questo impianto sorto, a quanto si racconta, grazie a donazioni private.

Una piccola prefazione dal sapore piccante prima di iniziare (che varrà su ogni ragionamento), non si parli di mancanza di personale, siamo un paese in guerra, che si trovi modo di spostare personale da dove non esiste urgenza, o affanno, a dove occorrono, punto e basta. Non si parli di mancanza di fondi, i soldi ci sono, vengono solo sperperati.

Si è parecchio parlato di questa struttura, sia per la sua eccezionalità (il più grande, potenzialmente, reparto di terapia intensiva esistente nel nostro paese), sia perché sembrava potesse sanare le lacune lasciate sia dai tagli alla sanità, volute da svariati governi nazionali, sia dalle indicazioni che Roma ha dato alle Regioni in tema di sanità locale, affinché si puntasse sul Privato convenzionato.

Tra le maggiori critiche e ipotesi, tra l’altro anche di persone che occupano ruoli di rilievo a livello di sanità, la possibilità di “allargare” strutture già esistenti oppure il recupero di vecchi ospedali in disuso.

Ora, mi scuso con tali laureati, dal basso della mia licenza media inferiore, ma, uno mi spiegate come allargare delle strutture al collasso in numero di medici e attrezzatura senza invadere altri reparti che già stanno soffrendo di parziale abbandono causa la crisi, due, abbiate pazienza, ma anche un bambino sa che una ristrutturazione costa molto molto di più e richiede molto più tempo. Evitiamo di dire cose solo per sorridere a qualche corrente politica.

Ora cerchiamo di dirottare verso il propositivo.

L’ospedale della Fiera di Milano non è ancora finito, quindi si può tranquillamente mutare la sua utilizzazione (oppure intelligentemente sfruttare quella originale), e ospita solo una quindicina (o poco più) di degenti, segno che l’emergenza terapie intensive è in questo momento in calo.

Prima ipotesi: sfruttare intelligentemente la destinazione originale. Abbiamo ospedali che sono stati trincee per settimane, che oggi hanno bisogno di far riposare il personale, di sanificarsi, di riportare alle origini gli spazi di terapia intensiva per poterli sfruttare al meglio e in sicurezza. In questo caso la Fiera sarebbe un polmone molto utile.

Seconda ipotesi: stiamo contando centinaia di morti in case di ricovero ed RSA, possiamo ricoverare li alcuni di loro pro tempore mentre si sanificano e ristrutturano assecondando i piani di riavvio del Paese queste strutture.

Terza ipotesi: abbiamo un alto numero di infetti in via di guarigione o con sintomi che non richiedono terapia intensiva che stanno intasando gli ospedali, la vita di altri reparti. Potrebbero essere gli “inquilini” perfetti di questa struttura.

Esiste poi una mia quarta ipotesi che può serenamente agganciarsi alla prima e alla terza. Presto o tardi dovremo uscire di casa, tornare a lavorare, comprarci i vestiti e via dicendo. E se anche sono convinto che noi lombardi tra Gennaio e Febbraio abbiamo inconsciamente sperimentato “l’immunità di gregge”, i ritorni di fiamma del virus in Cina e Giappone ci suggeriscono (senza la necessità di essere immunologi o virologi) che il virus rimane vivo e che malgrado eventuali vaccini e cure sarà nostro compagno di vita ancora parecchio tempo. Quindi se vogliamo tornare a curare anche le patologie non urgentemente drammatiche abbiamo bisogno che i nostri ospedali tornino almeno al penoso regime normale che avevano a inizio Gennaio.

Considerato questo non solo tornerà utile la struttura fieristica milanese, ma dobbiamo sforzarci di immaginare altre strutture ex novo dedicate essenzialmente al Covid.
Certo il tutto darà reso difficoltoso sicuramente, ops probabilmente, dalla reperibilità di fondi, burocrazia e “necessità” di piazzare referenti politici alla direzione di queste strutture; ma per una volta mi auguro serietà, abnegazione e rinunce da parte della classe politica.

Per ottenere questo occorre però anche che i cittadini spingano in direzione della tutela della propria salute e della propria vita, quindi necessità che finita la quarantena gli sforzi profusi a produrre migliaia di video ed immagini sarcastici o umoristici sul virus vengano dirottati verso la sostenibilità e il bene comune.

Giorgio Bargna


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