E’ innegabile che, un paio di secoli fa circa, qualcuno volle
fortemente la nascita della nazione italiana. Non stiamo a sindacare sulle
motivazioni, ma quando una nazione non sorge spontanea, sulle sue fondamenta
qualche dubbio aleggia. La storia democratica del paese nei secoli iniziali
probabilmente non è discutibile ai giorni nostri con paragoni seri, erano
sicuramente epoche diverse (anche se vi sono state comunque isole felici), la
democrazia spesso era un ipotesi e la voluta ignoranza imposta al popolo
aiutava i beceri ad imporsi.
Diverso era già invece il discorso alla metà del secolo
scorso, anche se le masse ancora erano analfabete già erano, a mio vedere, più
coscienti ed una certa “intelligencija”,
passatemi il termine, era già formata.
Malgrado ciò nell’affrontare
la scrittura costituzionale del paese si fece di tutto per eclissare scelte
federalistiche e/o indirizzate verso una formula democratica di tipo diretto o
partecipativo.
Il Popolo è stato
privato del diritto, ne avremmo poi conosciuto sulla nostra pelle le
motivazioni, di esercitare in modo diretto e assembleare la sovranità. Depredato
della possibilità di decidere secondo i canoni della cosiddetta democrazia
partecipativa ha la sola facoltà di eleggere dei rappresentanti che esercitano
il potere sovrano.
In quella che è sta
definita tale, in quella che è la liberal-democrazia l’intromissione dei
rappresentanti parlamentari è determinante.
Se c’è stato un tempo
in cui la classe politica era fine a se stessa nel tempo, a mano a mano che il
capitalismo si imponeva, in seguito abbiamo avuto una trasformazione essenziale
… l’economia, anzi il profitto ha cominciato ad indirizzare.
Ad ispirare questo
mio dire è stata una lettura sulla “governance”.
Si tratta sostanzialmente del governo di un’impresa, perché ormai,
visti gli sviluppi internazionali non certo casuali, le nazioni sono diventate
parti integranti, ma anche succubi, di qualcosa che in sostanza sono delle SPA …
qualcuno alla fine incassa molto, altri ci mettono dentro altrettanto … esistono grandi azionisti,
detentori del pacchetto di controllo, che non necessariamente devono corrispondere
alla maggioranza assoluta delle azioni.
Lo
stato/impresa ormai si disinteressa completamente della democrazia, diretta o
indiretta che sia, l’importante è rispondere agli input della BCE o dell’ FMI,
i governi nascono senza avvalli e le
leggi elettorali vengono varate nell’ottica di salvaguardare l’indipendenza
decisionale della classe dirigente. Lo Stato ed il Libero Mercato dovrebbero
cozzare tra loro, in sostanza pare avvenire il contrario.
Se
ci pensiamo la nostra Costituzione, che teoricamente dovrebbe essere ancora
rappresentante, tutelerebbe la Sovranità Popolare ( “La sovranità appartiene al
popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”), si opporrebbe a “gli ostacoli di ordine economico e sociale,
che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono
il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i
lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” e
dovrebbe riconoscere ad ogni cittadini il diritto di lavorare e vivere
decentemente.
La
risoluzione sta a mio vedere nel localismo, nel Federalismo Municipale, ma
occorre lavorare per questo, occorre la politica attiva sul territorio, occorre
occupare democraticamente i Municipi e poi federarsi. La congiuntura economica
potrebbe convincere alla fine la gente che questa è la giusta soluzione per
liberarsi dallo schiavismo economico che ci ha aggiogati, ma occorre prodigarsi
in merito, occorre che i mille rivoli rivoluzionari si aggreghino.
Se
sia meglio poi un autogoverno o un’autodeterminazione oppure chissà che altro lo
decideremo in seguito, l’importante è a mio avviso sfondare la porta tramite un
fattore comune, l’autonomia economica e politica…la sfida è questa, mi auguro
sino in molti a capire ed ad impegnarsi, mettendo da parte le differenze ed
unendo le similitudini.
Giorgio Bargna