sabato 22 marzo 2014

La svolta (fam, füm, frèc e fastìdii)

Appare ormai chiaro a tutti che sia in atto un certo “difetto democratico”, un certo totalitarismo finanziario, di stampo, diciamo, europeo avvallato però dall’establishment politico nostrano.

Grida d’allarme arrivano da politici antagonisti, filosofi e giornalisti di ogni nazionalità ma soprattutto ultimamente (vedi il caso Veneto) si cominciano ad avere segnali dai cittadini. Se ne stanno accorgendo anche i nostri poco amati rappresentanti nazionali, l’attuale Presidente della Camera dei Deputati italiana durante una visita in Grecia nel 2013 auspica (oh, che amor di donna) “una conferenza sull’altra Europa per combattere il montante populismo antieuropeo e per arginare le ondate di intolleranza”.
Questo “difetto democratico”, una sorta di “spread politico”, è una situazione, un emergenza su cui costruire il cartello politico di un movimento innovatore; un cavallo di battaglia da cavalcare ad ogni prossima elezione, di ogni genere e grado.

Anche tra la gente comune, dicevamo, comincia cavalcare un disagio, un insofferenza, una voglia di cambiamento, lo dimostra il caso Veneto, ColoR44, il Drappobianco (ancora Lombardia), il movimento dei Forconi.
Cittadini ed imprenditori cominciano a capire di essere stati indirizzati ad un futuro fatto (come si dice dalle mie parti) di fam, füm, frèc e fastìdii . Cominciano a realizzare che è stato distrutto l’assetto economico di un Paese, il futuro delle generazioni presenti e prossime a venire, sterminato il mondo del lavoro.
Si comincia sempre così, cautamente, poi se i messaggi non vengono recepiti può succedere di tutto, le rivoluzioni accadono spesso a volte di stile ghandiano a volte meno.
Si sta svegliando chi in questi anni ha dormito. Si sta svegliando attribuendo in toto le colpe alla “classe dirigente”, ai sindacati, all’informazione. Si sta svegliando chi comunque, a mio avviso, dormendo è concausa del proprio male, anche se va detto che è stato drogato per benino tramite l’assetto consumistico di questa società.

Incredibilmente si è instaurata, pacificamente, una dittatura strisciante, all’acqua di rose, senza che i popoli se ne rendessero conto; che i sindacati, i giornalisti, gli economisti, gli autonominatisi democratici si rivoltassero contro questi attacchi alle nazioni, cito su tutti  l’attacco all’articolo 4 della Costituzione Italiana.
E’ giunta l’ora che un partito faccia proprie, seriamente, senza poi trasformarsi lui stesso in classe dirigente, queste istanze; questo movimento sbancherebbe ad ogni elezione accaparrandosi probabilmente i voti anche di chi ultimamente ha disertato le cabine elettorali, di ogni ribelle, di ogni dissidente, di ogni sincero democratico.
E’ giunta l’ora che ufficialmente qualcuno ponga accenti sull’euro e l’attuale Unione Europea, sugli attuali livelli ed i motivi scatenanti della disoccupazione, su un Welfare annientato, su un immigrazione apparentemente priva di controllo che serve solo ad alimentare le tasche di qualcuno, su una sicurezza ormai inesistente dentro e fuori le mura di casa e le mura del luogo di lavoro, su una democrazia solo di facciata, su una libertà fatta di nulla, su una moralità ormai latitante, su una sanità pubblica terzomondista, su una scuola svuotata di ogni contenuto.
Occorre indirizzare il popolo verso la democrazia reale, di stampo svizzero, in modo che possa capire i problemi, e risolverli. Vi sono gli strumenti democratici e vi sono le persone capaci e oneste in grado di portare alla svolta. Occorre solo crederci, ma crederci ed impegnarsi davvero e non dico sarà una passeggiata, ma nemmeno sarà una maratona.

Si è dormito troppo, alcuni ancora stentano a risvegliarsi malgrado le urla della situazione, ma possiamo farcela ad allontanare un accozzaglia di gente, in parte consapevole delle proprie azioni, in parte inetta che sapeva benissimo che, sia in caso di scelte consapevoli che in caso di errori, a pagare c’era lo Stato con i suoi cittadini.

Ho letto in un articolo di quando andava dicendo un banchiere, uno tra i più potenti: “se le cose vanno poi storte noi siamotoo big to fail” (troppo grandi per fallire)”.
Anche le persone possono essere numeri molto grandi, che contano, quando decidono di non essere più sbattute come tappeti.

Giorgio Bargna



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