giovedì 23 agosto 2018

Figli


Succede sovente che diventando genitori riaffiorino in noi i ricordi della nostra infanzia e della nostra crescita. Che nascano spontanee riflessioni sulla nostra educazione, che sia nostra convinzione tramandarla. E’ spontaneo che questo avvenga, inconsciamente, ma presumo che questo, anche se ci incorriamo in molti, sia un errore.

Non sempre riesco nel mio impegno, ma ritengo che per avere un figlio sereno un genitore debba essere sereno, soddisfatto di se stesso, quantomeno di quanto si sia impegnato a realizzare, con qualsiasi profitto si sia prodotto.

Allora sarà il genitore e non il nonno o la prozia a rilasciare qualcosa al ragazzo. E’ necessario però non cadere in un errore macroscopico.

Tuo figlio non dovrà essere ciò che tu desideri, non dovrà forzatamente portare avanti la tua professione e neppure obbligatoriamente tifare la tua stessa squadra sportiva. I ragazzi devono apprendere dai grandi, ma sbagliare da soli, eventualmente. Ogni loro passione e interesse devono essere supportati da te, se inquadrati nei termini di legge.

Cito Kahlil Gibran: “Non pensare mai che i figli siano la tua ragione di Vita. Noi siamo solo il tramite attraverso cui la Vita giunge a loro ma “essi non sono i nostri figli, sono figli della Vita stessa”, quindi dobbiamo insegnare loro a spiccare il volo con le proprie ali.

Non pensiamo mai di poter costruire la nostra vita su di loro, costruiamoci una nostra svincolata anche se non impossibile da tramandare. Non coinvolgiamo i nostri figli nelle beghe di una relazione difficoltosa, non mettiamoli nella scomoda posizione di correi, loro sono i primi a volere la felicità in un gruppo familiare.

Purtroppo molti genitori, tutti almeno in qualche caso, cercano di evitare ai propri figli ogni minimo disagio; un errore fondamentale perchè poi da adulti si trovano ad esperire i normali momenti di frustrazione della vita, allora si ritrovano a pensare che vi sia qualcosa di terribilmente sbagliato.

I nostri ragazzi ci danno grandi soddisfazioni, quando hanno successo, la cosa ci rende più felici che se fossimo stati noi a ottenerlo.

Ma se siamo troppo coinvolti nelle loro vite trovare la linea di demarcazione tra noi e loro diventa arduo, rischiando di trasformare la nostra genesi in una nostra seconda possibilità di successo, misceliamo l’attenzione che dobbiamo a noi e a loro diventando praticamente un corpo unico, la loro felicità inizia a confondersi con la nostra. Evitiamolo, genitori e figli hanno diritto e dovere ognuno della propria vita, del proprio successo, delle proprie necessità.

Molti di noi genitori desiderano che la loro prole li ami a ogni costo, che vi sia solamente lode e apprezzamento. Ma se faccio bene il mio lavoro di genitore, ci saranno volte in cui si arrabbieranno, e in cui non piacerò loro affatto. Alzeranno gli occhi al cielo, sbufferanno e si lamenteranno, e diranno che avrebbero preferito nascere in un'altra famiglia. Me lo sento dire spesso da un ragazzo, il mio, con le sue belle difficoltà ereditate dalla natura. Ma cercare di essere il migliore amico di tuo figlio può solo finire per renderti più permissivo, spingendoti verso scelte dettate dalla disperazione, cioè dal timore di perderne l'approvazione. Quello non è amore; è un nostro bisogno.

Da piccoli vanno protetti, ma da più grandi hanno bisogno che si formi la loro personalità si formi, la loro fiducia in se stessi, la loro forza e resilienza, allora dobbiamo lasciare che affrontino le avversità e assaggino l'orgoglio di chi, superandole, ne esce più forte di prima. È duro veder fallire i propri figli, ma a volte dobbiamo farlo. A volte dobbiamo chiederci se intervenire sia nel loro interesse. Ci sono un milione di modi per amare un figlio, ma pur cercando di renderli felici, cerchiamo di restare coscienti del fatto che a volte il dolore a breve-termine è un guadagno a lungo-termine.

Un piccolo spazio lo voglio donare a chi ancora non è genitore ma vorrebbe esserlo.

Non fate figli per non essere criticati dalla società, per conformarvi alla pressione sociale. Perché poi nascono comportamenti che alternano l’amore al disprezzo, al cinismo, egoismo e altro. Con le parole come “devo andare a prendere i figli a scuola”, “devo comprare alcune cose al figlio”, “devo vedere se ha studiato”  capisci che è un dovere più che un piacere.

Non procreate col pensiero  che da anziani avrete qualcuno che si occupi di voi.  Se mettete al mondo un figlio che non sia un gioiello da mostrare, ma qualcosa da amare anche se non sempre obbediscono e/o sono ribelli.
Non fate figli per amor proprio insomma, ma per amor loro.

La vita mi ha messo davanti ad una certa difficoltà da padre, questo di tanto in tanto, mi fa riflettere sui miei errori di padre.

Grazie per la pazienza,
Giorgio Bargna

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