Pubblico
quest’oggi un mio pensiero sul
Federalismo scritto nell’Aprile del 2011, o meglio su la mia visione di esso,
buona lettura.
Federalismo, Stato
federale e Stato regionale.
Da ormai quasi un ventennio il nostro paese, almeno a
parole, si è affacciato al panorama del federalismo, attrezzandosi verso di
esso con alcune "formulette magiche", cercando di adeguarsi al trand
normativo proprio di alcuni stati di area comunitaria; in realtà, in Italia di federalismo vero e
proprio non si può di certo parlare, anche se esso (così come dicemmo dei
processi partecipativi) non è un
concetto unico e ma un principio definibile una volta per tutte, è piuttosto un
processo dinamico che segue il percorso tracciato dalla voglia di autonomia dei
vari status territoriali e da quella dei cittadini.
Per proseguire lucidamente il nostro discorso distinguiamo
immediatamente lo Stato federale dal Federalismo: uno è un'organizzazione
politico-costituzionale, l'altro è un processo storico che si delinea grazie
alla condivisione di intenti di componenti di varia natura che tendono a
trattarsi con dei rapporti di tipo paritario; a volte i due concetti si
incontrano, ma lo stato federale non necessariamente nasce da una spinta
federalista concreta. In Italia durante questo processo si è parlato di
federalismo fiscale, di devolution, financo di stato regionale, di federalismo
reale, ben poco.
Il Federalismo, di per se stesso, lo dice la parola, è un
processo, non solo politico, che tende ad aggregare tanto nel privato (vedi le
associazioni), che nel politico-istituzionale.
Il vero Federalismo, a dispetto della falsità propinataci,
fa si che lo stato centrale serbi per se solo alcuni poteri, gli altri sono
riservati alle comunità associatesi, nella legislazione e nell'amministrazione;
le falsità federative italiane invece dispongono leggi stabilite a Roma e fatte
rispettare dagli enti locali: definirlo stato regionalista a fargli un
complimento!
E' chiaro che nei nostri territori la Federazione non possa
nascere certo dall'esistente teoria di aggregazione (lo stato unitario) ma
bensì delle Autonomie Locali associate in territori omogenei, aventi lo stesso
ceppo linguistico, le stesse tradizoni, le stesse ambizioni; il tutto
supportato dalla decisione popolare, la democrazia diretta e partecipata, in
pratica la sovranità popolare, unici poli aggregativi moderni.
Punto di forza necessario al Federalismo è il principio di
sussidiarietà che presuppone un assetto fondato su di un criterio di
distribuzione delle competenze che lascia molto spazio alle competenze
concorrenti, consentendo di preferire il livello locale piuttosto che quello
centrale nell’erogazione delle prestazioni, in quanto il livello locale,
essendo per sua stessa natura più vicino ai cittadini, è certamente il più adatto
ad avvertire i bisogni della collettività e di conseguenza a soddisfarli.
L’introduzione del principio di sussidiarietà, infatti, dà
luogo ad una sorta di “sistema binario” che va a basarsi sulla relazione
esistente tra interessi generali ed interessi locali, ma è comunque sempre
tendente all’integrazione tra il centro e la periferia.
Spesso i detrattori del federalismo si appellano alle
differenze di natura demografica, economica e sociale esistenti nei vari
territori, che io ritengo ovvie, ma che costituiscono però la vera ragione di
una necessità federativa costituendo il più grande motivo associativo,
appianato però dal rischio causato dalle difficoltà alla realizzazione concreta
del progetto federale, e che può andare a compromettere l’effettivo rispetto
del principio di uguaglianza. Ecco perchè si è posta da subito la necessità di
riaffermare che il rapporto tra federalismo, su cui si è avviato il Legislatore
costituzionale italiano, ed eguaglianza dei diritti, principio fondamentale
contenuto nell’art. 3 della Costituzione, anche nella sua delicata e difficile
armonizzazione, è un rapporto che deve necessariamente trovare una combinazione
in una ripartizione equilibrata e chiara del potere tra Stato ed autonomie; va
dunque applicato un decentramento equilibrato, ma non "buonista" che
riequilibri le differenze sostanziali ( a livello economico) tra le varie
realtà locali, evitando che si vadano a creare differenze di trattamento tra i
cittadini in relazione al luogo ove essi risiedono.
Scrivo questo perchè se io lasciassi parlare la sola parte
federalista presente in me asserirei che la libertà sia primaria posta innanzi
all'egualianza, per fortuna però mi ritengo anche democraticamente presente e
presuppongo quindi che l'istanza libertina e quella egualitarista debbano
viaggiare il più possibile di pari passo, anche se questo percorso è di certo
tormentato.
Il Federalismo puro
Il Federalismo puro, non quello spacciato dalla Lega in
questi decenni, non si connota nella chiusura territoriale, ma è un federalismo di tipo cooperativo.
Laddove il federalismo nasce di sana pianta converrà vigilare con attenzione
affinchè esso, essendo visto quale mezzo in grado di tutela delle diversità,
non diventi mezzo sterilizzatore dell'eguaglianza, questo perchè, da sempre, il
federalismo è visto come un processo tendente all’unità, anche se si tratta
dell’unità di diversi, e che l’unità trova, nell’eguaglianza, il suo fattore
determinativo.
Equilibrio tra
autonomia ed unità.
L'organizzazione federale di uno stato, pur essendo
strumento di tutela delle diversità, si orienta comunque ad essere mezzo di
integrazione tra centro e periferia, integrazione che va sostenuta grazie alla
realizzazione di normative che sostengano l’equilibrio tra autonomia ed unità,
equazione di libertà ed eguaglianza; normative che si oppongano ad una troppo
marcata frammentarietà del sistema. Le esigenze dello stato centrale e quelle
delle autonomie locali vanno inquadrate unitariamente e complementarmente, così
da essere in grado di salvaguardare l’indivisibilità della Repubblica ed il
principio della cittadinanza sociale, ma anche di tutelare le diversità
sociali, economiche e territoriali da sempre presenti nel Paese. Sono
assolutamente necessari di tutela due valori: da un lato quello dell’universalismo
nell’accessibilità dei beni comuni da riconoscere a tutti i membri della
comunità politica nazionale, e dall’altro il rispetto e la promozione
dell’autonomia e della responsabilità delle comunità locali che significa, si,
dare maggiore spazio alle decisioni che siano più vicine alle preferenze
locali, ma che significa anche che in questo modo possono realizzarsi
differenze nei servizi pubblici a livello locale.
Giorgio Bargna
6 commenti:
Poiché si afferma che le parole sono come pietre, qualche precisazione vale la pena di farla:
1 – NON ESISTONO: “Le esigenze dello stato centrale”. In un'organizzazione federale le unità sono e rimangono SOVRANE, e DELEGANO alla federazione solamente alcune funzioni.
2 – Ancor meno: “le autonomie locali vanno inquadrate unitariamente e complementariamente, così da essere in grado di salvaguardare l’indivisibilità della Repubblica”. Un soggetto SOVRANO, così come è libero di federarsi, altrettanto deve essere libero di SECEDERE laddove il “foedus” o patto non è più conveniente. La fanfaluca dell'indivisibilità è propalata dalla partitocrazia corrotta e corruttibile. Dalle classi dominanti, non certo dirigenti.
3 – Tutto il resto del discorso fatto al sottotitolo “Equilibrio tra autonomia ed unità” va necessariamente ribaltato. Quindi:
“tutelare le diversità sociali” - a casa tua ci pensi tu a tutelare le diversità tra i tuoi componenti famigliari, NON hai bisogno che venga io (o la federazione) a spiegarteli o a farteli rispettare. Concetto di sovranità.
“il rispetto e la promozione dell’autonomia e della responsabilità delle comunità locali”, vale come sopra. E se la federazione ci mettesse il becco o imponesse Leggi e/o condizioni, saresti legittimato a SECEDERE dalla federazione stessa.
4 – Poiché il federalismo è anche accettato come sinonimo di CONTRATTUALISMO, va da sé che le singole unità federate possono e debbono CONTRATTARE tutta la parte di sovranità che DELEGANO; ma MAI CEDONO.
S'intende che queste non sono opinioni personali. Sono principi federali.
Enzo Trentin
Caro Enzo è difficile stabilire quale sia il vero principio federale e temo non saremo in grado di farlo ne io, ne te, ne nessun altro; il principio vero quello buono si costruisce percorrendo un progetto. Noi viviamo in una nazione già esistente e quindi dovremo democraticamente seguire un certo percorso; dopodichè a Cantù non ci piace fare solo teoria e quindi siamo passati alla pratica con la prima azione che intendevamo necessaria per orientarci verso il federalismo che vogliamo noi, quello di stampo municipale.
Abbiamo protocollato oggi la proposta di delibera consiliare istitutiva di una nuova regione a statuto speciale formata dalle tre province di Como, Lecco e Sondrio, avviando così formalmente la procedura costituzionale prevista dall'articolo 132 della nostra Costituzione.
Si tratta di una delibera che portammo in Consiglio già nel 2008, ma allora eravamo all'opposizione e non riuscimmo a farla approvare (ci votarono contro tutte le forze politiche rappresentate in Consiglio, compresa la Lega).
Oggi non solo siamo in maggioranza (e dunque approveremo la delibera) ma esistono anche le condizioni politiche affinchè non solo il nostro Comune ma tanti altri del nostro territorio, come previsto dalla Costituzione, si uniscano in questa impresa davvero storica che, per quanto mi riguarda, rappresenta l'obiettivo politico più ambizioso che personalmente mi sia mai dato.
Nelle tre province di Como, Lecco e Sondrio, vivono oggi poco più di 1.122.000 persone, un numero più che sufficiente, ai sensi di Costituzione, per costituire una nuova regione.
L'art.132 della Costituzione prevede che la richiesta di nuova costituzione debba essere deliberata da tanti consigli comunali che rappresentino almeno 1/3 della popolazione interessata (e dunque che rappresentino almeno 374.000 abitanti).
I primi 40.000 ce li mettiamo noi con la nostra delibera.
Quanti saranno i Consigli Comunali che si aggiungeranno dopo la nostra delibera?
Lo vedremo. Personalmente confido innanzitutto nei molti consiglieri comunali e sindaci davvero civici e davvero liberi dalle gabbie di partito, che in questo momento, governano molti nostri Comuni.
Il tempo delle chiacchiere partitocratiche è finito. Non ci sono più alibi. Non c'è più alcuno spazio per i soliti giochini partititici.
Oggi si gioca a carte scoperte in modo che tutti possano vedere e giudicare chi fa sul serio e chi no.
Mio caro Giorgio,
in primo luogo non è vero, come scrivi tu che: «...è difficile stabilire quale sia il vero principio federale e temo non saremo in grado di farlo ne io, ne te, ne nessun altro; il principio vero quello buono si costruisce percorrendo un progetto.»
A smentirti non sono io, bensì Daniel Elazar, uno dei più prestigiosi studiosi del federalismo moderno, che in “Idee e forme del federalismo”, Ed. di Comunità, a pag. 91, sostiene:
«La sovranità, nelle repubbliche federali, viene inevitabilmente attribuita al popolo, che delega i propri poterei ai diversi governi, o che si accorda per esercitare direttamente quei poteri come se esso stesso fosse il governo (come accadeva nei Cantoni svizzeri tradizionali). Il popolo sovrano può delegare e dividere i poteri come meglio crede, ma la sovranità rimane su proprietà inalienabile. Ne consegue che nell'esame dei governi federali il problema della sovranità non compare; si presenta solo la questione del potere. Nessun governo (o per estensione nessuna carica) può ritenersi "sovrano" e quindi credere di avere poteri illimitati, residuali o ultimi. [...] Quindi il principio federale rappresenta un'alternativa (e un radicale attacco) alla moderna idea di sovranità.»
Non è stato difficile, da qui, giungere alla conclusione che il federalismo, in quanto idea di stato fondata sulla Sovranità popolare e sulla Democrazia intesa come governo popolare (D.D.), si oppone al concetto di stato moderno, reificato, sovrano, ACCENTRATO ed INDIVISIBILE, basato sulla rappresentanza integrale, quale oggi è il modello costituzionale della Repubblica Democratica che hanno voluto, pur in un momento molto difficile, i costituenti del 1948.
Ciò premesso, stante la Costituzione attuale, nessuna forma di federalismo reale è concreta o fattibile. Ed io questo contestavo (bonariamente) del tuo intervento.
Questo, s'intende, non inficia l'azione che tu ed i tuoi collegi di Cantù andate a concretizzare.
Sono anche d'accordo con te laddove scrivi: «Il tempo delle chiacchiere partitocratiche è finito. Non ci sono più alibi. Non c'è più alcuno spazio per i soliti giochini partititici. Oggi si gioca a carte scoperte in modo che tutti possano vedere e giudicare chi fa sul serio e chi no.»
Tuttavia, vedrai come “t'incarteranno la caramella”. Ovvero vedremo come daranno concretezza alle istanze del territorio. Infatti, quanti sono i Comuni che hanno fatto e vinto un referendum CONSULTIVO per cambiare la loro collocazione in questa o quella Regione? Tanti! Quanti hanno visto nello Stato in soddisfacimento di queste espressioni di democrazia diretta? Nessuno!
Quindi... tutti i miei più sinceri e sentiti auguri.
Ma... il federalismo è un'altra cosa.
Caro Enzo chiudo con oggi la questione, non amo continuare a ripetere le stesse cose con chi le condivide soprattutto se non vi è la necessità di convincere la persona.
I filosofi e gli studiosi possono scrivere quanto gli pare, le formule si assestano durante un percorso e cavalcando le regole che si devono (giustamente o ingiustamente) rispettare.
Chiedi se ce lo faranno fare; io dico che se non lo facciamo non lo sapremo mai.
La cosa che mi preoccupa di più però è un altra: quanto seguito avrà questa azioni; in molti anni ormai di politica attiva gente sbraitare ne ho sentita molta, gente agire ne ho vista poca.
Alla prossima Enzo, con molto rispetto anche se non siamo sulla stessa linea.
Le iniziative locali sono destinate a fallire, occorre prima, TUTTI ASSIEME, battersi per la creazione di una VERA FEDERAZIONE EUROPEA e per una COSTITUZIONE EUROPEA che preveda le forme e le dimensioni delle AUTONOMIE LOCALI con particolare riguardo a quelle interfrontaliere
ed a quelle in zone montane.
Enrico Berio Coordinatore Gruppo ALPAZUR (Nizza, Imperia, Savona, Cuneo )
E' ovvio che ognuno di noi abbia una propria personale visione delle cose caro Enrico, che tra l'altro ringrazio per questo commento e per altro.
Quanto da lei descritto mi sembra una via già percorsa che non ha portato dove voleva e dove si doveva arrivare ma che ha portato ad un regime europeo tecnocratico.
Spesso mi capita di discutere con molti federalisti, indipendentisti, autonomisti e/o ribelli in genere; da sempre insisto su una teoria: non si può costruire nulla di astratto, succede quanto gli accadimenti imperano. Perchè accada qualcosa occorre agire, nel nostro caso agire localmente. Quando tanti territori saranno rappresentativi di un idea comune allora si potrà pensare a federare. Nulla toglie ovviamente, anzi il contrario, la possibilità di federazioni di intenti e scambi di opinioni tese a realizzare un progetto comune. Alla prossima.
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