lunedì 7 luglio 2014

Bene Comune

Quando parliamo di bene comune cosa intendiamo? Potremmo dare alcune diverse risposte probabilmente, a me piace affermare che si tratta di uno specifico bene che è condiviso da tutti i membri di una specifica comunità. Esprimendoci filosoficamente il bene comune rappresenta un'idea, un'entità o altro, che giova all'intera collettività.

Sostanzialmente i beni comuni altro non sono che, dice Wikipedia: "beni utilizzati da più individui, rispetto ai quali si registrano - per motivi diversi - difficoltà di esclusione e il cui "consumo" da parte di un attore riduce le possibilità di fruizione da parte degli altri; sono generalmente risorse prive di restrizioni nell'accesso e indispensabili alla sopravvivenza umana e/o oggetto di accrescimento con l'uso". Oggi viste le situazioni eco/climatiche ed economiche questo tema sta ricavandosi quello spazio di importanza che gli compete ".

Ma senza andare ad allargare troppo il discorso concentriamoci sulla definizione che io amo di più, il bene comune inteso come qualcosa di comunitario da salvaguardare e sviluppare, qualcosa su cui ogni cittadino dovrebbe spendere un’azione.

Del bene comune fanno parte senza ombra di dubbio alcuna  le risorse naturali quali le acque in genere, l’aria; il "verde" ed ogni zona naturale tutelata, come pure i beni archeologici e culturali. Ma io aggiungerei secondo la mia visione anche la tutela ed il rispetto di ogni area comune della città, dal parchetto all'arredo urbano, dal bus alla pulizia del marciapiede e chi può ne vuole ne metta.

Consideriamo nel nostro discorso che il bene comune è un “asset”, un qualcosa che appartiene all’intera comunità e che quindi scavalca come ruolo la comunità stessa, è qualcosa di ancora più importante di essa. Si parla di un bene disponibile ma che condiziona a qualche clausola, sicuramente qualcosa di non mercificabile pena il non utilizzo nel proprio senso lato.

Un bene comune è, deve essere, un legame sociale che scavalca la persona. L’individuo non potrà mai considerarsi realizzato se non in un progetto comune, un progetto che occorre rispettare ed alimentare.

In una società che deve smarcarsi assolutamente dalla globalizzazione è necessario individuare alcuni processi laddove si sviluppino sussidiarietà e solidarietà simultaneamente. Occorre sviluppare la reciprocità, essa sviluppa la fiducia e la voglia di essere “associazione”, comunità, gruppo, bene comune autosviluppato.

Concludo con una frase estrapolata dal web: “In ultima analisi La società dei beni comuni profila con efficacia il quadro teorico e paradigmatico necessario per prendere coscienza dell'intreccio, oggi più che mai evidente, fra crisi ambientale, economica e politica. La via maestra per reagire a questo stato di cose passa, in primo luogo, per una radicale conversione culturale, sicuramente individuale prima che collettiva, perché la coscienza da acquisire riguarda il modo proprio di ognuno di percepire la realtà: per raggiungere la consapevolezza del bene comune occorre una trasformazione del soggetto, una rivoluzione nei suoi apparati motivazionali, una visione del mondo autenticamente rivoluzionaria. Mentre la logica del marketing (o della propaganda) produce motivazioni allineate alla produzione di ideologia dominante riduttivista e incentrata sullo statu quo, quella del sapere critico di base produce la trasformazione qualitativa essenziale per la stessa percezione dei beni comuni”.

Giorgio Bargna  

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