Abbiamo di fatto monetizzato ogni aspetto della nostra
esistenza, questo processo ha però di fatto istituito una nuova tassa
collettiva da pagare, oggi come nel futuro: il mancato rinnovamento della
capacità del pianeta di accogliere i nostri rifiuti e di fornire materia prima
per i nostri prodotti e per le nostre esigenze fisiologiche.
Stiamo perseguendo un processo veramente deleterio, il capitale
naturale, ovvero l’insieme delle risorse naturali e dei servizi che svolgono
per noi e per il pianeta, è un patrimonio definito, esauribile, insostituibile.
Malgrado l’evidenza, facciamo finta che questo capitale sia illimitato,
rigenerabile all’infinito, un aspetto
quasi insignificante.
Troppo indaffarati nella creazione di
profitto, ci siamo voltati indietro senza dare il giusto peso ad un aspetto
terrificante: il mancato
rinnovamento della capacità del pianeta di accogliere i nostri rifiuti e di
fornire materia prima per i nostri prodotti e per le nostre esigenze
fisiologiche.
Stiamo parlando dei beni naturali della Terra, suolo, aria, acqua, flora e fauna e di ogni parte dell’ecoclima che rende possibile la vita sul nostro pianeta.
Ci scordiamo bellamente
dell’approvvigionamento (il sistema idrologico garantisce la fornitura di acqua
dolce) della regolamentazione (prevenzione dell’erosione del suolo e il
mantenimento della fertilità della terra assicurati dalle foreste), di quelli
che possiamo definire servizi culturali (l’innegabile piacere che deriva ad esempio da una
passeggiata nel verde), della protezione delle specie animali e vegetali, che assicurano la biodiversità. Stiamo
disintegrando senza alcuna oculatezza pensando solo al guadagno effimero ed
immediato quanto non siamo in grado di procurarci da soli, il tutto nell’ intento unico
di appropriarci di beni che in fondo spesso, non ci sono di alcuna utilità.
Come sottolinea Herman Daly, “la crescita diventa anti-economica quando gli incrementi della produzione costano, in termini di risorse e benessere, più del valore dei beni prodotti. Una popolazione in crescita anti-economica arriva al limite di futilità, il punto in cui l’aumento dei consumi non aggiunge alcuna utilità; una crescita anti-economica produce rapidamente più mali che beni, e ci rende più poveri invece che più ricchi. Una volta superata la dimensione ottimale, la crescita diventa ottusa nel breve periodo e insostenibile nel lungo. Volendo, noi possiamo incrementare ulteriormente la produzione, ma questi incrementi costano, in termini di risorse e benessere, più del valore dei beni prodotti. L’ulteriore crescita del PIL non fa aumentare il benessere, ma lo blocca o lo riduce.”
In realtà avremmo davanti a noi una
soluzione naturale pressoché inesauribile, il flusso di radiazioni solari provenienti
dal Sole.
Un ipotesi da continuare a sviluppare, l'economia nuova, imponente e sostenibile che può, da sola, garantirci energia e sostenibilità.
Giorgio Bargna
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