giovedì 10 luglio 2014

Lo scotto

Abbiamo di fatto monetizzato ogni aspetto della nostra esistenza, questo processo ha però di fatto istituito una nuova tassa collettiva da pagare, oggi come nel futuro: il mancato rinnovamento della capacità del pianeta di accogliere i nostri rifiuti e di fornire materia prima per i nostri prodotti e per le nostre esigenze fisiologiche.

Stiamo perseguendo un processo veramente deleterio, il capitale naturale, ovvero l’insieme delle risorse naturali e dei servizi che svolgono per noi e per il pianeta, è un patrimonio definito, esauribile, insostituibile. Malgrado l’evidenza, facciamo finta che questo capitale sia illimitato, rigenerabile all’infinito,  un aspetto quasi insignificante.

Troppo indaffarati nella creazione di profitto, ci siamo voltati indietro senza dare il giusto peso ad un aspetto terrificante: il mancato rinnovamento della capacità del pianeta di accogliere i nostri rifiuti e di fornire materia prima per i nostri prodotti e per le nostre esigenze fisiologiche.

Stiamo parlando dei beni naturali della Terra, suolo, aria, acqua, flora e fauna e di ogni parte dell’ecoclima che rende possibile la vita sul nostro pianeta.
Ci scordiamo bellamente dell’approvvigionamento (il sistema idrologico garantisce la fornitura di acqua dolce) della regolamentazione (prevenzione dell’erosione del suolo e il mantenimento della fertilità della terra assicurati dalle foreste), di quelli che possiamo definire servizi culturali (l’innegabile piacere che deriva ad esempio da una passeggiata nel verde), della protezione delle specie animali e vegetali,  che assicurano la biodiversità. Stiamo disintegrando senza alcuna oculatezza pensando solo al guadagno effimero ed immediato quanto non siamo in grado di procurarci da soli, il tutto nell’ intento unico di appropriarci di beni che in fondo spesso, non ci sono di alcuna utilità.

Come sottolinea Herman Daly, “la crescita diventa anti-economica quando gli incrementi della produzione costano, in termini di risorse e benessere, più del valore dei beni prodotti. Una popolazione in crescita anti-economica arriva al limite di futilità, il punto in cui l’aumento dei consumi non aggiunge alcuna utilità; una crescita anti-economica produce rapidamente più mali che beni, e ci rende più poveri invece che più ricchi. Una volta superata la dimensione ottimale, la crescita diventa ottusa nel breve periodo e insostenibile nel lungo. Volendo, noi possiamo incrementare ulteriormente la produzione, ma questi incrementi costano, in termini di risorse e benessere, più del valore dei beni prodotti. L’ulteriore crescita del PIL non fa aumentare il benessere, ma lo blocca o lo riduce.”

In realtà avremmo davanti a noi una soluzione naturale pressoché inesauribile, il flusso di radiazioni solari provenienti dal Sole.

Un ipotesi da continuare a sviluppare, l'economia nuova, imponente e sostenibile che può, da sola, garantirci energia e sostenibilità.

Giorgio Bargna

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