“Riconosciamo
francamente una mancanza di idee, una carenza di uomini, una crisi di partiti”. Parole d’estrema attualità, le scrisse Adriano Olivetti nel, non
proprio prossimo, 1949.
Erano
gli anni in cui la nazione italiana intendeva riabilitarsi, gli anni anche in
cui si formarono le due colonne portanti del nostro sistema politico recente
votate ai pensieri democristiani e comunisti. Mai come in quel momento nessuno poteva immaginarsi che si
sarebbe strutturato un sistema chiamato partitocrazia, un sistema che però menti illuminate come quella di Olivetti,
ed in seguito Pasolini, videro in ampio anticipo.
Si
giocava in quegli anni una battaglia verso il benessere che si sarebbe vinta
solo con la tecnica, se questa non fosse stata utilizzata quale arma del lavoro
inteso come cosa “gretta”.
Socialisti,
comunisti, democristiani e liberali non seppero, non vollero forse, dare la
giusta risposta negli anni.
Era
chiaro già allora ad Olivetti quanto sembra necessario ora a me:decentramento
amministrativo, autogoverno comunitario, federalismo.
Necessaria
ritengo, oggi più che mai, una “Democrazia
Reale” basata su questi punti di riferimento ma
soprattutto affiancata da dei positivi valori: scientifici, sociali, estetici,etici;
diciamo così, “spirituali”.
Come
me, come Simone Weil, Olivetti sognava ad un “ripensamento generale” della
politica e dell’economia, ad una democrazia senza partiti, quantomeno con una
loro minima presenza praticata con molto
spirito.
Parlava,
come me, Olivetti di “comunità”, un concetto purtroppo nell’attualità e nel passato, più o
meno recente, disatteso.
La
politica che ha guidato questo paese negli ultimi decenni ha reso questa
nazione schiava ed chiaro che una nazione schiava non possa partorire “l’uomo
libero”.
Il “nuovo ordine mondiale” ci offre una sorta di “libertà drogata” ed
etichetta l’ ”uomo moderno” quale il più libero storicamente.
La loro libertà consente di vivere una
vita piena di piacevoli avventure private e di comfort, consente o ci
consentirà di sovvertire anche certe regole che alcuni, non stiamo a giudicare
se a torto o a ragione, considerano
stantie (magari potremo liberamente
drogarci, sposare persone del nostro stesso sesso, adottare bambini pur in una
situazione da singles), ci consente di spostarci come e quando vogliamo per il mondo, ci illude di
poter credere o non credere in tutto od in niente, ci consente di sentirci
realizzati alla guida di un SUV vestiti da capo a piedi con capi firmati.
Tutto questo
però, queste scelte decennali, ha un prezzo molto alto da pagare. Lo scotto è
una politica monetaria imposta da altri, le leggi sono ormai, e saranno, sempre
più scritte da lobbies straniere, non potremmo avere più nemmeno la libertà di vivere
delle nostre tradizioni.
Il prezzo di
tutto questo però lo pagano anche altri, abbiamo infatti anche la libertà di
schiavizzare e/o far morire milioni di persone di fame, sfruttandole in paesi
sottosviluppati, per avere quei prodotti e quelle merci che,poi, di fatto
polverizzano i nostri
stipendi …
saremo certo liberi, ma con l’accortezza di non voltarci a guardare la
distruzione di una civiltà che si basava su valori millenari.
Su quale
base ci permettiamo di sentirci liberi quando uno speculatore in poche può
bruciare una quantità di denaro che consente ad una nazione di cibarsi per
anni?
Su quale
base ci permettiamo di sentirci liberi quando i nostri posti di lavoro sono
sempre più a rischio ed il rapporto tra azienda e dipendente assomiglia sempre
più al rapporto che vige in stato di schiavitù?
Su quale
base ci permettiamo di sentirci liberi quando viene calpestata quotidianamente
la dignità umana?
Come
possiamo ritenerci liberi quando telefono e PC sono tracciati e catalogati?
Qualcuno tra
noi probabilmente potrebbe contestarmi la sua disponibilità a pagare uno scotto
per questo “status”, questo qualcuno però non si rende conto di essere pari ad
uno schiavo ed al pari dello schiavo può avere delle libertà che al padrone non
procurano danno alcuno; dunque la vita sessuale che si preferisce e ogni
divertimento narcotizzante possibile … balla e sballati quanto vuoi, ma non
spezzare le catene.
Non spezzare
le catene significa non disconoscere questo tipo di mercato restando servi del
consumismo sfrenato, significa ignorare l’oppressione dei popoli sfruttati,
significa una cultura millenaria annientata, significa essere un individuo
privo di valori sociali.
Oltre che un
giudizio morale, che potete anche contestarmi, quanto scritto è soprattutto la
fotografia della situazione attuale, io preferisco sicuramente riconoscermi in
quanto scritto e descritto nelle prime righe di questo testo.
Preferisco
impegnarmi per il pubblico nei momenti in cui non mi occupo del mio privato.
Preferisco
non avvantaggiare il mio privato mentre mi preoccupo del pubblico.
Preferisco
rispettare le leggi se sono giuste ed eque.
Adoro
rispettare quelle leggi non scritte basate su ciò che è giusto e ciò che è di buon
senso.
Provo ad
incidere sulla politica fino a dove ne sono in grado, poi giudico attivamente
il resto.
Giudico che
si disinteressa del bene comune complice di chi lo sta sgretolando.
Aspetto, da
tassello di puzzle, situazione da cui non si esce da soli, la mia vera libertà,
ma potrà arrivare solo attraverso quella di coloro che oggi sono incatenati.
Giorgio Bargna
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