giovedì 13 dicembre 2012

Nuovi semi

Sono decenni che ci viene raccontata la favoletta della crescita economica, oggi, se abbiamo gli occhi ben funzionanti, tutti ne possiamo ammirare la polverizzazione. La politica, ops, i partiti (che dicono di volerla rappresentare) sono i galoppini di grande commercio, finanza ed industrie di ogni settore, dall’autotrasporto alle armi, ognuna col proprio tornaconto sia economico che di potere.

Il “sistema” ormai è imploso su se stesso e va sostituito, non aspettiamoci le risoluzioni dai sopraccitati, uno per logica, due perché chi ha causato un male così grosso non potrà mai essere chi ne possa trovare la cura, va estirpato il male partendo dalla radice e nuovi semi vanno impiantati.

Del pollice verde occorrente per questo innesto ne  potrà godere solamente una “fratellanza sociale” composta da movimenti non lottizzati, da cittadini partecipi, associazioni territoriali e da piccoli imprenditori già attivi o prossimi alla nascita.

La ricetta? Sostenibilità e quanto Maurizio Pallante definisce “decrescita selettiva” della produzione.

Ne ho scritto più (e più) volte, produzione, commercio, consumo ed occupazione debbono essere di natura prettamente locale, territoriale, possibilmente partecipativa.

Già da anni con lo scoppio della bolla immobiliare praticamente ogni articolo non alimentare si è ritrovato in crisi.

Se vogliamo risollevarci un ruolo fondamentale l’edilizia dovrà ancora averlo, si tratterà però più di urbanizzazione selvaggia ma di una riconversione energetica. La ristrutturazione dell’esistente, portato ad una classificazione energetica di massimo livello, esprime un’economia virtuosa che salvaguarda il lavoro (qualificandolo, peraltro) ed i fatturati, aggiungendovi anche svariati vantaggi ecologici, già il solo abbattimento delle spese di riscaldamento ripagherebbe, intelligentemente, la spesa affrontata. interamente finanziati dal risparmio stesso”.

All’inizio accennavo all’industria dei mezzi stradali, ormai tutti ne possediamo uno  e ci stiamo soffocando coi gas di scarico, meglio riconvertire parte di questa industria verso nuove forme di approvvigionamento elettrico e spostare il meno  possibile cose e persone. Bisogna boicottare tramite i piccoli gesti della nostra vita la grande distribuzione, che è costosissima, e puntare su prodotti più o meno di natura biologica, ma locali …. meno traffico ed inquinamento e maggiore tutela del territorio.

Oggi, ormai, il cane a forza di mordersi la coda è arrivato al sedere. La concorrenza ha spinto le aziende a produrre sempre più velocemente, le tecnologie moderne dalle grandi performance hanno ridotto di molto la forza lavoro umana, la delocalizzazione della produzione ha creato disoccupazione … la conseguenza: meno redditi, meno domanda, consumi in crisi ed un debito che di logica dilaga, oltretutto senza una sovranità monetaria nazionale con tutte le conseguenze che stiamo pagando.

Scrive Matteo Pucciarelli  su Micromega: “C’è stato un anno, il 2012, che ci ha spiegato diverse cose. E ci ha detto che (…)c’è stato un governo sostenuto da centrosinistra e centrodestra che in un perfetto clima civile e sobrio ha fatto fuori l’articolo 18, ha varato l’ennesima riforma delle pensioni lasciando senza lavoro e senza pensione decine di migliaia di persone, ha tolto solo a chi ha sempre pagato, non ha fatto nulla per i giovani, non ha toccato i grandi patrimoni e i privilegi della Chiesa, ha tagliato il pubblico e non ha tagliato le spese militari. Un governo col bon ton, ma neo-liberista e classista, che ha inserito l’obbligo del pareggio di bilancio in Costituzione. Tradotto, altri tagli indiscriminati. E dove, se non nel pubblico?”

Nel frattempo il debito pubblico si è ampliato, la disoccupazione si è ingrandita, il Pil si è inabissato, l’inflazione è aumentata, i salari sono scesi, i contratti di lavoro sono capestri. In questa logica non si deve più scegliere tra rosso o nero, entrambi sono vessatori,  al servizio dei poteri forti: fingono di dividersi su come ridistribuire la ricchezza, ma in realtà, come scrive Maurizio Pallante:  “è ormai sostanziale la convergenza, da destra a sinistra, sulla scelta di scaricare sulle classi popolari e sul ceto medio i costi del rientro dal debito pubblico e di rilanciare la crescita attraverso la mercificazione dei beni comuni e un programma di grandi opere”.

Come scrivevo qualche riga più su  occorre la nascita di una “fratellanza sociale”composta da movimenti non lottizzati, da cittadini partecipi, associazioni territoriali e da piccoli imprenditori … le piccole aziende e gli artigiani rappresentano la grande massa della forza produttiva italiana, un valore già grande di per se, ma inquinato dalle logiche della iperproduzione e del consumo premeditato, che può divenire valore inestimabile se si crea una rete territoriale di scambi commerciali ravvicinati, a contatto diretto con gli acquirenti.

Occorre convincersi che i partiti e le altre associazioni “castizzate” sono fenomeni da cancellare ed attivarsi, dal basso, ad assalire una crisi che come scrive Pallante “non è solo economica e ambientale, ma una vera e propria crisi di civiltà”.

Giorgio Bargna

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