Introduciamo l'argomento utilizzando un termine sconosciuto ai più, utilizzato principalmente da "filosofi ed addetti ai lavori": Restanza.
Vediamo come l' Accademia della Crusca ne da definizione:
"Atteggiamento di chi, nonostante le difficoltà e sulla spinta del desiderio, resta nella propria terra d’origine, con intenti propositivi e iniziative di rinnovamento".
Proseguiamo con questa frase:
“Che diresti se avessi un popolo che non ha neanche tradizioni? Ogni famiglia nuova che arriva non porta con sé nulla. Nulla di sano e di stabile, se non quegli occhi sbarrati sull’ambiente e quel terrore di non essere come tutti. Due qualità negative e infine che riducono l’uomo a livello della scimmia da circo. Prova a pensare a un popolo che non ha morti. Cosa vuol dire un popolo che ha perso anche questa, che è l’ultima devozione che si perde?”
Scrisse queste parole, nel lontano 1938, Corrado Alvaro, uno dei più acuti osservatori della crisi dell'identità moderna.
Snoccioliamo per punti come Alvaro descriva la nascita di un "uomo nuovo" svuotato di profondità storica:
Evidenzia che senza l'apporto di una tradizioni, senza un passato condiviso, l'individuo non ha radici e risulta facilmente plasmabile.
L'appunto forte sul conformismo su come il "terrore di non essere come tutti", trasforma l'essere umano in un automa che scimmiotta gli altri nell'unico tentativo di sopravvivere, emergere, socialmente, perdendo la propria dignità e peculiarità.
L'accenno ad un popolo che non onora i propri morti è un urlo di disperazione.
Ci si trova di fronte alla perdita del senso del tempo, della memoria e della continuità.
L'insieme si traduce in una critica feroce all' omologazione, parte integrante, in forma massiccia, della modernità condizione, laddove la paura del giudizio altrui sostituisce i valori morali e la storia personale.
Nei secoli le nostre lande hanno conosciuto molte emigrazioni fisiche, sia dal Nord Italia che dal Sud, sia verso l'Europa che verso le Americhe, ma hanno vissuto anche una strisciante, invisibile, subdola emigrazione morale.
Si può, è successo, emigrare anche da una Patria Storica, dalle tombe dei nostri padri e madri, dalle tradizioni, da una famiglia, dall' insieme di famiglie.
Si emigra verso la società dei consumi, dove impera, ogni giorno di più, una tecnologia a volte perversa, tanto che la maggior parte della gente non ha più nemmeno un popolo o una famiglia. La tecnologia brucia le tradizioni e riempie le motivazioni decisionali di ciascuno di egoismo individualista. La pubblicità le aggiorna e aggrava.
Proviamo a dare un significato ad un altro termine: Tradizione.
lo faccio poeticamente, stiamo parlando degli scopi e degli obbiettivi che hanno motivato le generazioni passate, dignità, modi di fare le cose più essenziali, ma soprattutto i suoi significati e valori morali, tutto ciò che dà sapore agli usi e costumi.
Un primo punto di svolta, il cambio tra tradizione ed induzione, è coinciso con la fine della Seconda Guerra Mondiale, un Armistizio, una Liberazione barattati con l’invasione dei consumi a volte utili, spesso futili, che hanno condannato il Paese ad una dipendenza economica, psicologica, che sono diventate come un’emigrazione da se stessi, dalle proprie storia , civiltà, usi e costumi.
Tutto questo è stato cambiato in simbiosi con altre modalità di vita, architetture moderne, poco pratiche, hanno sostituito il comunitarismo dei borghi e delle città storiche, l’abbandono sistematico dei piccoli centri ha coltivato il passaggio dall’agricoltura artigiana, dall'artigianato in se stesso, dalla mera manifattura a un sistema industriale, in tutto questo il potere umano scompare, sostituito dalle macchine, dal profitto degli investitori , dal lavoro salariato, dall’inquinamento.
La citata Restanza potrebbe essere il trampolino di lancio verso un ritorno verso la Comunità e la Tradizione, magari strutturate attraverso un movimento culturale e politico che porti magari a riavvicinarsi a forme di lavoro meno imprenditoriali e più votate verso una forma di "volontariato", sull'esempio delle attività che, fino agli anni '60, erano libere per chi coltivava con le proprie mani, come il diritto di esenzione da essere considerata attività commerciali.
Forme di artigianato ed agricoltura molto più liberalizzate e molto meno burocratizzate, oltre che ricompattare le comunità, possono potenziare la cura del territorio in tutte le forme come servizio e interesse pubblico e di conseguenza valide sostitute di prelievi fiscali.
Non dimentichiamoci, i meno disattenti se ne sono accorti, soprattutto tra ì i piccoli e medi imprenditori, che si sono ormai estinte, attraverso la modernità, le capacità pratiche che consentivano di avere al nostro servizio figure quali magari possono essere pastori, pescatori, coltivatori, fornai, falegnami, fabbri, calzolai e chi ne vuole più ne metta.
Potrei andare avanti ore, ma il concetto credo sia ormai chiaro, resta una sola considerazione da fare.
Oggi i fautori della modernità parlano a pieni polmoni di ecologia e sostenibilità utilizzando ricette alquanto complicate, io la ricetta più semplice, e credo sia l'unica, l'ho decritta qui sopra.
La possiamo applicare subito, ed in questo politicamente forme di federalismo possono aiutare, oppure possiamo restare seduti comodamente ad aspettare che il nostro mondo faccia la stessa fine dell'Impero Romano, per poi applicarla con molta fatica da diseredati.
Grazie per l'attenzione,
Giorgio Bargna

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