lunedì 27 aprile 2015

Il tramonto e l'alba

Ogni santo e benedetto giorno sfogliando le pagine di cellulosa ed il WEB leggiamo di morti e violenza. Leggiamo di suicidi ed omicidi determinati dal mondo del lavoro e nel mondo del lavoro, sempre più messo in difficoltà, e leggiamo di violenza nell’ambito famigliare,  all’interno del focolare, di quel luogo che dovrebbe stare a significare serenità e sicurezza.

Leggere di imprenditori ed operai suicidi, di madri che uccidono i figli, di mariti che annientano la famiglia duole immensamente. Il cuore si dilania davanti al mostro che sta trucidando la nostra società, davanti alle violenze fisiche e verbali, davanti agli stalking ed alle prepotenze, davanti a vittime che si trasformano in carnefici, davanti a disperati che sbagliano l’obbiettivo della rabbia, della ribellione.

Mancano oggi, non c’è dubbio, la serenità e la fiducia, si va esaurendo l’amore.

Davanti ai nuovi poveri che ti praticano una concorrenza con cui fatichi a confrontarti, davanti al ladro che ti sottrae quel poco che possiedi, davanti al burocrate che oltre al danno ti somministra pure la beffa, davanti al lavoro che latita, al fisco rapace, al parlamento famelico e cialtrone non può che montare, crescente, la rabbia; una rabbia che sostituisce gradualmente, sistematicamente lo sconforto.

Quanto di negativo si assimila durante la giornata esplode spesso in casa, tramutandosi sia in liti ed incomprensioni che anche in gesti estremi, violenti, altre volte succede sul lavoro, altre per le strade o negli stadi,  anche in quelli di piccole dimensioni.

E’ errato però che la negatività di una società illogica esploda in questi ambienti. La rabbia potrebbe, lo è, essere giustificata,  sono gli obbiettivi ad essere sbagliati; un errore questo presumibilmente generato da una forma di vigliaccheria. Questa carica di rabbia collettiva dovrebbe sfogarsi altrimenti; innanzitutto in un impegno civile volto al bene comune; in seconda istanza, per chi sente di dovere essere obbligatoriamente violento (ed io ad oggi lo sconfesso)  nelle strade, nelle, piazze per travolgere istituzioni caratterizzate da ignavia e parassitismo.

Grazie alla storia sappiamo che i cambiamenti epocali sono frutto di rivoluzioni (non per forza assoluta violente), quindi è del tutto inutile suicidarsi per la vergogna di un fallimento oppure sbraitare con la moglie o trucidare i figli, occorre unirsi nella battaglia che porta ad un cambiamento, ma subito,  prima che sia troppo tardi e non ci sia più nessun culo da salvare.

Giorgio Bargna

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