Prendo spunto da un evento che si terrà prossimamente nel territorio che politicamente mi compete (in quanto Segretario Provinciale per Como), di cui potete leggere i particolari nella locandina allegata, per parlare di "violenza di genere", tema che sicuramente verrà trattato.
Gli ospiti del convegno sono tutte persone più preparate, esperte e competenti di me, ciò non mi impedisce di trattare un tema molto sentito attraverso il mio pensiero, convinto che rientri nei canoni politici che sto praticando.
Iniziamo dicendo che nei tempi moderni la violenza in generale ha avuto un accelerazione prorompente, lo vediamo tra i giovani, come esempio lampante, ma ritrova nella violenza di genere l'amplificazione più assordante.
Troppe vittime, troppi casi, troppa "arrendevolezza" nel mondo femminile, troppa negligenza nel mondo maschile.
Gli attori sociali che contribuiscono a sviluppare credenze errate sul genere sono rappresentate dalla famiglia, le istituzioni e i mass media.
Questi nel tempo hanno creato dei veri e propri stereotipi di genere che ancora oggi attribuiscono all’uomo caratteristiche come la potenza, la dominanza, la sicurezza, l’aggressività e la mancata esternazione delle emozioni; mentre la donna viene percepita come debole, dipendente, sensibile, dedita al marito e ai figli. Coloro i quali non rispecchiano questi stereotipi vanno incontro a un pregiudizio che nel peggiore dei casi si conclude con una discriminazione.
È per questo che con l’espressione “violenza di genere” si indicano tutte quelle forme di abuso che riguardano un vasto numero di persone discriminate in base al sesso.
Esistono diversi i modi con cui si può esprimere una violenza, tutti possono avere conseguenze psicologiche e fisiche importanti.
Le principali tipologie di violenza sono: violenza fisica, violenza emotiva (causata da persistenti insulti, umiliazioni e/o critiche),violenza psicologica (minacce o comportamenti che incutono paura e che perseverano nel tempo), violenza sessuale, violenza economica, stalking.
Da alcuni studi finora effettuali si individuano alcuni fattori di rischio, precipitanti e di mantenimento della violenza.
I fattori di rischio nella violenza di genere includono aspetti individuali, relazionali e sociali.
Esiste una correlazione tra bassi livelli di istruzione e un’alta percentuale di violenza domestica.
I soggetti che hanno subito un abuso infantile hanno più probabilità di macchiarsi del reato di violenza di genere in età adulta; i bambini che sono stati vittime o hanno assistito ad atti di violenza domestica, crescendo tenderanno più facilmente a sviluppare l’errata credenza che la violenza sia un modo ragionevole per risolvere un conflitto.
Più dettagliatamente i bambini maschi possono apprendere che le donne non sono ugualmente rispettate, pertanto avranno maggiori probabilità di abusare del sesso femminile in età adulta.
A loro volta le bambine femmine che assistono alla violenza domestica avranno maggiori probabilità di essere vittime dei loro partner da adulte.
Tutti questi fattori di rischio che sono da ricondurre al personale vissuto dell’individuo, uniti ai fattori precipitanti e di mantenimento, possono scatenare e mantenere costanti nel tempo gli atti violenti.
I fattori precipitanti rappresentano tutte quelle caratteristiche che portano l’abusante a determinare azioni violente, li possiamo riconoscere tra gli eventi stressanti ( spesso legati al lavoro o alla disoccupazione), nella condizione socio-economica della vittima e dell’abusante, tra i comportamenti antisociali e/o delinquenziali al di fuori della famiglia, nell'abuso di alcool e droghe, quest'ultimo aumenta notevolmente l’incidenza della violenza domestica.
La mancanza di comunicazione efficace all’interno della coppia predispone a un rischio maggiore di maltrattamenti.
A mantenere, anzi ad alimentare situazioni malate contribuiscono: possessività, gelosia e sospettosità; tratti paranoici; tendenza al controllo familiare; bassa autostima; dipendenza affettiva patologica; intimidazioni e minacce per spaventare la vittima; isolamento sociale.
Ogni qualvolta il ciclo della violenza si ripete, la vittima apprende che qualsiasi cosa faccia non potrà evitare gli abusi, pertanto subirà passivamente le violenze sentendosi ormai arresa e impotente.
Questo fa sì che la vittima non chieda aiuto alla rete di supporto sociale, ma piuttosto mantenga le dinamiche d’abuso.
Tutti questi fattori ci indicano che chi agisce abusi e violenze in base al genere acquisisce spesso questi comportamenti dalla famiglia, dalla società e dalla cultura di appartenenza.
Questa analisi sociale ci fa comprendere perché un'alta percentuale di casi rimane non denunciata, rendendo la violenza un fenomeno ancora parecchio sommerso. Le statistiche mostrano che, nonostante i progressi, molte vittime non denunciano per paura, vergogna o, ancora oggi, per mancanza di consapevolezza.
Come possiamo combattere questa piaga sociale?
È importante un impegno collettivo per promuovere l'uguaglianza di genere e creare una società libera dalla violenza e dalla discriminazione.
Affrontare il problema richiede interventi a livello sociale, comunitario e individuale, che posso essere molto più proficui delle leggi emanate per contrastare il fenomeno.
Tra l'altro misure come l'allontanamento dalla casa familiare, il divieto di avvicinamento, l'arresto in flagranza per violazione di tali misure e l'applicazione del braccialetto, fino ad oggi si sono rivelate spesso fragili, difficili da applicare, a volte anche da infliggere.
Quindi occorre veramente che tutti si prodighino per cancellare questa vergogna sociale.
Deve succedere nella vita privata, nell'ambito lavorativo e sportivo, nella vita sociale in genere.
"Patto per il Nord", anche sottoforma di "Donne Patto per il Nord", ha mei propri obbiettivi programmatici la lotta a questa vergogna e si applicherà nel ricercare e nell'attuare metodologie efficaci che debellino questa vergogna.
Giorgio Bargna
Patto per il Nord
Como