Alla cronaca odierna dei media locali
balza all’attenzione la chiusura dell’ultima bocciofila canturina, un’ altra
vbittima dei tempi moderni.
Giorni fa pubblicai sul mio profilo fb un
articolo di Francesco Lamendola dedicato ad un altro illustre scomparso quasi
totale: l’osteria di quariere.
L’autore faceva notare di come molte
“sentinelle” (pretesi intellettuali compresi) non si fossero accorte della graduale scomparsa dei vecchi
mestieri o della rapida implosione della civiltà .
Scrive Lamendola citando lo scrittore Cino
Boccazzi: “ Stiamo parlando della progressiva rarefazione delle vecchie osterie
di quartiere, che popolavano numerose i borghi cittadini fino a qualche anno fa
e che ora sono diventate sempre più rare, anche se sopravvivono in alcune città
a misura d’uomo che la valanga industriale non ha investito in pieno ma che ha
lasciato un po’ in disparte, per loro fortuna, mentre fluiva impetuosa tutto
intorno e disseminava le campagne e le periferie di capannoni, ciminiere e
scarichi maleodoranti, imprigionandole in una fitta rete di strade, autostrade
e svincoli trafficatissimi.”
Ne segue una descrizione dettagliata ed
una riflessione. Di quella riflessione condivido ampiamente le considerazioni.
Considero anch’io la frequentazione
dell’osteria di paese una vera e propria civiltà,basata sul rapporto umano, la
serenità e la simpatia. Anch’io ancora oggi gusto la possibilità di potervi
incontrare il professore universitario che si gusta il suo bicchiere accanto al
fruttivendolo o al falegname, parlando in piena serenità e sincerità di ogni
argomento, dallo sport alla politica, dalle donne al lavoro.
All’osteria ancora oggi ci si scambiano
gli ultimi “rumors” di paese: chi nasce, chi muore, chi parte, chi si
separa…non è solo curiosità…è appartenenza.
Qui sotto invece vi lascio il testo di un
mio vecchio post pubblicato su Giorgio Partecipativo dal titolo "Al bar,
voce di popolo":
Soloni ed imbroglioni di ogni sorta,
deviatori di pensiero, cercano ogni giorno di inculcarci verità definite
assolute. Non amo farmi plagiare troppo da costoro, direi per niente…preferisco
leggere i liberi testi di internet oppure osservare la vita reale, quotidiana,
fatta di azioni che possono sembrare banali, oppure (ancor meglio) ascoltare le
persone, soprattutto quelle che lavorano e quelle che faticano a tirare la
carretta…questi ultimi sono liberi dello schiavismo consumista, quindi i più
veri.
Qualcuno probabilmente potrà considerarmi
uno snob, poco importa, secondo me, invece, si tratta di osservare la realtà,
che insegna di certo più della fantasia o del concetto generale.
Dicevo, ancor meglio ascoltare, si perché
le esperienze in genere vengono raccontate, da conoscenti, parenti,
testimoni…dallo scritto ufficiale dei baroni, dai messaggi video dei tuttologi,
imposti come uniche forme di acculturamento, ultimamente, invece solo, algidi,
concetti contratti, oppure sorrisi e ottimismo distribuiti a larghe maniche.
Esistono quelle che ho sentito definire, a
ragione, le Università della vita, luoghi dove la cultura e l’informazione
vengono distribuite gratis e fresche di giornata, non inquinate da soloni,
baroni e professori. Esistono, ad esempio, quei bar di periferia, ma non solo,
un po’ grezzi d’aspetto, ma vivi; negli orari più tranquilli se ne può gustare
l’anima, nel “quasi silenzio” e la
calma, davanti ad un cappuccio o d una birra possiamo leggerci la cronaca
locale ed ascoltare il parere degli avventori, sia sul locale che sul
nazionale. A Cantù, come esempio, leggeremmo del miracolo di una squadra di
basket che senza avere sponsor garantiti continua a stare in alto o di strade
mai asfaltate, di ladri di quartiere o di vie che si ribellano allo strapotere
edilizio dei discount, così come leggeremmo le lettere al direttore, col
pensiero libero del lettore che dilaga e straborda, nella critica e nella
condivisione.
Uno spezzone di vita reale, uno spezzone
di giornale “a gratis”, non per risparmiare sull’acquisto (ormai si leggono
gratis on-line), ma per leggerlo, non nell’asettico ambiente di casa od ufficio
ma, la dove la vita scorre, dove , si sentono i commenti delle persone, si
tasta il polso del clima sociale e culturale in cui viviamo.
Se poi abbiamo scelto di andarci a piedi,
al bar, tornando a casa, magari, affronteremo anche un safari tra rifiuti
lasciati al vento, escrementi di cani sparsi sui marciapiedi ed auto che non si
fermano davanti alle strisce pedonali…il segnale chiaro della dispersione
diffusa, se non totale, del senso civico.
Altro che i bei messaggi lasciati dalla
“Famiglia del Mulino Bianco” o dal politologo di turno, altro che i concetti
lontani dalla realtà dei filosofi moderni, qui abbiamo incontrato la vita
reale. che ci spiega a larghe maniche il proprio pensiero.
Giorgio Bargna
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