domenica 31 agosto 2014

Terza posizione

Nel settembre 2008 pubblicai sul mio vecchio blog Giorgio Partecipativo una mia opinione sull’immigrazione divisa in tre tranche; la ripropongo oggi pari pari ad allora.


In questo periodo, all'interno di “Lavori in Corso” , si è avviata una discussione sull'immigrazione clandestina. Ne segue diviso in tre parti il mio pensiero che ho inviato a tutti, Giorgio.

Ritorno a parlare di immigrazione ripartendo da quella che è una mia profonda convinzione, l’immigrazione “malgestita”, così come in Italia accade, è un imposizione per noi ed una denigrazione della figura umana di chi entra nel nostro paese seguendo una speranza, spesso irraggiungibile. Se così fosse in realtà ogni discussione sul tema potrebbe risultare inutile, ma anche lo fosse si può sempre tentare di sovvertire l'ordine delle cose, del resto il nostro impegno politico va proprio in questa direzione. Molte volte, dalla parte di pensiero opposta alla mia, chi la pensa come me viene additando dell'etichetta di “razzista mascherato”, viene guardato con sospetto e con pietà da chi ritiene di avere nelle mani la verità assoluta. Non sono certo un esperto in psichiatria ma è noto anche a me che dopo l'avvento della dottrina freudiana tutte le negazioni possono essere intese come conferma del sintomo: in tal modo Marx potrebbe ben essere considerato un “anticomunista mascherato”. Io non mi considero razzista, vedrò di non limitarlo a parole ma cercherò di dimostrarlo con le mie teorie e se possibile con delle proposte.


Intanto ordiniamoci le idee sui due significati che riesco a dare al termine razzismo:

- sul piano ideologico possiamo considerarlo una dottrina che fa della razza il fattore principale dell’esistenza umana

-sul piano sociologico possiamo descriverlo come un’attitudine di sistematica ostilità verso uno o più gruppi umani


Al di là della parentesi nazista, considero il razzismo teorico meno pericoloso di quello sociologico, la razza (quanto l' economia) non potra mai essere concetto che illumina la storia; chi si richiama ad esso come parte essenziale di un pensiero dona poca vita alla durata del proprio potere.
Il razzismo sociologico invece lo trovo molto più pericoloso, è una delle varianti della paura dell’altro, vale a dire l’incapacità di riconoscere il valore delle differenze e il carattere positivo dell’alterità; ho sempre modo di tremare davanti alle paure, in particolare innanzi alla xenofobia.


Cerco, spesso ma non sempre vi riesco, nella mia “filosofia” il rigetto di tutti gli atteggiamenti consistenti nel porre l’“Io” o il “noi” come criterio del valore della verità.
Pur non avendo affatto “l’ossessione” della differenza a tutti i costi, constato comunque che viviamo in un mondo dove le identità culturali, i modi di vita differenziati, tendono mano a mano ad essere sradicati dalla logica del capitale, il quale omogeneizza il sociale assoggettandolo all’immaginario della merce.


Ma usciamo dalla divagazione sulla mia persona e torniamo al fenomeno dell'immigrazione.
Partiamo da un pensiero che io definisco in un certo senso “ecologico” che un blogger che scrive nella mia stessa piattaforma ha pubblicato giorni addietro, una visione certamente parziale del fenomeno, da cui però potremmo prendere qua e la qualcosa di effettivo. Leggiamo dunque questo appello alla sostenibilità scritto per una volta da un uomo di destra:


“Una popolazione di dimensioni stabili è essenziale per proteggere l'ambiente. La politica dell'immigrazione dovrebbe essere basata su un dato di fatto che una popolazione di dimensioni stabili è essenziale se vogliamo evitare un'ulteriore deterioramento del sistema che ci sostiene, il nostro ambiente e le nostre risorse naturali, indipendentemente da quanto risparmiamo in termini di risorse, rimane un fatto fondamentale che un numero sempre maggiore di persone pesa inevitabilmente in modo crescente sul nostro ambiente naturale e sociale. Più gente significa un maggiore impiego di energia, maggiori ingorghi nel traffico, maggiore produzione di rifiuti tossici e una accresciuta tensione che risulta dal vivere in ambienti urbani sovraffollati. Per quanto efficienti possiamo essere nel nostro utilizzare le risorse e per quanto risparmiamo nel tentativo di preservare l'ambiente, più persone significano semplicemente un maggiore stress per l'ecosistema. E il sistema sociale, fenomeni di affollamento esasperato deforestazione, dimostrano ampiamente che ogni persona, per quanto punti alla conservazione, aggiunge un ulteriore carico all'ambiente in cui vive. La considerazione chiave è la capacità di carico del territorio tenetelo presente  per "capacità di carico" s'intende il numero di persone che possono essere mantenute in modo sostenibile da una determinata area senza degradare l'ambiente naturale, sociale, culturale e economico per le generazioni presenti e future. La capacità di carico comprende la capacità dell'ambiente naturale di fornire le risorse, il cibo, l'abbigliamento e il rifugio dei quali abbiamo bisogno, e la capacità dell'ambiente sociale di fornire una qualità della vita ragionevole, questa capacità di carico in Italia è prossima ai limiti ma le mezze seghe della politica non hanno il coraggio di dirvelo, potrebbero essere scelti molti fattori (ad esempio, l'energia, le foreste, gli inquinanti) per illustrare i limiti che la capacità di carico impone alle dimensioni della popolazione, esaminare un esempio lampante, l'energia, fornisce molto rapidamente la misura dell'importanza e dell'utilità del concetto di capacità di carico, inoltre, non esistono modi economicamente o energeticamente efficienti all'orizzonte per incrementarne la disponibilità.”


Quanto Oscar  abbia torto o ragione poco importa, poiché il fenomeno delle trasmigrazioni, che esiste dalla notte dei tempi, se ne strafotte di questo genere di discussione, continuando imperterrito il proprio corso; negli ultimi due decenni un massiccio trasferimento di popolazione, sta spostando milioni di esseri umani dai paesi in via di sviluppo, o sottosviluppati, del cosiddetto Sud del mondo, verso le aree geografiche dove è maggiormente diffuso il benessere economico: l'Europa e il continente nordamericano in primo luogo, ma anche verso zone meno analizzate ad oggi da sociologi e demografi, quali magari l'Oceania e il Sud-Est asiatico, portando alla luce fenomeni di diffidenza, rifiuto e intolleranza connessi all'incontro/scontro tra popoli di diversa estrazione etnica.



E' chiaro, con questo dato di fatto, che le migrazioni intercontinentali ed interculturali, nelle proporzioni attuali, rappresentino un serio banco di prova per la tenuta dell'ordine sociale in Occidente, non a caso  tanto nel campo "conservatore" quanto in quello "progressista" va crescendo una consapevolezza che travalica la sfera dei commenti dettati da pregiudizi o dagli storici dettami ideologici.
Trovo molte concordanze col mio pensiero “popolar-partecipativo” intriso di sussidiarietà, ecolocalismo, antiglobalismo e valore della persona, nel modo di pensare di Alain de Benoist, un “pensatore” francese, che nasce ideologicamente a destra ma che nel portare avanti la sua ideologia fondando un movimento chiamato “La Nuova Destra” in Francia si ritrova nel fuoco incrociato delle due posizioni storiche del pensiero politico. Tanto per illustrare velocemente vi lascio un suo brevissimo pensiero:
“Alcune idee che erano state coltivate soprattutto a destra, passano oggi a sinistra (ad esempio la critica dell’ideologia del progresso) mentre altre che erano state coltivate soprattutto a sinistra passano a destra (ad esempio, la critica del mercato). Ne risulta che le nozioni di destra e sinistra non sono più efficaci per comprendere il paesaggio politico-intellettuale che abbiamo di fronte. Se qualcuno mi dicesse che è “di sinistra” – o “di destra” non saprei praticamente nulla di ciò che pensa. Tutti i grandi avvenimenti degli ultimi anni (costruzione europea, guerra del Golfo, riunificazione tedesca, intervento dell’occidente nel Kossovo ecc..) hanno creato degli smottamenti all’interno delle famiglie politiche. È l’annuncio di una ricomposizione di cui mi rallegro.”


(continua)

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