giovedì 20 settembre 2012

Democrazia dei cittadini (ancora un pò di Svizzera)





Proseguiamo col quarto capitolo della condivisione di  alcuni pensieri di Paolo Michelotto, uno dei non plus ultra del settore della Democrazia Diretta, parlando ancora di svizzera. Michelotto nello scrivere il libro “Democrazia dei Cittadini”, nella prefazione, invita a condividere le sue idee e le sue proposte su blog e profili web, sarò felice di accontentarlo condividendo parecchie parti e riflessioni tratte dal suo libro. Buona lettura.

Nella prosecuzione di questo capitolo dedicato alla Svizzera vengono elencate alcune peculiarità che hanno i referendum quali strumenti di controllo.
Dal 1874 a fine 2004, la Svizzera ha visto 151 referendum opzionali, in 78 occasioni i cittadini hanno bocciato la proposta del parlamento, il 51,65%  trattando temi vari, dagli accordi con la UE, all’impiego dei soldati svizzeri
in missioni all’estero, dalla riforma dell’esercito alla privatizzazione del mercato dell’energia.

Ci viene spiegato attraverso Andreas Gross, deputato svizzero e capo dell’Istituto Scientifico per la Democrazia Diretta di St.Ursanne, i motivi per cui tali iniziative vengono lanciate:
• come reazione alla mancanza di immaginazione
delle elite politiche;
• per ottenere qualcosa tramite la provocazione;
• per mostrare una migliore alternativa su un
particolare tema;
• per promuovere un’idea completamente nuova
(esempio l’abolizione dell’esercito);
• per fare l’ultimo passo di un lungo processo
(esempio l’adesione della Svizzera all’ONU);
• per fare propaganda a un movimento;
• come strategia di sopravvivenza di alcune
organizzazioni;
• sempre però serve per far discutere e riflettere i
cittadini su un argomento specifico.
L’utilizzo degli strumenti di democrazia diretta rappresenta sempre un progresso nella democrazia:
• il numero degli argomenti discussi pubblicamente è più grande;
• il dibattito pubblico che ne consegue permette il raggiungimento di compromessi condivisi (ad esempio per mezzo delle contro proposte
dirette o indirette dei governanti);
• il numero di coloro che riescono a far sentire la propria voce nei processi politici è maggiore.

Prendiamo ora pari pari dal libro due paragrafi:

A livello locale
Nei cantoni e nei comuni i cittadini sono meno propensi ad accettare i consigli dei governanti. Le proporzioni cambiano notevolmente da zona a zona, passando da un tasso di approvazione delle iniziative del 40% in Canton Ticino, al 23% della media dei cantoni (contro il 9% a livello federale).

Giura: democrazia diretta in azione
Nel Cantone Berna, per motivi storici complessi convivevano cittadini di madrelingua francese e cattolici, di madrelingua francese e protestanti, di
madrelingua tedesca e protestanti. La minoranza madrelingua francese cattolica che viveva in prevalenza nello Giura, si sentiva discriminata
nei suoi diritti e nel suo sviluppo economico. Nel secondo dopoguerra varie associazioni e gruppi che chiedevano la secessione del Giura da Berna, si unirono per far sentire la loro voce nel Rassemblement Juressien. Il governo cantonale non voleva divisioni e concesse nel 1950 alcune autonomie. Nel 1957 il Rassemblement cominciò l’iniziativa che chiedeva: “Vuoi che allo Giura sia dato lo status di Cantone sovrano della Confederazione?”. Il movimento secessionista acquisì così voce politica e spazio nei media.
Nel 1959 si tenne la consultazione che mostrò che i 3 distretti abitati in prevalenza dai madrelingua francesi cattolici, volevano il nuovo Cantone, ma tutti gli altri distretti, la maggioranza, non lo volevano. Alcuni giornali si affrettarono ad annunciare la morte del movimento separatista. In realtà era solo l’inizio. Una piccola parte di questo movimento prese la strada violenta dell’utilizzo di bombe e di attentati incendiari. Ma la maggioranza preferì adottare tecniche pacifiche, ma che ottenevano grande risonanza nei giornali. Tutta la questione rimase a livello cantonale finché i separatisti riuscirono a non far parlare il presidente e alcuni ministri della Confederazione in visita.
A quel punto diventò una questione nazionale.
Nello sforzo di trovare una soluzione condivisa per risolvere un problema che non era mai sorto in Svizzera, il parlamento Bernese elaborò una modifica
della propria costituzione, che permettesse una procedura di separazione cantonale. Questa modifica fu approvata dai cittadini del Cantone Berna nel 1970. Nel 1974 con i nuovi strumenti introdotti, venne chiesto ai cittadini dei distretti dello Giura: “Desideri formare un nuovo Cantone?”. La maggioranza
rispose sì. Nel 1975 vennero fatti una serie di referendum a livello distrettuale e comunale per definire con precisione i confini del nuovo cantone. Dopo di
che fu creata la costituzione del nuovo Cantone del Giura, approvata tramite referendum ed infine fu chiesto a tutti i cittadini della Confederazione Svizzera tramite referendum se volevano accettare l’adesione del nuovo Cantone dello Giura alla Confederazione. Essi dettero la loro approvazione. La nascita del Cantone Giura mostra che una buona combinazione di strumenti di democrazia diretta e di federalismo, può risolvere l’esigenza di autodeterminazione di minoranze con metodi pacifici e condivisi e senza il
ricorso alla violenza. Il percorso del Cantone Giura può sembrare semplice e logico, ma basta ricordare come paragone l’Ulster, i Paesi Baschi, la Bosnia, il Kossovo, dove in presenza della sola democrazia rappresentativa gli eventi si trascinarono in maniera assai più cruenta. 

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