Proseguiamo col quarto capitolo della condivisione di alcuni pensieri di Paolo Michelotto, uno dei
non plus ultra del settore della Democrazia Diretta, parlando ancora di
svizzera. Michelotto nello scrivere il libro “Democrazia dei Cittadini”, nella
prefazione, invita a condividere le sue idee e le sue proposte su blog e
profili web, sarò felice di accontentarlo condividendo parecchie parti e
riflessioni tratte dal suo libro. Buona lettura.
Nella prosecuzione di questo capitolo dedicato alla Svizzera
vengono elencate alcune peculiarità che hanno i referendum quali strumenti di
controllo.
Dal
1874 a fine 2004, la Svizzera ha visto 151 referendum opzionali, in 78
occasioni i cittadini hanno bocciato la proposta del parlamento, il 51,65% trattando temi vari, dagli accordi con la UE,
all’impiego dei soldati svizzeri
in
missioni all’estero, dalla riforma dell’esercito alla privatizzazione del
mercato dell’energia.
Ci viene spiegato
attraverso Andreas Gross, deputato svizzero e capo dell’Istituto Scientifico
per la Democrazia Diretta di St.Ursanne, i motivi per cui tali iniziative
vengono lanciate:
•
come reazione alla mancanza di immaginazione
delle
elite politiche;
•
per ottenere qualcosa tramite la provocazione;
•
per mostrare una migliore alternativa su un
particolare
tema;
•
per promuovere un’idea completamente nuova
(esempio
l’abolizione dell’esercito);
•
per fare l’ultimo passo di un lungo processo
(esempio
l’adesione della Svizzera all’ONU);
•
per fare propaganda a un movimento;
•
come strategia di sopravvivenza di alcune
organizzazioni;
•
sempre però serve per far discutere e riflettere i
cittadini su un
argomento specifico.
L’utilizzo
degli strumenti di democrazia diretta rappresenta sempre un progresso nella
democrazia:
•
il numero degli argomenti discussi pubblicamente è più grande;
•
il dibattito pubblico che ne consegue permette il raggiungimento di compromessi
condivisi (ad esempio per mezzo delle contro proposte
dirette
o indirette dei governanti);
•
il numero di coloro che riescono a far sentire la propria voce nei processi
politici è maggiore.
Prendiamo
ora pari pari dal libro due paragrafi:
A livello locale
Nei
cantoni e nei comuni i cittadini sono meno propensi ad accettare i consigli dei
governanti. Le proporzioni cambiano notevolmente da zona a zona, passando da un
tasso di approvazione delle iniziative del 40% in Canton Ticino, al 23% della
media dei cantoni (contro il 9% a livello federale).
Giura: democrazia diretta in azione
Nel
Cantone Berna, per motivi storici complessi convivevano cittadini di
madrelingua francese e cattolici, di madrelingua francese e protestanti, di
madrelingua
tedesca e protestanti. La minoranza madrelingua francese cattolica che viveva
in prevalenza nello Giura, si sentiva discriminata
nei
suoi diritti e nel suo sviluppo economico. Nel secondo dopoguerra varie
associazioni e gruppi che chiedevano la secessione del Giura da Berna, si
unirono per far sentire la loro voce nel Rassemblement Juressien. Il governo
cantonale non voleva divisioni e concesse nel 1950 alcune autonomie. Nel 1957
il Rassemblement cominciò l’iniziativa che chiedeva: “Vuoi che allo Giura sia
dato lo status di Cantone sovrano della Confederazione?”. Il movimento secessionista
acquisì così voce politica e spazio nei media.
Nel
1959 si tenne la consultazione che mostrò che i 3 distretti abitati in
prevalenza dai madrelingua francesi cattolici, volevano il nuovo Cantone, ma
tutti gli altri distretti, la maggioranza, non lo volevano. Alcuni giornali si
affrettarono ad annunciare la morte del movimento separatista. In realtà era
solo l’inizio. Una piccola parte di questo movimento prese la strada violenta
dell’utilizzo di bombe e di attentati incendiari. Ma la maggioranza preferì
adottare tecniche pacifiche, ma che ottenevano grande risonanza nei giornali.
Tutta la questione rimase a livello cantonale finché i separatisti riuscirono a
non far parlare il presidente e alcuni ministri della Confederazione in visita.
A
quel punto diventò una questione nazionale.
Nello
sforzo di trovare una soluzione condivisa per risolvere un problema che non era
mai sorto in Svizzera, il parlamento Bernese elaborò una modifica
della
propria costituzione, che permettesse una procedura di separazione cantonale.
Questa modifica fu approvata dai cittadini del Cantone Berna nel 1970. Nel 1974
con i nuovi strumenti introdotti, venne chiesto ai cittadini dei distretti
dello Giura: “Desideri formare un nuovo Cantone?”. La maggioranza
rispose
sì. Nel 1975 vennero fatti una serie di referendum a livello distrettuale e
comunale per definire con precisione i confini del nuovo cantone. Dopo di
che
fu creata la costituzione del nuovo Cantone del Giura, approvata tramite
referendum ed infine fu chiesto a tutti i cittadini della Confederazione
Svizzera tramite referendum se volevano accettare l’adesione del nuovo Cantone
dello Giura alla Confederazione. Essi dettero la loro approvazione. La nascita
del Cantone Giura mostra che una buona combinazione di strumenti di democrazia diretta
e di federalismo, può risolvere l’esigenza di autodeterminazione di minoranze
con metodi pacifici e condivisi e senza il
ricorso
alla violenza. Il percorso del Cantone Giura può sembrare semplice e logico, ma
basta ricordare come paragone l’Ulster, i Paesi Baschi, la Bosnia, il Kossovo,
dove in presenza della sola democrazia rappresentativa gli eventi si
trascinarono in maniera assai più cruenta.
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