sabato 26 luglio 2008

Come e perchè partecipare


E' fuori da ogni discussione che il tentativo di cementificare pratiche di Partecipazione Popolare sia il sintomo di una voglia di cambiamento, di una sorta di cambiamento epocale della concezione della Democrazia. Questa voglia la notiamo, soprattutto noi internauti, nel web, viene invece un po' nascosta da altri media e questa diviene una limitazione alla fantasia politica che le forme di Democrazia Partecipata generano; siamo una società
in cui un’autolimitazione del progresso delle tecniche e della conoscenza, viene posta non solo per motivi religiosi o di altra concretezza, ma credo anche per mere questioni di prudenza, intese proprio nel significato del termine. Io però rivolterei il calzino! Proprio la prudenza sostiene lo sforzo d' immaginazione di chi promuove la Partecipazione, quella volontà prudente atta a mantenere e ad attuare le condizioni della Democrazia, difatti spesso e volentieri la partecipazione è stimolata proprio da dibattiti relativi alla concezione del “progresso” e da questioni ecologiche. Molti obbiettano la lentezza a volte presente nelle pratiche partecipative e le difficolta ad essa collegate, ma possiamo controbattere, concretamente, che secondo la nostra filosofia la democrazia va inventata ora per ora. Questa sorta di opposizione alle istituzioni, ma in realtà non è questo, diventa salutare per la democrazia poiché per sussistere la Democrazia esige l’Opposizione! Di contro è stato di
conflitto di poteri, di fatto è lotta alla demagogia. Il problema della demagogia, la sua definizione e il suo protagonista, cioè l’uomo politico demagogico in democrazia ( colui che vuole governare da solo) , sono problemi noti già alla tradizione classica, nonché a quella moderna, e, nella storia “recente”, cominciano a trovare le prima dita puntate nel finire del XVIII secolo. La Democrazia, al contrario della demagogia, richiede la comune elaborazione civile del conflitto. Immaginare e promuovere pratiche di partecipazione, mostrare che un altro modo del “fare” democrazia è possibile, dovrebbe contribuire a destare nei cittadini gli anticorpi e l’insofferenza nei confronti del politico demagogico, e più in generale nei confronti dello stile demagogico, che può esprimersi tanto nell’esercizio del potere, quanto nella relativa comunicazione propagandistica.
Oggi partiti e relativi leader fanno sempre più ricorso a marketing e Tv, traviando il dibattito che non verte più sulle questioni ma sulle persone e la loro immagine; cosa stiamo facendo, dunque, parlando di partecipazione? Molto! Per sostenere le pratiche, per immaginarle, ci occorre però anche una svolta nella consistenza scentifica, non è solo questione di teoria o speculazione; le pratiche di partecipazione sono relazioni di comunicazione e pratiche di circolazione della conoscenza, la loro impostazione dipende sempre dalla capacità intelletiva e pratica di chi le sostiene. Sia chiaro che molte difficoltà possono nascere dai soggetti, in ognuno di essi possono esserci alterità difficilmente tollerabili, il problema è quanta ambiguità e quanta conflittualità siamo in grado di tollerare, di “sopportare”; c’è bisogno di immaginare pratiche avvincenti, di investire in formazione in modo intelligente, di curare l’epistemologia che sostiene le pratiche; c’è bisogno di pensare e di diffondere le pratiche di partecipazione come pratiche di elaborazione civile dei conflitti.
Giorgio Bargna

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