Abbiamo già discusso su queste pagine,
sotto diverse forme, di “Terza Posizione”; torniamo a farlo una volta in più
ragionando, per quel poco che è nelle mie capacità, di economia.
Come spesso accade su parecchi fronti,
anche nel dibattito politico sulla macro economia i “padroni del vapore” ci
portano a dividere, rigidamente, il discorso fra liberisti e keynesiani,
semplificando con estrema sintesi come non esistessero alternative esistenti o
da studiare. Esiste sempre e comunque quella minoritaria parte che non ci sta e
che sostiene che il “divide et impera” qui sopra illustrato non faccia altro
che rappresentare due facce di una stessa medaglia, formule di un pensiero
comune che tende ad ignorare le leggi che regolano la vita di questo pianeta.
Ne abbiamo scritto spesso parlando di
economia, lavoro, bene comune e sostenibilità: occorre compiere un salto di
qualità per districarsi dal pensiero dominante e pervenire ad una scelta
alternativa collegata e corrispondente ad un altro livello, completamente
diverso, ordinato da leggi e regole diverse dal sistema eonomico-politico
attuale.
Non stiamo trattando della scoperta
dell’acqua calda ma comunque di criteri consolidati, notissimi, che per un
errore/volere ideologico non condizionano il sistema delle istituzioni perché
fa comodo allo status quo.
Tralasciando disquisizioni sul liberismo
ed il sistema che lo precedette, che entrambi in nome della “crescita” giustificarono
e giustificano (ad esempio) in favore di impianti industriali, miniere, dighe,
porti e grandi strade lo spostamento di grandi gruppi di persone cacciate dalla
loro comunità e
dalla loro terra, andiamo a scrivere di
altri parametri ed andiamo a distinguere tra benessere sociale, esprimibile
con la qualità della vita e benessere economico, che è misurale solo con
la moneta.
E’ naturale invece basarsi su una ricchezza
concreta dipendente unicamente dai flussi di materia e di energia prodotti
dalla natura, sistema congenito che smentisce categoricamente la perpetuità del
danaro.
I politici risultano restii a sottostare alle leggi che ci mantengono in
vita ed a legarsi ai nuovi modelli culturali descritti nel Benessere Equo e Sostenibile.
Abbandonando teorie malsane che stanno
incidendo sulla qualità della nostra vita, occorre indirizzarsi verso ambiti
virtuosi per migliorare la condizione dei cittadini e garantire un futuro alle
prossime generazioni grazie all’uso razionale dell’energia e delle risorse
limitate. Necessita indirizzarsi verso una rimozione degli sprechi, verso fonti
alternative e sufficienza energetica, verso conservazione del patrimonio
culturale ed ambientale, verso conversione ecologica dell’industria meccanica e
manifatturiera, verso sovranità alimentare, verso “l’impatto zero”. Il tutto
senza tralasciare un particolare non indifferente: l’innovazione indirizzata
verso attività virtuose consente di lavorare meno, con un salario ugualmente
dignitoso, e guadagnare tempo da investire nelle relazioni umane; l’esatto
contrario del risultato susseguente alla strada intrapresa seguendo nei decenni
ideologie dannose che sta peggiorando l’esistenza degli individui.
La tecnologia moderna è in grado di farci
scegliere cosa, quanto, come e dove indicandoci la
giusta quantità necessaria, la tecnologia più adatta e la giusta scelta tra le
materie non rinnovabili e/o quelle rinnovabili ed alternative.
Ai più sembrerà improbabile la
riconversione economico-sociale, io invece dico che occorre sostituire le
chiacchiere da bar con le grandi opportunità offerte dall’innovazione
tecnologica, e mostrare quanto sia facile trasformare un’economia basata
sull’energia fossile in un’economia con fonti alternative.
Concludeva tempo fa Peppe Carpentieri una
sua analisi: Comunità libere tramite le reti intelligenti. Un semplice mix
tecnologico consente di transitare da un’economia ad un’altra.
Questo è l’unico futuro sostenibile,
Giorgio Bargna
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