domenica 21 settembre 2014

Benessere equo e sostenibile

Abbiamo già discusso su queste pagine, sotto diverse forme, di “Terza Posizione”; torniamo a farlo una volta in più ragionando, per quel poco che è nelle mie capacità, di economia.

Come spesso accade su parecchi fronti, anche nel dibattito politico sulla macro economia i “padroni del vapore” ci portano a dividere, rigidamente, il discorso fra liberisti e keynesiani, semplificando con estrema sintesi come non esistessero alternative esistenti o da studiare. Esiste sempre e comunque quella minoritaria parte che non ci sta e che sostiene che il “divide et impera” qui sopra illustrato non faccia altro che rappresentare due facce di una stessa medaglia, formule di un pensiero comune che tende ad ignorare le leggi che regolano la vita di questo pianeta.

Ne abbiamo scritto spesso parlando di economia, lavoro, bene comune e sostenibilità: occorre compiere un salto di qualità per districarsi dal pensiero dominante e pervenire ad una scelta alternativa collegata e corrispondente ad un altro livello, completamente diverso, ordinato da leggi e regole diverse dal sistema eonomico-politico attuale.

Non stiamo trattando della scoperta dell’acqua calda ma comunque di criteri consolidati, notissimi, che per un errore/volere ideologico non condizionano il sistema delle istituzioni perché fa comodo allo status quo.

Tralasciando disquisizioni sul liberismo ed il sistema che lo precedette, che entrambi in nome della “crescita” giustificarono e giustificano (ad esempio) in favore di impianti industriali, miniere, dighe, porti e grandi strade lo spostamento di grandi gruppi di persone cacciate dalla loro comunità e
dalla loro terra, andiamo a scrivere di altri parametri ed andiamo a distinguere tra benessere sociale, esprimibile con la qualità della vita e benessere economico, che è misurale solo con la moneta.

E’ naturale invece basarsi su una ricchezza concreta dipendente unicamente dai flussi di materia e di energia prodotti dalla natura, sistema congenito che smentisce categoricamente la perpetuità del danaro.

I politici risultano restii  a sottostare alle leggi che ci mantengono in vita ed a legarsi ai nuovi modelli culturali descritti nel Benessere Equo e Sostenibile.

Abbandonando teorie malsane che stanno incidendo sulla qualità della nostra vita, occorre indirizzarsi verso ambiti virtuosi per migliorare la condizione dei cittadini e garantire un futuro alle prossime generazioni grazie all’uso razionale dell’energia e delle risorse limitate. Necessita indirizzarsi verso una rimozione degli sprechi, verso fonti alternative e sufficienza energetica, verso conservazione del patrimonio culturale ed ambientale, verso conversione ecologica dell’industria meccanica e manifatturiera, verso sovranità alimentare, verso “l’impatto zero”. Il tutto senza tralasciare un particolare non indifferente: l’innovazione indirizzata verso attività virtuose consente di lavorare meno, con un salario ugualmente dignitoso, e guadagnare tempo da investire nelle relazioni umane; l’esatto contrario del risultato susseguente alla strada intrapresa seguendo nei decenni ideologie dannose che sta peggiorando l’esistenza degli individui.

La tecnologia moderna è in grado di farci scegliere cosa, quanto, come e dove indicandoci la giusta quantità necessaria, la tecnologia più adatta e la giusta scelta tra le materie non rinnovabili e/o quelle rinnovabili ed alternative.

Ai più sembrerà improbabile la riconversione economico-sociale, io invece dico che occorre sostituire le chiacchiere da bar con le grandi opportunità offerte dall’innovazione tecnologica, e mostrare quanto sia facile trasformare un’economia basata sull’energia fossile in un’economia con fonti alternative.

Concludeva tempo fa Peppe Carpentieri una sua analisi: Comunità libere tramite le reti intelligenti. Un semplice mix tecnologico consente di transitare da un’economia ad un’altra.


Questo è l’unico futuro sostenibile, Giorgio Bargna

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