Spesso è capitato e capita in questo paese, su questo tema, di leggere pareri ed
interpretazioni veramente dalle formalità ridicole. Sarò anche presuntuoso ed
arbitrario, ma permetto di mettere giù una sorta di “ABC del Federalismo” per mettere su carta (ancora una volta) il mio
pensiero federalista.
In questo paese da qualche decennio
non sono mai mancate, e probabilmente non mancheranno nemmeno in futuro, le
pantomime federaliste, ivi compresa la legge che regola i rapporti tra stato ed
enti locali. Il Federalismo parte invece da un concetto chiaro ed inalienabile:
il potere amministrativo è competenza del governo locale e quello decisionale è
dei suoi cittadini. Un sogno ancora lontano in una nazione laddove Roma decide
come, quando e quanto gli Enti Locali si possono autogovernare, e in ogni
momento Roma può cambiare idea.
Deve risultare chiaro un
concetto basilare: il potere fluisce dai Governi Locali alla Federazione, non
certo viceversa. Tra i Federalisti esistono molte correnti di pensiero, ma che
si tratti di Municipi, Aree Territoriali Omogenee o Regioni il concetto base è uno
solo: il Soggetto Locale deve avere la più ampia libertà di formare entità
federate in grado di autogovernarsi.
Indiscutibile punto di partenza
è il concetto che è lo Stato ad essere servitore del Cittadino e non viceversa,
in tal senso mi piace spesso citare una frase di De Gasperi: “Si parla sempre di diritti dello Stato
come fossero sovrani e superiori a qualunque altro diritto mentre la verità è
che prima viene l’uomo e poi lo Stato”.
Grazie al Federalismo gli
Autogoverni Locali (quindi Cittadini ed Istituzioni) sono in grado di non
doversi inginocchiare (prassi nazionale attuale acquisita e consolidata) in
attesa di questua calata dall’alto. Secondo i principi federalisti infatti il
Tesoro maturato da imposte e tasse non sono proprietà dello Stato Centrale
(punto cardine del Centralismo) ma degli enti territoriali che ne trasferiscono
una parte allo Stato per assicurare i suoi i servizi: esercito, presidenza
della Repubblica federale, Parlamento, Corte Costituzionale, polizia federale, relazioni con l’estero, e i
pochissimi altri compiti di coordinamento della Federazione.
Questo Filtro Fiscale consente
ai Cittadini di avere molta più consapevolezza sul lavoro svolto da chi li
governa, il che li rende più rispettati e tutelati, con correttivi di
Democrazia Diretta e Partecipativa, poi, i Cittadini possono anche essere, pur
con dei limiti, anche Sovrani attivi e decisivi. Sicuramente il trattenimento
alla fonte dei gettiti fiscali consente ai Contribuenti di essere molto più
consapevoli dell’utilizzo fatto del loro denaro.
Altro pregio essenziale del
Federalismo è l’abbattimento del monopolio dello Stato sui servizi sociali,
quali possono essere il servizio scolastico, quello sanitario o il sistema
pensionistico, il che permette senza dubbio un servizio di pregio ad un costo
infinitamente più basso; questo non accade certo per un colpo di bacchetta
magica, ma grazie al principio della concorrenza, immaginate per assurdo Aree
in grado di produrre un servizio pensionistico concorrenziale che vendono
questo servizio ad altre zone dello Stato.
Questo principio competitivo è
la base di una vera riforma federale, un involucro di principi cardine fissati
alla nascita dello Stato Federale, poi Territori che gestiscono l’operatività
dei compiti dovuti alle istituzioni.
Come dicevamo qualche paragrafo
sopra, gli Autogoverni Locali cedono una parte minima della propria tassazione
alle finanze centrali, le quali con questa quota si pagano i pochi essenziali
servizi forniti ai cittadini e garantiscono un fondo perequativo in aiuto, e
mai in assistenza perenne, alle Aree in difficoltà, i calcoli dovranno essere sempre effettuati sulla base del
“potere d’acquisto” ed aggiustati con le stime dell’ evasione fiscale e
contributiva. Le quote erariali rimaste sul territorio, oltre che ad essere
stabilite in quantità, saranno gestite dagli Autogoverni che decideranno come e
dove spenderle, se spenderle.
Nulla vieterà, vista la vicinanza tra Istituzioni
e privati, che questi ultimi vengano coinvolti nell’esercizio delle funzioni
istituzionali; il tutto assoggettato, ovviamente alla trasparenza e
all’accountability, termine non traducibile in italiano, perché da noi mancano
completamente la cultura della “resa di conto” ed il senso civico, se non la
civiltà vera e propria.
Cito, su questo principio una
frase esaustiva, tratta dal WEB (non ricordo purtroppo la fonte): “La trasparenza dovrà essere uno dei
principi cardini della Costituzione Federale, al punto che questo è uno dei
pochissimi punti per i quali non si può dire che “ogni ente federato si
organizza come vuole”. La trasparenza, anche contabile, ed il suo controllo da
parte di professionisti indipendenti, dovrà essere un vero e proprio vincolo, un obbligo assoluto
per tutti gli enti federati”.
Alcuni leggendo queste parole
potrebbe pensare che come Jules Verne io stia scrivendo di fantascienza, invece
il 90% di quanto scritto è vivibile quotidianamente a 22 km da casa mia, nella
Confederazione Elvetica. Geograficamente parlando la Svizzera ha una densità
circa del doppio della Lombardia ed una cittadinanza più o meno eguale, col 22%
di stranieri presenti sul territorio. Quest’ultimo dato, spacciato in Italia
come rilevante per le cause di delinquenza comune, in Svizzera non trova la
stessa illustrazione, nella Confederazione si vive nella norma, senza grossi
problemi di integrazione (anche se va detto che una naturale xenofobia dilagò
anche in terra elvetica anni fa) e con un controllo della sicurezza delegato
agli autogoverni locali.
La popolazione elvetica è da
considerare sufficientemente priva di problemi economici, occupazionali,
previdenziali e istruttivi; il che non dipende certo dal DNA (ripeto che l’aria
del Ticino si respira dalle mie parti), nemmeno dalla civiltà, evidentemente,
ma dalla migliore organizzazione istituzionale e materiale … noi viviamo di una
cultura centralista, fatta di lontananza dal cittadino, in quella nazione vige,
inossidabile da secoli, il Federalismo.
Date un occhiata alla Costituzione
Elvetica ed al modo in cui viene interpretata e capirete il tutto; i nostri capo
cultura si sforzano di pubblicizzare la nostra italianità come forza storica ed
unitaria, ma poi in realtà non sappiamo nemmeno tanto bene cosa successe quel
17 marzo tanto famoso, loro invece sono un fortunato paese laddove ogni singolo Cantone ha competenze
irrevocabili perfino nel campo della giustizia e in quello fiscale; eppure ogni
100 metri sventola una bandiera
rossocrociata. Dunque, il federalismo non divide, come dicono i signori della
Casta preoccupati solo di non modificare la mappa del potere e di tutelare i
loro privilegi, ma unisce.”
Giorgio Bargna
Nessun commento:
Posta un commento