martedì 4 febbraio 2014

Abbecedario federalista

Spesso è capitato e  capita in questo paese, su questo tema, di leggere pareri ed interpretazioni veramente dalle formalità ridicole. Sarò anche presuntuoso ed arbitrario, ma permetto di mettere giù una sorta di “ABC del Federalismo”  per mettere su carta (ancora una volta) il mio pensiero federalista.

In questo paese da qualche decennio non sono mai mancate, e probabilmente non mancheranno nemmeno in futuro, le pantomime federaliste, ivi compresa la legge che regola i rapporti tra stato ed enti locali. Il Federalismo parte invece da un concetto chiaro ed inalienabile: il potere amministrativo è competenza del governo locale e quello decisionale è dei suoi cittadini. Un sogno ancora lontano in una nazione laddove Roma decide come, quando e quanto gli Enti Locali si possono autogovernare, e in ogni momento Roma può cambiare idea. 

Deve risultare chiaro un concetto basilare: il potere fluisce dai Governi Locali alla Federazione, non certo viceversa. Tra i Federalisti esistono molte correnti di pensiero, ma che si tratti di Municipi, Aree Territoriali Omogenee o Regioni il concetto base è uno solo: il Soggetto Locale deve avere la più ampia libertà di formare entità federate in grado di autogovernarsi.

Indiscutibile punto di partenza è il concetto che è lo Stato ad essere servitore del Cittadino e non viceversa, in tal senso mi piace spesso citare una frase di De Gasperi: “Si parla sempre di diritti dello Stato come fossero sovrani e superiori a qualunque altro diritto mentre la verità è che prima viene l’uomo e poi lo Stato”.
Grazie al Federalismo gli Autogoverni Locali (quindi Cittadini ed Istituzioni) sono in grado di non doversi inginocchiare (prassi nazionale attuale acquisita e consolidata) in attesa di questua calata dall’alto. Secondo i principi federalisti infatti il Tesoro maturato da imposte e tasse non sono proprietà dello Stato Centrale (punto cardine del Centralismo) ma degli enti territoriali che ne trasferiscono una parte allo Stato per assicurare i suoi i servizi: esercito, presidenza della Repubblica federale, Parlamento, Corte Costituzionale,  polizia federale, relazioni con l’estero, e i pochissimi altri compiti di coordinamento della Federazione.

Questo Filtro Fiscale consente ai Cittadini di avere molta più consapevolezza sul lavoro svolto da chi li governa, il che li rende più rispettati e tutelati, con correttivi di Democrazia Diretta e Partecipativa, poi, i Cittadini possono anche essere, pur con dei limiti, anche Sovrani attivi e decisivi. Sicuramente il trattenimento alla fonte dei gettiti fiscali consente ai Contribuenti di essere molto più consapevoli dell’utilizzo fatto del loro denaro.

Altro pregio essenziale del Federalismo è l’abbattimento del monopolio dello Stato sui servizi sociali, quali possono essere il servizio scolastico, quello sanitario o il sistema pensionistico, il che permette senza dubbio un servizio di pregio ad un costo infinitamente più basso; questo non accade certo per un colpo di bacchetta magica, ma grazie al principio della concorrenza, immaginate per assurdo Aree in grado di produrre un servizio pensionistico concorrenziale che vendono questo servizio ad altre zone dello Stato.

Questo principio competitivo è la base di una vera riforma federale, un involucro di principi cardine fissati alla nascita dello Stato Federale, poi Territori che gestiscono l’operatività dei compiti dovuti alle istituzioni.

Come dicevamo qualche paragrafo sopra, gli Autogoverni Locali cedono una parte minima della propria tassazione alle finanze centrali, le quali con questa quota si pagano i pochi essenziali servizi forniti ai cittadini e garantiscono un fondo perequativo in aiuto, e mai in assistenza perenne, alle Aree in difficoltà, i calcoli dovranno essere sempre effettuati sulla base del “potere d’acquisto” ed aggiustati con le stime dell’ evasione fiscale e contributiva. Le quote erariali rimaste sul territorio, oltre che ad essere stabilite in quantità, saranno gestite dagli Autogoverni che decideranno come e dove spenderle, se spenderle. 
Nulla vieterà, vista la vicinanza tra Istituzioni e privati, che questi ultimi vengano coinvolti nell’esercizio delle funzioni istituzionali; il tutto assoggettato, ovviamente alla trasparenza e all’accountability, termine non traducibile in italiano, perché da noi mancano completamente la cultura della “resa di conto” ed il senso civico, se non la civiltà vera e propria.

Cito, su questo principio una frase esaustiva, tratta dal WEB (non ricordo purtroppo la fonte): “La trasparenza dovrà essere uno dei principi cardini della Costituzione Federale, al punto che questo è uno dei pochissimi punti per i quali non si può dire che “ogni ente federato si organizza come vuole”. La trasparenza, anche contabile, ed il suo controllo da parte di professionisti indipendenti, dovrà essere  un vero e proprio vincolo, un obbligo assoluto per tutti gli enti federati”.

Alcuni leggendo queste parole potrebbe pensare che come Jules Verne io stia scrivendo di fantascienza, invece il 90% di quanto scritto è vivibile quotidianamente a 22 km da casa mia, nella Confederazione Elvetica. Geograficamente parlando la Svizzera ha una densità circa del doppio della Lombardia ed una cittadinanza più o meno eguale, col 22% di stranieri presenti sul territorio. Quest’ultimo dato, spacciato in Italia come rilevante per le cause di delinquenza comune, in Svizzera non trova la stessa illustrazione, nella Confederazione si vive nella norma, senza grossi problemi di integrazione (anche se va detto che una naturale xenofobia dilagò anche in terra elvetica anni fa) e con un controllo della sicurezza delegato agli autogoverni locali.

La popolazione elvetica è da considerare sufficientemente priva di problemi economici, occupazionali, previdenziali e istruttivi; il che non dipende certo dal DNA (ripeto che l’aria del Ticino si respira dalle mie parti), nemmeno dalla civiltà, evidentemente, ma dalla migliore organizzazione istituzionale e materiale … noi viviamo di una cultura centralista, fatta di lontananza dal cittadino, in quella nazione vige, inossidabile da secoli, il Federalismo. 
Date un occhiata alla Costituzione Elvetica ed al modo in cui viene interpretata e capirete il tutto; i nostri capo cultura si sforzano di pubblicizzare la nostra italianità come forza storica ed unitaria, ma poi in realtà non sappiamo nemmeno tanto bene cosa successe quel 17 marzo tanto famoso, loro invece sono un fortunato paese laddove ogni singolo Cantone ha competenze irrevocabili perfino nel campo della giustizia e in quello fiscale; eppure ogni 100 metri sventola  una bandiera rossocrociata. Dunque, il federalismo non divide, come dicono i signori della Casta preoccupati solo di non modificare la mappa del potere e di tutelare i loro privilegi, ma unisce.”

Giorgio Bargna


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