venerdì 16 gennaio 2015

(Effetto) Domino II

Nel chiudere la prima parte di questa riflessione auspicavo di trattare tra l’altro di istruzione, non intendo parlarne nel senso stretto, chi mi conosce è informato della mia convinzione che ormai l’istruzione “omologata e globalizzata” sia un efficace arma utilizzata dai padroni del vapore per rincoglionire i propri sottomessi; vado ad approfondire invece qualche sfumatura che collega l’istruzione alla “comunicazione sottoposta” ed alla standardizzazione.
Mesi fa pubblicai un post dedicato alla comunicazione moderna, a mio avviso, se utilizzata con criterio, porta vantaggi immensi, il dramma è purtroppo che qualcuno ne fa un uso veramente scandaloso.
Recentemente leggevo sul web un articolo sul tema, lo spunto è la notizia che tra le  intenzioni di chi governa in Finlandia ci sia anche quella di non voler più insegnare nelle scuole a scrivere in corsivo e nel tempo di puntare alla sola scrittura con la tastiera di un computer.
Condivido il pensiero dell’autore. E’ pur vero che praticamente PC, tablet e smartphone (prossimamente si aggiungeranno alla lista gli e-book) hanno soppiantato carta e penna nella praticità, ma con le funzioni automatiche stanno anche devastando la capacità di pensiero e concentrazione durante la scrittura; scrivere senza uno strumento digitale significa non poter tornare indietro ad ogni paragrafo, significa pensare bene cosa scrivere, significa tenere un foglio ordinato e ben pulito.
Eliminare il corsivo per votarsi allo stampatello (grafia del semianalfabetismo) ed ai correttori digitali (oppure agli idiomi degli SMS) significa voler creare un’ondata di (neo)analfabetismo di ritorno; ne guadagnerà chi vuole per necessità un popolo artefatto e bue anziché colto e maturo e ne guadagnerà l’industria informatica supportata dal solito gruppo “politically correct” che osannerà la salvezza delle piante.
Parlavo proprio oggi al bar con gli amici del rischio legato all’energia elettrica, non oggi, tra una ventina di anni, scrivere (e leggere, con l’avvento delle e-libraries) in caso di cataclismi o guerre potrebbe rivelarsi un impresa epica considerato che ormai, sottoposti all’omologazione, non ci trasmettiamo praticamente più le “memorie storiche” orali.
Queste considerazioni ci collegano, senza neppure sforzarci troppo in fantasia, con il mondo del lavoro; un cittadino ignorante diventa facilmente un lavoratore felicemente succube e devoto.

Passiamo quindi a “ragionare” di lavoro.

Sarebbe semplice e quasi rasserenante parlare semplicemente del tasso di disoccupazione che colpisce giovani e ultracinquantenni malgrado che le percentuali siano veramente inquietanti. Sarebbe altrettanto rinfrancante sostenere che siamo governati da inetti facenti capo a categorie che non conoscono le difficoltà di ogni giorno e che la presenza del popolino al Parlamento gioverebbe … POPULISMO di bassa lega!
Piacerebbe anche a me gongolarmi in quel pensiero che auspica il tracollo economico quale guado verso una rifondazione. Il collasso sicuramente è in vista, ma non illudiamoci che i “padroni del vapore” (multinazionali, banche, cerchie guerrafondaie, massonerie) che a questo sono voluti arrivare, non si siano già predisposti per governarci di nuovo a loro piacimento imponendosi all’occorrenza anche tramite la forza militare, se quanto già descritto non bastasse; la loro intenzione, neppure tanto celata, è imporci nuovi regimi autoritari fascistoidi di cui già si vedono all’orizzonte alcuni esempi.
Prossimamente andremo a visionare come ci abbiano scippato la dignità lavorativa e come in fondo lavoro ed immigrazione siano temi legati a doppio filo, oggi limitiamoci al ricordo delle prime vere spallate subite.
Il governo Craxi, il 14 febbraio 1984, varò il cosidetto decreto di San Valentino, primo, deciso attacco contro la scala mobile, destinata a essere completamente soppressa anche con l’avvallo del referendum dell’anno dopo. Crollarono vertiginosamente le quotazioni dei partiti e delle associazioni che fin li furono i “rappresentanti” (nel bene o nel male) dei lavoratori; la classe operaia iniziò letteralmente a disintegrarsi, sul piano culturale, su quello sociale e su quello politico. Ne patirono, in quel primo acchito, anche l’ intellighènzia, i quadri medi e i, fino ad allora invidiati, dipendenti impiegatizi. Lo spauracchio negli anni ottanta era quello dell’inflazione, agitato con il vero scopo di modificare la distribuzione del prodotto sociale fra lavoro e capitale, con la fatale e progressiva riduzione dei redditi popolari e da lavoro dipendente.
L’attacco al ceto medio allora partiva in sordina, per poi manifestarsi, aspramente, durante gli anni duemila; un “genocidio” che spianò la strada al dominio neoliberista, globalista, finanziario che abbiamo visto manifestarsi appieno praticamente ieri.
(continua)

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