Proseguiamo in quel viaggio
che tocca quei due temi che mi stanno parecchio a cuore: la Partecipazione, la
Comunicazione.
I confini della manovra
Quando un amministrazione si propone verso un
processo partecipato occorre che essa preliminarmente definisca dei margini di
manovra, quanto ciò che è possibile progettare e quanto che non potrà essere
discusso. Si pone, in sostanza, con questo passaggio, la definizione del confine
tra i vincoli che limitano il processo partecipato e la libertà inscritta
nell’idea stessa di processo partecipato
I vincoli
possono essere di carattere etico, economico, riguardanti gli obiettivi del
progetto, le sue possibili funzioni sociali, gli aspetti di carattere politico,
le possibili opportunità riguardanti i privati, il ruolo degli attori
coinvolti.
Accade
storicamente che si metta in gioco anche quel rapporto tra la memoria del luogo
e la sua possibile ridefinizione, questo soprattutto quando (ed accade spesso)
si va a deliberare una scelta riguardante un quartiere, un edificio, un parco o
un intervento urbanistico; si può però mantenere una memoria così come lasciare
aperte le possibilità e lo spazio per una re-invenzione del luogo fuori da un possibile
rapporto con la sua storia pregressa.
In queste ore è a
Cantù attualità la riqualificazione
dell’Area dell’ex Tribunale, attraverso questo progetto constatiamo che le nuove
tecnologie non solo consentono di bypassare il classico si/no, allargando il
numero delle variabili sia pure all’interno di uno schema, ma favorisco un processo
attraverso il quale la soluzione è concretizzata attraverso il processo di consultazione
che cambia sostanzialmente natura poichè approda a un risultato non
prefigurabile in precedenza.
Pur rimanendo nei
margini di manovra che legislazione, buonsenso e situazione economica consentano la libertà ha la necessità di essere effettiva: non paga, anzi diviene controproducente la realizzazione di un
processo partecipativo se la decisione è già stata presa: è basilare che venga
riconosciuto un margine di libertà durante tutto il progetto deliberativo. A
questo fine la prima analisi dei confini e del contesto deve servire anche a
capire se veramente esista lo spazio per una decisione condivisa.
Durante
lo sviluppo del processo deliberativo non tutti i punti di vista necessitano di
essere accolti ma tutti i punti di vista possono essere avanzati, negoziati e motivatamente respinti.
Chi sono gli interlocutori interni del
processo partecipato
Facendola breve potremmo conclamare che nell’applicazione
di un processo partecipato vi sono tre tipologie di attori, che possono però
essere slegati tra loro, ma anche uno e trino: lo sponsor politico, il gruppo di
lavoro, il comitato promotore.
L’avvio del processo,
ideologicamente nasce da una scelta politica che può nascere da un esigenza
amministrativa o da una scelta politica che può arrivare anche dalle forze politiche
che appoggiano l’Amministrazione, nello sviluppo viene adottato dal Sindaco o
dall’Assessore alla Partita, la gestione del processo partecipato è invece in
capo a un gruppo di lavoro, che però si confronta con chi precedentemente
citato e anche col Segretario Comunale, non plus ultra dei Regolamenti e delle
Legislazioni.
Il gruppo di lavoro è quello che, fin dal
suo inizio, segue il processo partecipato e la relativa comunicazione,
lavorando anche alla definizione, di volta in volta, delle azioni precise da
realizzare nelle diverse fasi. E' importante che oltre alla fase dedicata allo sviluppo della
partecipazione fine a se stessa sia ben sviluppata anche una fase comunicativa.
Capita spesso, erroneamente, che la
comunicazione venga coinvolta solamente quando si produce materiale mentre
sarebbe utile il suo coinvolgimento fin dall’inizio del processo per definire
una strategia comune. Il lavoro in parallelo della partecipazione e della
comunicazione, potrebbe anche facilitare una maggiore sensibilizzazione verso
l’interno dell’ente. Il gruppo deve necessariamente aver studiato i temi dei
processi partecipati, conoscere le metodologi ed i risultati raggiunti da altre
esperienze. Gli esempi positivi, infatti, fanno capire il potenziale di certi
strumenti e possono motivare le persone a provare esperienze analoghe nella
propria realtà.
Chi
sono gli interlocutori esterni del processo partecipato
I soggetti a cui ci si rivolge,
soprattutto quando si mira ad un progetto ben delimitato ad un area o ad un tema
specifici, nell’ambito dei processi partecipati devono preesistere ed è opportuno
(fattibilmente) che essi vengano coinvolti nel processo partecipato: non è
possibile inventarsi di sana pianta interlocutori interessati al tema oggetto
del processo partecipato, di conseguenza occorre concentrarsi in modo da non dimenticare, escludere, nessuno dei
possibili interessati. Un processo partecipato come può essere sottoposto a tutta la cittadinanza può anche
svilupparsi come un’azione mirata, rivolta a particolari categorie di interlocutori,
gli stakeholders.
Nello sviluppo di un progetto partecipato
occorre anche non dimenticarsi di alcune fasce emarginate come magari gli abitanti
di quartieri “poveri” o le generazioni future, interessi che sono faticosamente
organizzabili e che spesso non hanno la possibilità di far sentire la propria
voce e che andrebbero considerate in qualsiasi progetto che abbia implicazioni
di carattere ambientale, la stragrande maggioranza dei casi.
Oltre
a quanto possono produrre nel concreto, i processi inclusivi sono in grado di
generare un secondo, importante, effetto: stimolare la nascita di nuove
relazioni tra i partecipanti o rafforzare quelle esistenti. Più queste
relazioni si solidificano più è probabile che nascano in futuro iniziative
cooperative per risolvere i problemi comuni.
(continua)
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