mercoledì 3 dicembre 2014

Processo partecipativo e comunicazione (2)

Proseguiamo in quel viaggio che tocca quei due temi che mi stanno parecchio a cuore: la Partecipazione, la Comunicazione.

I confini della manovra
Quando un amministrazione si propone verso un processo partecipato occorre che essa preliminarmente definisca dei margini di manovra, quanto ciò che è possibile progettare e quanto che non potrà essere discusso. Si pone, in sostanza, con questo passaggio, la definizione del confine tra i vincoli che limitano il processo partecipato e la libertà inscritta nell’idea stessa di processo partecipato

I vincoli possono essere di carattere etico, economico, riguardanti gli obiettivi del progetto, le sue possibili funzioni sociali, gli aspetti di carattere politico, le possibili opportunità riguardanti i privati, il ruolo degli attori coinvolti.
Accade storicamente che si metta in gioco anche quel rapporto tra la memoria del luogo e la sua possibile ridefinizione, questo soprattutto quando (ed accade spesso) si va a deliberare una scelta riguardante un quartiere, un edificio, un parco o un intervento urbanistico; si può però mantenere una memoria così come lasciare aperte le possibilità e lo spazio per una re-invenzione del luogo fuori da un possibile rapporto con la sua storia pregressa.

In queste ore è a Cantù attualità la riqualificazione dell’Area dell’ex Tribunale, attraverso questo progetto constatiamo che le nuove tecnologie non solo consentono di bypassare il classico si/no, allargando il numero delle variabili sia pure all’interno di uno schema, ma favorisco un processo attraverso il quale la soluzione è concretizzata attraverso il processo di consultazione che cambia sostanzialmente natura poichè approda a un risultato non prefigurabile in precedenza.

Pur rimanendo nei margini di manovra che legislazione, buonsenso e  situazione economica consentano la libertà ha la necessità di essere effettiva: non paga, anzi diviene  controproducente la realizzazione di un processo partecipativo se la decisione è già stata presa: è basilare che venga riconosciuto un margine di libertà durante tutto il progetto deliberativo. A questo fine la prima analisi dei confini e del contesto deve servire anche a capire se veramente esista lo spazio per una decisione condivisa.

Durante lo sviluppo del processo deliberativo non tutti i punti di vista necessitano di essere accolti ma tutti i punti di vista possono essere avanzati, negoziati e  motivatamente respinti.


Chi sono gli interlocutori interni del processo partecipato

Facendola breve potremmo conclamare che nell’applicazione di un processo partecipato vi sono tre tipologie di attori, che possono però essere slegati tra loro, ma anche uno e trino: lo sponsor politico, il gruppo di lavoro, il comitato promotore.

L’avvio del processo, ideologicamente nasce da una scelta politica che può nascere da un esigenza amministrativa o da una scelta politica che può arrivare anche dalle forze politiche che appoggiano l’Amministrazione, nello sviluppo viene adottato dal Sindaco o dall’Assessore alla Partita, la gestione del processo partecipato è invece in capo a un gruppo di lavoro, che però si confronta con chi precedentemente citato e anche col Segretario Comunale, non plus ultra dei Regolamenti e delle Legislazioni.

Il gruppo di lavoro è quello che, fin dal suo inizio, segue il processo partecipato e la relativa comunicazione, lavorando anche alla definizione, di volta in volta, delle azioni precise da realizzare nelle diverse fasi. E' importante che oltre  alla fase dedicata allo sviluppo della partecipazione fine a se stessa sia ben sviluppata anche una fase comunicativa.

Capita spesso, erroneamente, che la comunicazione venga coinvolta solamente quando si produce materiale mentre sarebbe utile il suo coinvolgimento fin dall’inizio del processo per definire una strategia comune. Il lavoro in parallelo della partecipazione e della comunicazione, potrebbe anche facilitare una maggiore sensibilizzazione verso l’interno dell’ente. Il gruppo deve necessariamente aver studiato i temi dei processi partecipati, conoscere le metodologi ed i risultati raggiunti da altre esperienze. Gli esempi positivi, infatti, fanno capire il potenziale di certi strumenti e possono motivare le persone a provare esperienze analoghe nella propria realtà.


Chi sono gli interlocutori esterni del processo partecipato

I soggetti a cui ci si rivolge, soprattutto quando si mira ad un progetto ben delimitato ad un area o ad un tema specifici, nell’ambito dei processi partecipati devono preesistere ed è opportuno (fattibilmente) che essi vengano coinvolti nel processo partecipato: non è possibile inventarsi di sana pianta interlocutori interessati al tema oggetto del processo partecipato, di conseguenza occorre concentrarsi in modo da  non dimenticare, escludere, nessuno dei possibili interessati. Un processo partecipato come può essere  sottoposto a tutta la cittadinanza può anche svilupparsi come un’azione mirata, rivolta a particolari categorie di interlocutori, gli stakeholders.

Nello sviluppo di un progetto partecipato occorre anche non dimenticarsi di alcune fasce emarginate come magari gli abitanti di quartieri “poveri” o le generazioni future, interessi che sono faticosamente organizzabili e che spesso non hanno la possibilità di far sentire la propria voce e che andrebbero considerate in qualsiasi progetto che abbia implicazioni di carattere ambientale, la stragrande maggioranza dei casi.

Oltre a quanto possono produrre nel concreto, i processi inclusivi sono in grado di generare un secondo, importante, effetto: stimolare la nascita di nuove relazioni tra i partecipanti o rafforzare quelle esistenti. Più queste relazioni si solidificano più è probabile che nascano in futuro iniziative cooperative per risolvere i problemi comuni.

(continua)

Nessun commento: